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E ora fuori le (S)PAL-le!

Il Granata della Porta Accanto/ L'impresa a Roma in Coppa Italia non dev'essere un fuoco di paglia, ma il trampolino per trovare continuità in campionato

Alessandro Costantino

Ci sono vittorie e vittorie: alcune non lasciano traccia, altre sono dei volano moltiplicatori di risultati e altre ancora, le peggiori, il picco a cui segue un rapido declino. Sarebbe bello incasellare il 2-1 alla Roma in Coppa Italia come vittoria del secondo tipo, cioè una piccola impresa capace di generare benefici effetti sul rendimento anche in campionato della truppa di Mihajlovic. Dovremo attendere poco per capire quale sarà il suo reale valore nella testa di giocatori ed allenatore: la trasferta a Ferrara sembra fatta apposta per testare questo eventuale cambio di rotta.

Fa piacere sapere e sentire che tanti tifosi abbiano visto nella vittoria nell’Olimpico giallorosso una piccola Bilbao. La Roma è forte e le sue riserve sono più forti delle nostre riserve (più o meno è stato un Roma bis contro Toro bis). La vittoria è di prestigio, (dopo nove anni si torna ai quarti di Coppa) ed ha in Milinkovic Savic ed Edera i classici eroi delle nottate europee: un portierone che para tutto, pure un rigore, ed un giovane del vivaio che fa un gol pesantissimo e decisivo. Gli ingredienti per rendere questa serata “da raccontare” ci sono tutti, ed è giusto che fra qualche anno questa partita sia ricordata per i suoi due principali protagonisti. In alto i calici, quindi, è sempre bello godere. Però, proprio perché si è vinto e ci si può permettere il lusso di analizzare il match senza la rabbia di una sconfitta, occorre anche sottolineare che alcune lacune strutturali sono comunque emerse. Ad esempio che la fase difensiva spesso lascia ancora a desiderare perché ha comunque concesso tante occasioni ai giallorossi. E non parlo di difesa, ma di fase difensiva. Dietro i “vecchietti” (Lyanco a parte che è uno sbarbatello) hanno retto tutto sommato bene. Il gol nasce da una lettura impossibile da fare: Molinaro dopo aver stantuffato per 85 minuti si fa un allungo fin fuori dal fondo campo per contrastare un cross di Peres: la distanza tra lui e la linea di difesa che sale è abissale se calibrata sulle tossine muscolari fin li accumulate. Anche fosse stato Bolt, a fine di una gara dispendiosa, è inimmaginabile che possa fare uno scatto e colmare una dozzina di metri in due secondi (e infatti Peres rientra trotterellando ed è in fuorigioco passivo). Molinaro avrebbe dovuto avere la lucidità di rimanere fuori campo aspettando lo sviluppo dell'azione ma sarebbe stato un rischio che nessun giocatore si sarebbe preso.

Il problema resta il centrocampo che dimostra ancora una volta quanto un Obi sano sarebbe manna per l'undici titolare di Miha: fa le due fasi con la giusta qualità in entrambe, cosa che Valdifiori e Acquah non riescono a garantire (male dietro l'italiano, male avanti il ghanese). E poi occorre che il mister legga certe situazioni con meno preconcetti: se vinci due a zero a Roma a dieci dalla fine mettilo un difensore in più, fai un sano catenaccio! Ottimo il cambio Rincon/Valdifiori, ma al posto di Edera, o metti Falque che sa aiutare la difesa o ti copri con un altro difensore e per cinque minuti fai più densità al limite e dentro l'area. Poco più del trenta per cento di possesso, due legni subiti, un rigore neutralizzato e tante altre occasioni dicono che non si può pensare che il Toro abbia trovato la quadra. È chiaro che a Roma per vincere devi soffrire e saper soffrire sarà anche la chiave il 3 gennaio allo Stadium, ma a Ferrara devi andarci con un altro piglio. Che non vuol dire tutti all'arrembaggio perché siamo più forti, ma che, spero, giocheremo intelligentemente gestendo ritmi e situazioni con più qualità (visto che la Spal non è la Roma) e subendo il meno possibile. Non è solo il momento di tirare fuori gli attributi, ma anche la capacità di gestirli. E quella dovrebbe essere materia del mister, perché da lì passeranno vittorie importanti ed eventuali, lontani, sogni europei.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.