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Il padre, il ragazzino e Walter- gol

di Walter Panero

E’ il 15 giugno del 1983. Un paio di giorni prima che, in seguito alle rivelazioni di alcuni pentiti, venga arrestato il povero Enzo Tortora. Beppe Saronni ha da poco vinto il suo...

Redazione Toro News

di Walter Panero

"Sono passati quasi tre anni da quel giorno. E’ il 27 aprile del 1986 e si gioca l’ultima giornata di campionato. Guarda caso l’avversario è lo stesso di allora: il Verona. Ma nel frattempo sono cambiate molte cose. Un anno prima, i gialloblu si sono laureati per la prima volta campioni d’Italia proprio davanti al Toro. Il ragazzino è cresciuto e ora frequenta la seconda liceo. Non va più col padre alla partita, ma con un gruppo di amici e compagni di scuola. Non andrebbe in tribuna manco se gli regalassero il biglietto, perché il Toro si può vedere solo in Maratona. Anche il risultato è diverso da allora: sempre 2 a 1, ma stavolta per noi. La sciarpa, quella sì, è la stessa di quella sfortunata partita di tre anni fa. E ne ha viste tante. Ha visto il Toro arrivare secondo. Ha visto la coppa Uefa. Ha visto tante e tante sgroppate del biondo austriaco.“ZIGO ZAGO, ZIGO ZAGO WALTER GOL!” quante volte lo ha gridato il ragazzo (pensando anche a sé stesso e a quel nome strano che il padre gli aveva imposto ma che mica gli piaceva tanto...). “ZIGO ZAGO, ZIGO ZAGO WALTER GOL!” ruggiva la Maratona. E Walter scattava. E Walter correva. E Walter saltava uno, due avversari. E Walter tirava verso la porta. Se la centrava era quasi sempre un grandissimo gol di quelli che ti fanno urlare più forte. Di quelli che ti fanno sentire ancora più fiero di essere del Toro. Il fatto è che spesso il tiro in porta non ci finiva: andava alto, o fuori o sul portiere che rimaneva tramortito dalla potenza del tiro. Ma tu sapevi che Walter era sempre lì: pronto a ripartire, a riprovarci. Sempre.

"Dopo quella partita col Verona, lo striscione che in Maratona inneggiava a Schachner-gol venne ripiegato per l’ultima volta. Il guerriero austriaco lasciò il Toro dopo tre stagioni con 85 presenze e 18 gol fatti e almeno il doppio mangiati. Passò all’Avellino per altre due stagioni (55 presenze, 13 gol), per poi tornare al suo paese dove giocò fino al 1998, quando, all’età di 42 anni, intraprese la carriera di allenatore. Molti, ricordando soltanto i gol che sbagliava, considerano ora Schachner alla stregua di un brocco. Ma dimenticano che nelle tre stagioni in cui rimase al Toro, la squadra giunse quinta, seconda e infine quarta. Roba che adesso….Schachner fu soprattutto un grosso equivoco: memori della sua brillante e prolifica esperienza cesenate, lo considerammo sempre un bomber. Ma lui, suo e nostro malgrado, non lo era. Era piuttosto un uomo assist. Uno in grado di correre e sradicare le difese. Uno accanto al quale, un ancora acerbo Serena fece una grandissima stagione. Uno che pativa il peso della responsabilità di dover per forza essere lui a buttarla dentro. Uno che con al fianco una punta vera ci avrebbe esaltati ancora di più senza farci disperare come spesso è accaduto per i suoi incredibili errori sotto porta.