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Elogio della mitezza

di Marco Peroni

Riporto quello che sto leggendo:

"Gli amici che me lo avevano chiesto, sapevano che non avrei esitato a scegliere la mia virtù preferita. Sono stato incerto soltanto tra mansuetudine e...

Redazione Toro News

di Marco Peroni

Riporto quello che sto leggendo:

"Gli amici che me lo avevano chiesto, sapevano che non avrei esitato a scegliere la mia virtù preferita. Sono stato incerto soltanto tra mansuetudine e mitezza. Ho infine scelto la mitezza perché la mansuetudine è più una virtù individuale, la mitezza invece è più una virtù sociale. Il mansueto è l’uomo calmo, tranquillo, che vive e lascia vivere. La mitezza invece è una disposizione dell’animo che rifulge solo alla presenza dell’altro: il mite è l’uomo di cui l’altro ha bisogno per vincere il male dentro di sé. Opposte alla mitezza sono l’arroganza, la protervia, che sono virtù o vizi – a seconda delle interpretazioni – dell’uomo politico. La mitezza non è una virtù politica, anzi è la più impolitica delle virtù. La politica non è tutto. L’idea che tutto sia politica è semplicemente mostruosa. La mitezza è il contrario dell’arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustificano la sopraffazione. Il mite non ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell’uomo, ed egli è uomo come tutti gli altri. Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza. E’ colui che lascia essere l’altro quello che è. Non entra nel rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, configgere, vincere. Il mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio contro chicchessia. Non continua a rimuginare sulle offese ricevute, a rinfocolare gli odii, a riaprire le ferite. Per essere in pace con se stesso deve prima di tutto essere in pace con gli altri. Non apre mai, lui, il fuoco. E se lo aprono gli altri, non si lascia bruciare, anche quando non riesce a spegnerlo: attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità. Il mite è un uomo tranquillo, ma non remissivo, e neppure bonario: nella bonarietà c’è una certa rozzezza o grossolanità nel valutare gli altri. Il bonario è un credulone. Il mite è ilare perché è intimamente convinto che il mondo da lui vagheggiato sarà migliore di quello in cui è costretto a vivere, e lo prefigura nella sua azione quotidiana, esercitando appunto la virtù della mitezza, anche se questo mondo non esiste qui ed ora, e forse non esisterà mai.Il contrario della mitezza è l’abuso di potere, nel senso letterale della parola, la soperchieria. Il mite può essere considerato come l’anticipatore di un mondo migliore. Il mite è tollerante, ma non è solo questo. La tolleranza è reciproca: affinché ci sia tolleranza bisogna essere almeno in due. Se io tollero te e tu non tolleri me, non c’è uno stato di tolleranza ma al contrario di sopraffazione. Il mite non chiede, non pretende alcuna reciprocità: la mitezza è una predisposizione verso gli altri che non ha bisogno di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata. Io custodisco ed esalto la mia mitezza nei tuoi riguardi indipendentemente dal fatto che tu sia altrettanto mite con me. La tolleranza nasce da un accordo e dura quanto dura un accordo, la mitezza è una donazione e non ha limiti prestabiliti e obbligati. Avete capito: identifico il mite con il nonviolento, la mitezza con il rifiuto di esercitare violenza contro chicchessia. Virtù non politica, dunque, la mitezza. O addirittura, nel mondo insanguinato degli oddi, grandi e piccoli, l’antitesi della politica".

Interamente tratto da: L’elogio della mitezza e altri scritti morali, Norberto Bobbio (Il Saggiatore)

Un abbraccio a tutti, Marco