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Boyé, El Tanque disarmato

Sotto le Granate / L'argentino non è riuscito a esprimersi al meglio, ma forse ha soltanto bisogno di tempo

Maria Grazia Nemour

"El Tanque (il carroarmato)!

El Toro!

A Lucas Boyé non mancano certo i soprannomi evocativi.

Lo aspettavo, El Tanque, domenica.

Pensavo che con il fermo obbligato di Belotti, il Toro gli avrebbe fatto spazio, e così è stato, ma forse lo spazio era quello sbagliato: El Tanque non è un centravanti. Ha più la vocazione da seconda punta, la fantasia del fabbricatore di assist.

Ma un motivo ci sarà, ho pensato, se il mister lo schiera così.

Lo avrà testato, ho pensato, gli avrà insegnato.

No, è stata una scelta frutto del caso, anche questo, alla fine, ho pensato.

Il carroarmato non è stato armato.

"Impietose un po’ tutte le testate sportive a definirlo il peggiore in campo.

Non ha sbagliato finalizzazioni da gol, ma non avrebbe potuto sbagliare neanche volendo, visto che nessuna finalizzazione è stata creata. Non ne ha create lui, ma neanche i più attrezzati Falque e Ljajic sono stati avvistati al reparto creazione.

"Aspettavo il Boyé dal delizioso controllo esterno con tanto di gol, quello della Coppa Italia. Il Boyé che individua il passaggio illuminante, che si allunga e scocca di testa, che ancheggia, disorienta e scappa via, pallone appeso al piede.

El Toro strappato alla Roma e finito alla sua naturale destinazione: il Toro.

El Tanque che Ventura voleva per gli allenamenti della Nazionale, approfittando del doppio passaporto italo-argentino.

Insomma, aspettavo quel Lucas Boyé che domenica non è sceso in campo. O che forse c’era, ma al posto sbagliato. O che forse ha bisogno di tempo per crescere, perché perfino il Gallo, nacque pulcino.

"Lucas Boyé peggiore in campo. Forse sì. Ma credo che abbiamo perso per una concatenazione di cause ben più complessa. Forse il fisiologico calo di rendimento seguito a una buona andata. Forse la fortuna che ci ha arriso in un paio di partite e che poi si è accorta che aveva di fronte il Toro, meglio non esagerare. Forse lo sfrontato 4-1-5 che persino in spiaggia, si ha qualche remora a schierare.

"E allora che fare?

Io opterei per un grande classico: sudare, credere, lottare. Nessuna resa, mai.

Umiltà di chi gioca ogni partita convinto che non ne esista un’altra, altrettanto importante.

Autocritica di chi è decisionista ma poi sa analizzare i fatti e prendere atto che qualcosa non ha funzionato. Io, non ho funzionato.

Se c’è una lavatrice nello spogliatoio, sono almeno due le persone che non sanno usare il cacciavite per smontarla, e una delle due, ne parla in sedi poco opportune.

Coraggio di personalizzare gli schemi in base a chi scende in campo, anche se c’era scritto qualcosa di diverso, nel libro dei sogni.