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Il ragazzo che non aveva paura di sognare

di Walter Panero

 

Genova. Un giorno di fine inverno.

 

Al di là dei luoghi comuni e delle convinzioni di chi, abitando sull'altro versante degli Appennini, pensa...

Redazione Toro News

di Walter Panero

Genova. Un giorno di fine inverno.

Al di là dei luoghi comuni e delle convinzioni di chi, abitando sull'altro versante degli Appennini, pensa che da queste parti ci sia sempre il sole ed il clima sia perennemente mite e quasi primaverile, in inverno ci sono giorni in cui a Genova fa veramente un freddo cane.Oggi è proprio uno di quei giorni. E' vero: il cielo è di un azzurro intenso e limpido ed il sole bacia le case in stile littorio che sfilano alla mia sinistra, trasformando il loro pallore in un colorito giallastro, ma c'è un vento che porta via. La tramontana, che arriva non si sa bene da dove, si infila dappertutto spazzando le strade e le piazze, ed entrando nelle ossa delle persone che cercano invano di ripararsi con le loro sciarpe ed i loro cappelli.

Mi allontano dal viale principale imboccando la prima strada diretta verso destra e lasciandomi alle spalle quei grattacieli in vetro che riflettono il sole e guardano con aria quasi di sfida la parte antica della città come a voler dire: “voi rappresentate il passato, mentre noi siamo il presente e soprattutto il futuro di questo posto!”. Mi muovo un po' a caso alla ricerca di un posto che mi permetta di riscaldarmi. E di pisciare. Ecco. Quell'insegna dice che lì dentro c'è un bar. Senza neppure guardare apro la porta a vetri ed entro mentre, come sempre, un alone di vapore sale sui miei occhiali rendendomi praticamente cieco per qualche secondo. Me li sfilo e, con un fazzoletto, cerco di ripulirli alla bell'e meglio. Mi guardo intorno. Questo posto sembra uscito direttamente da un film degli anni Sessanta. Ci sono alcuni tavolacci di formica verde dove quattro pensionati giocano a Cirulla (1), mentre intorno a loro si è formato un capannello di persone che, rigorosamente a fine mano, commentano le giocate e gli errori di questo o di quello. Poco più in là, altre persone, sempre piuttosto anziane, si danno alla lettura dei giornali: o meglio, uno legge e commenta a voce alta le notizie del quotidiano cittadino, mentre gli altri, sempre e solo nell'idioma locale, rispondono. Si formano ben presto due fazioni diverse. Se si parla di calcio ci si divide in Doriani o Genoani. Se si parla di politica, in gente di destra o di sinistra. Anche se poi, a dir la verità, di Doriani e di destrorsi non è che se ne vedano poi molti da queste parti. Discutono della squadra dei nostri giorni. Di Ballardini e Gasperini. Di Milanetto e Marco Rossi. Poi vanno lontano, indietro nel tempo....Bagnoli...Scoglio...Pato Aguilera...le punizioni di Branco...i colpi di testa di Skuravy....e poi ancora Pruzzo....Bruno Conti....il Poeta Claudio Sala....e ancora.....

“Un caffè, grazie....” dico rivolgendomi all'uomo con pochi capelli che sta dietro al bancone di legno e che mi ha accolto, squadrandomi, con un misto di scazzo e di curiosità. Non devono essere tanti coloro che entrano per caso in questo posto, ho subito pensato, e non è che lui faccia molto per non farmelo pesare. Va beh. Pochi secondi. Il tempo di un caffè e di una pisciatina e poi si torna a casa. Che poi si capisce benissimo che sono entrato per la pisciata e non certo perché questo posto sia famoso per fare il migliore caffè della città. Ne approfitto per dare un'occhiata al giornale sportivo. Si parla come sempre quasi soltanto di squadre a strisce e di poco altro. Che disastro, questo calcio moderno. Meno male che esistono ancora posti come questo dove le strisce sembrano non essere ancora arrivate, penso ancora tra me e me, mentre guardo le foto in bianco e nero che stanno dietro al bancone tra una miriade di gagliardetti ed adesivi rossoblu.

“Eh...grazie...è la squadra della mia....cioè....vedo che qui siete tutti genoani....però io...ma lei è.....è dei nostri?” dico.

“No...io non sono dei vostri....io sono abbonato al Grifone da oltre sessant'anni....ci andavo ancora con le buone anime di mio nonno e di mio padre quand'ero piccolino subito dopo la guerra....quando voi....beh...lo sai no?”

“Certo....certo che lo so....parla..di quelli lassù....” dico puntando il dito verso l'alto.

“Sì....sì....anche se io loro non è che me li ricordo tanto bene....ero piccolo, sai com'è....” dice ancora l'uomo. Si interrompe un attimo ma poi riprende: “...invece lui me lo ricordo fin troppo, sai?”Lo guardo con la curiosità di chi intuisce, ma non capisce fino in fondo.

Ora capisco tutto. Ma decido di starmene zitto e di lasciarlo parlare. Di ascoltare e basta . D'altra parte non avrei molto da dire....

“Mi stava parlando dei calciatori....di quello con i capelli lunghi.....”

“Ah sì....eh...povera la mia testa.....ecco sì....Gigino, certo Gigino....lui si sedeva sempre là...” mi indica col dito della mano destra un tavolino verso il fondo del locale “... e non era mica di tante parole, sai? Però...però a me era simpatico, anche se tutti dicevano che era strano....parlava sempre sotto voce....gli altri ci andavano pesante col vino e col whisky....e pure a me piaceva, anche se non potevo permettermi di ubriacarmi....ma lui niente!...al massimo una bibita...tanti sorrisi, una buona parola per tutti, ma mai troppe....però....però con le ragazze ci sapeva fare....me la ricordo quella che veniva qui con lui....magari si erano conosciuti qui, chissà....dicevano che era di Milano....dicevano che era fidanzata con un altro....ma io da un certo punto in poi li vedevo sempre insieme.....”

