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Facce

di Silvia Lachello

 

Giovedì 30 ottobre 2008

Caro Diario,
gli antichi Celti (quello seri, quelli veri, eh? Non quelli che vanno raccogliere acqua di...

Redazione Toro News

di Silvia Lachello

Giovedì 30 ottobre 2008

"Ci sono teste imbiancate ed attaccate a quelle teste, ci sono ex bambini improvvisamente diventati grandi in un giorno di maggio circa sessant'anni fa.Hanno la speranza che scorre fra le rughe (sono indomiti) e spesso tacciono. Forse perché sono sempre in attesa che qualcuno dica loro che è stato solo un incubo.Visto l'andazzo spesso annunciano a gran voce che non verranno più alla partita. Sempre li ritroverai lì perché il loro malumore granata dura dai trenta ai trentacinque minuti.

"Ci sono i cinquantenni che era giovani quasi adulti ai tempi dello scudetto, correvano già veloci sulle autostrade della vita, nel maggio di poco più di trent'anni fa festeggiarono all'epicurea. Vedevano davanti a sé un futuro gonfio di promesse, hanno visto sciogliersi come neve sotto al sole il loro bel castello di futuro. Sono tutti lì, indomiti pur essi.

"Noi, noi quarantenni ci guardiamo un po' così e ci sorridiamo. Ci facciamo tenerezza, ci fa tenerezza la nostra tenacia, anche le nostre lamentele già 'vecchiettesche' (ci) fanno tenerezza.Scuotiamo la testa ma comunque ci viene un po' da ridere ed allora sorridiamo come fanno i gatti perché, si sa, i gatti ridono e sorridono.Siamo i bambini dello scudetto.Scaraventati nella vita granata da premesse fosche (le storie di Superga, l'ultimo volo di Gigi), siamo diventati grandi il sedici maggio millenovecentosettantasei, a novembre dello stesso anno abbiamo assaggiato l'ironia amara del Fato salutando per sempre Capitan Giorgio. Abbiamo ancora negli occhi, perennemente spalancati, lo stupore di chi apprende per la prima volta che l'esistenza dà ma soprattutto toglie, inesorabile. E toccando con mano la mortalità ci siamo aggrappati per fede, e solo per fede (indomiti), alla memoria. Allora, in quel novembre, pensavamo (ma lo avremmo capito molto più tardi) così: “Io devo ricordare, io devo ricordare, io devo ricordare che la felicità e la privazione vanno di pari passo... io devo ricordare questo silenzio in cui si sente solo il fruscio del corteo funebre, qui su questa terra, la terra della Nostra Casa...”Sai, quando andammo a rendere omaggio a Capitan Giorgio fu il giorno in cui mi accorsi che anche le lacrime hanno odore. E fanno rumore.Nei nasi che tirano su.Nelle borsette frugate alla ricerca di un fazzoletto.Nelle teste scosse e nelle mani incrociate dietro alla schiena.Nei cenni di saluto e nei segni della croce.Nei fiori, nelle sciarpe e nelle bandiere depositate per terra senza far rumore, delicatamente, per non disturbare.

"Poi ci sono i post atomici: quelli nati dopo lo scudetto. Alcuni di essi hanno visto e vissuto qualche esaltazione, fondamentalmente hanno compiuto discese in grandi abissi. In parte sorretti da una fede cristallina, in parte lugubremente critici. In comune hanno l'essere comunque e sempre indomiti. Hanno tutta la mia ammirazione.

"Ed infine i bambini. Magari non guardano gran parte della partita, magari colgono l'evento come una scusa per poter dire parolacce in libertà. Rimangono comunque tutti (tutti!) incantati nel vedere le bandiere granata sventolare. Indomiti loro ed indomite esse.

"E dietro tutte quelle facce un unico, solo, potente pensiero: non ci domerete mai.

"Mi sono persa nei miei pensieri. Ieri sono andata per la prima volta alla partita da sola, ti dicevo. La Stefi era praticamente lì: fra telefonate ed sms abbiamo comunicato più a lungo di quando, come due colonne che invecchiano insieme, celebriamo il nostro personale e congiunto “io c'ero”. I soliti amici mi hanno accolta con il calore di una famiglia, della mia famiglia.C'è una cosa che mi diverte fare prima dell'inizio della partita o durante l'intervallo: chiamare qualche amico che so essere allo stadio per cercare di individuarci reciprocamente. E' un'impresa. Sarà anche un catino, il nostro stadio, ma è un catino grande. Ed è pressoché monocolore. Ma ce la si fa. Ci si saluta e si urla al cellulare: “Ti vedo! Ti vedo!”E così passano i novanta (novantacinque, cento... dipende, insomma...) minuti per cui abbiamo accumulato tensione nei giorni precedenti ed accade, come ieri sera, di uscire dallo stadio con il sorriso dipinto sul volto.Si tira un po' il fiato e avanti con la prossima.

"Che smemorata... non ti ho detto come andò a finire dopo che il Toro celeste venne ucciso da Enkidu e Gilgamesh: il primo si ammalò e morì, il secondo provò per sempre il dolore della perdita.Morale della favola: chi non ama il Toro fa una brutta fine...

"Poi ti devo raccontare di quanto sia strano vedere tutta una partita cantando ed avendo vicino il tifoso più stonato di tutto lo stadio ma non adesso, non adesso...

"Contatta l'autricesilvia.lachello@gmail.com