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NEBRASKA

Hai sempre voluto scrivere, lasciare quante più tracce potevi, e ti sei fatto le gambe seguendo tracce di altri: musica, voci e parole. Nel frattempo avevi una passione color sangue e dall’odore...

Redazione Toro News

"Hai sempre voluto scrivere, lasciare quante più tracce potevi, e ti sei fatto le gambe seguendo tracce di altri: musica, voci e parole. Nel frattempo avevi una passione color sangue e dall’odore di erba e fumogeni. Strano a dirsi, le ballate di quel vecchio ragazzo del New Jersey si prestavano alle tue emozioni, e anche a quelle avute in dono da una squadra che lottando col destino è diventata ben di più. In questo modo crescere non è stato poi così difficile: hai trovato un covo in cui sognare e amici in mezzo al vuoto luccicante degli Ottanta e dei Novanta. Il tempo è volato ma eravate svegli e assieme, tu e gli altri: sapevate cosa vi piaceva per davvero, avevate sogni a cui rimanevano attaccati dei valori, e un modo di giocarvela che non vi avrebbe abbandonato mai... l’amicizia, le fughe, le parole trovate nel buio mentre dalla macchina spenta uscivano favole fatte di rock. Anche grazie a quella musica e a quel brivido granata hai conosciuto la lealtà, l’onestà, l’inquietudine, il sapore della trasgressione che sgorga senza fare male a nessuno. L’idea di conquistare tutto con le proprie forze, controvento, e non perdere certe emozioni per la strada.

"Adesso ti piacerebbe far contento tuo fratello Simo, che con te ha diviso quel rifugio e ti calciava i rigori nella notte, alla luce dei fanali accesi dietro la porta, con la sciarpa dei Leoni legata alla reti. Come nella copertina di Nebraska, vi sembrava di passare in una specie di deserto, un po’ eravate soli e in fondo anche un po’ per colpa vostra: ma quella musica rendeva epiche le vostre frustrazioni, dava loro una cittadinanza, vi rendeva fieri di portarle addosso. Vi ha protetto dal pericolo di rimanere senza un posto dove andare. Tu e Simone ricorderete sempre le parole del vostro fratello maggiore sotto la Maratona, l’8 settembre 1988, per il concerto di Amnesty International: “quando ero piccolo il rock’n’roll mi ha fatto sentire libero ed è questo sogno che mi ha fatto venire a Torino stasera…” Avevate sedici anni e sulla pelle quella sensazione indescrivibile di aver trovato una mappa tutta vostra, i riferimenti giusti per guardare il mondo…

"Pensi a quanto siete stati fortunati, tu e Simo, e pensi che sarebbe bello dirglielo da qua. Ti guardi attorno, in un momento così amaro per chiunque abbia nel cuore un pallone che rimbalza: uno striscione a Catania dice “ODIO TUTTI”, e lo trovi spaventoso non tanto per la rabbia che contiene, quanto per il conformismo, il vuoto, la mancanza di bersagli, la fantasia perduta in fondo a un pozzo. A vent’anni.

"Pensi che bisogna stare attenti a maltrattare le parole, le notizie, le partite, le canzoni, a seminare troppo Brutto: si lascia una generazione andare alla deriva senza darle un buon motivo per restare insieme a noi. Ma pensi che sia pericoloso anche non avere voglia di capire, non provare più interesse per chi vive la più assurda delle vite.

"Signor poliziotto per piacere non mi fermiPer piacere non mi fermi, per piacere non mi fermi

"Nelle prime ore del mattino la tua mente è appannata,

"i ripetitori radio mi guidano dalla mia piccolaLa radio è piena di stazioni di talk showSolo parole, parole, parole, parole finché non perdi la pazienzaSignor poliziotto per piacere non mi fermiHey, qualcuno lì fuori, ascolti la mia ultima preghieraHi ho silver-o, salvami da questo nulla

Pensi agli anni che hai passato, agli amici, al Toro e mille altre cose mentre ascolti State Trooper su vinile. Sai che non è tanto la disperazione il male, quanto l’ignoranza, il non avere accesso all’espressione, non poterla liberare e guardarla un po’ da fuori. Pensi che forse varrà la pena scriverci su il prossimo articolo di Fuoriarea.

Un abbraccio a tutti, Marco

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