“ E poi?...” cerco di dire per indirizzare il monologo dell'uomo.

“...E poi....e poi....poi ce lo portarono via....venne il tuo Presidente con un sacco di palanche e ce lo portò via....lassù....al freddo...nella nebbia....noi facemmo un sacco di casino per strada per cercare di fermare la vendita, per cercare di tenerlo qui con noi....ma sapevamo tutti che non ci sarebbe stato niente da fare. Il nostro Presidente ci raccontò che con i tanti soldi che aveva preso dalla cessione di Gigino avrebbe fatto una grande squadra....e invece lo sai come finì?”

“No...non lo so...” gli dico scuotendo la testa.

Faccio sì con la testa, mentre vedo che gli occhi dell'uomo diventano lucidi.

Faccio nuovamente sì con la testa e sento che la commozione dell'uomo si è impossessata anche del mio cuore....starei qui ad ascoltarlo per ore....vorrei parlargli del nostro Gigino...di quello che mi racconta mio padre e di cui ho letto nei libri....di quello del famoso gol all'Inter....di quel derby avvenuto la settimana dopo il tragico incidente in cui tutti i nostri, sia in campo che sugli spalti, esultavano e piangevano contemporaneamente.... ma si è fatto tardi....c'è qualcuno che mi aspetta a casa e magari si sta anche preoccupando.....guardo l'orologio e....

Portala sempre con fierezza quella sciarpa al collo, ragazzo! Anche se adesso siete in Purgatorio, io so che tornerete presto in Paradiso. Perché è quello il vostro posto! Quando due anni fa vi abbiamo dato il colpo di grazia mi è dispiaciuto veramente tanto. Non lo dico perché tu ora sei qui. E so che tanti tra quelli della mia età, o anche della tua, la pensano come me...”

“Sì...ma quel giorno a Torino eravate in tanti....e molti tra voi hanno esultato.....”

Annuisco ancora mentre osservo la tazzina del mio caffè che nel frattempo è diventato gelido. Lo trangugio in fretta. Allungo la mano verso il mio nuovo amico e lui la stringe forte con la sua che sa di lavoro duro nelle fabbriche o al porto.

“Caspita....si è fatto tardi.....mi spiace ma adesso devo proprio andare....però ripasserò di qui....e spero di ritrovarla ancora....” gli dico.

“Sai com'è.....tra figli e nipotini non è che mi rimanga tanto tempo per venire al bar....però tu passa....ho ancora tante cose da raccontarti su Gigino....e non solo su di lui....”

Esco dal bar e vengo subito colpito da una raffica di tramontana gelida. Porca miseria, penso, sono entrato in quel bar al solo scopo di farmi una pisciata e alla fine me la sono tenuta e non ho fatto niente! Pazienza. A questo punto cercherò di resistere fino a casa.

Ecco....ecco....c'è un ragazzino che li sta dribblando tutti....quello indossa una maglia diversa da loro....quella maglia è....ma è la nostra maglia granata! Ha i capelli lunghi.... ma quello è.....no...non è possibile!...Gigino è morto tanti anni fa!...Eppure....quei dribbling....quel modo particolare di accarezzare il pallone....

E di inseguire i propri sogni come se fossero veri.

Questo è un racconto di pura fantasia, anche se i luoghi che ho descritto sono assolutamente corrispondenti a quella che per me è la realtà. D'altra parte, il bar alla “Foce” che Meroni frequentava e nel quale si dice avesse conosciuto Cristiana esisteva veramente all'inizio degli anni Sessanta, ma ignoro se ci sia ancora e come sia diventato adesso: per “ricostruirlo” ho preso spunto da alcuni bar che ancora si possono trovare passeggiando a piedi per i quartieri della Vecchia Genova.L'uomo da me incontrato al bar è anch'egli frutto della mia fantasia, ma credo di poter dire che il suo modo di essere ed i suoi pensieri rispecchiano quelli di moltissime persone della sua generazione, al di là dei noti “fatti di Torino” del maggio di due anni fa che portarono alla rottura dello storico gemellaggio.Preparando questo pezzo, parlando con la gente in città, mi sono reso conto di una cosa al di sopra di tutte: in soli due anni di permanenza al Grifone, Gigi Meroni seppe raccogliere infinita stima ed infinito amore. Tutti, proprio tutti coloro che lo videro giocare, sono concordi nel definirlo uno dei più forti di sempre. Tutti, proprio tutti, al solo nominarlo si tolgono simbolicamente il cappello e si commuovono come se il tragico incidente che ce lo portò via troppo presto fosse accaduto pochi mesi fa.

Infine ringrazio Marco che, pur senza saperlo, mi ha fornito l'idea per scrivere questa storia.

Grazie anche a Giacomo per le consulenze sui luoghi e sulla lingua genovese.

(1) Gioco di carte genovese simile alla scopa.(2) Gino Paoli, Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè.(3) Bruno Arcari, nato a Genova il 1 gennaio del 1942, Campione del Mondo dei Superleggeri dal 31 gennaio del 1970 al 16 febbraio del 1974.(4) In dialetto genovese è l'organo sessuale femminile, ma di solito questo termine viene usato nel senso di “falsità, bugia, balla”.