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Toro, più allarmante il gioco o il mercato?

Il Granata della Porta Accanto/ L'assenza di idee sembra accomunare i giocatori in campo e i dirigenti in sede di mercato: urge un cambio di rotta per dare un senso a questa...

Alessandro Costantino

"Qualsiasi cosa uno possa scrivere adesso fra tre settimane potrebbe rivelarsi una profezia azzeccata o un cumulo di sciocchezze. E' il bello e il brutto del calciomercato di gennaio, un'aberrazione inenarrabile che consente di tenere aperti i trasferimenti dei calciatori nonostante si giochino giornate e giornate di campionato. Nel caso specifico del Toro non è però la formula assurda del mercato invernale a destare scalpore quanto la doppia preoccupazione che scorre parallela causa involuzione della squadra sul piano del gioco e (apparente) mancanza di strategia nell'operare sul mercato.

"Nonostante siano relativamente pochi i punti di differenza fra il Toro dell'anno scorso e quello di quest'anno e la striscia di risultati utili consecutivi sia giunta a quota quattro nelle ultime quattro partite, ciò che preoccupa chi segue assiduamente i granata è una clamorosa involuzione sul piano del gioco. Nelle ultime due trasferte (Empoli e Verona sponda Chievo) la squadra è scesa in campo esclusivamente per non perdere offrendo due prestazioni al limite del ridicolo. Ventura si è appellato alle fatiche di coppa in un caso e alle assenze dovute all'influenza nel secondo, ma agli occhi dei più tali dichiarazioni sono apparse come sgangherate difese d'ufficio per usare una terminologia benevola. Squadra senza idee, senza nerbo e senza qualità, il Toro "ammirato" tra Toscana e Veneto. Un pochino meglio, se non altro per l'orgoglio, nella vittoria casalinga contro il Genoa, ma di fondo la sostanza non è stata molto differente. 

"Di chi è la colpa di questi penosi spettacoli? Dei giocatori che si accartocciano sui propri limiti tecnici, del mister che ha un po' perso la tramontana per usare un gergo marinaro tanto caro all'allenatore ligure o del ds che ha costruito una squadra oggettivamente non in grado di esprimersi al livello di quella dell'anno passato?Ognuno sarà libero di sbizzarrirsi nel prendersela con Tizio, Caio o Sempronio. Io faccio semplicemente un paio di considerazioni. In campo vanno i calciatori per cui è principalmente imputabile a loro ciò che accade sul rettangolo verde. E' però vero che i giocatori sono catechizzati dall'allenatore circa schemi, intensità, atteggiamento e posizione per cui il mister non è esente da colpe in merito a questa sua possibilità di influenzare le prestazioni dei suoi giocatori. E' però anche vero che l'organico a disposizione dell'allenatore è in gran parte figlio della capacità della società, nelle persone del presidente e del ds, di reperire sul mercato i calciatori più adatti alle esigenze dello staff tecnico. Se una squadra non gira, quindi, il concorso di colpa tra le varie componenti tecniche è il principale imputato della situazione.

"Nel caso del Toro, mi permetto di far notare come sia Ventura che Petrachi a maggio hanno rinnovato il contratto con Cairo alla luce, pare, di un'unità di intenti sugli obbiettivi . Il mercato estivo è stato condotto da Petrachi con l'avvallo di Ventura. Ne consegue che ciò che è successo prima e dopo il primo di settembre è più figlio delle scelte del duo Petrachi-Ventura che non del presidente stesso. Il quale sicuramente non brilla per capacità di mettere a disposizione del ds ingenti somme di denaro, ma che non è direttamente responsabile della scelta, ad esempio, di riscattare a cifre fuori mercato Barreto e Larrondo. La colpa di Cairo sta nel non voler allargare i cordoni della borsa e, cosa ancor più grave, nel non essere stato capace di capire che con un paio di investimenti ben fatti e la conferma dell'attacco d'oro dell'anno scorso, quest'anno il Toro avrebbe lottato per traguardi ben differenti che la salvezza...

"Più grave in ordine di responsabilità la gestione di Ventura della rosa messagli a disposizione e da lui (sulla carta) approvata. Tutti i nuovi giocatori arrivati nel mercato estivo hanno totalizzato un minutaggio inferiore alla somma dei minuti giocati da Gazzi e Vives. Un dato che deve far riflettere. Stesso dicasi per la gestione delle risorse Sanchez Mino, Padelli e in parte anche Martinez e Bruno Peres. L'argentino è l'emblema del mercato assurdo del Toro: pagato più di 3 milioni di euro dopo appena quattro mesi è già fuori rosa e in attesa di una nuova sistemazione. Ma è questo il modo di tutelare un investimento parecchio impegnativo da parte della società? Di solito il bravo allenatore è colui che sa far rendere al meglio il materiale a propria disposizione, non colui che pur avendo scelto i giocatori non si schioda dalla propria idea. Ventura ultimamente sta mostrando tutti i limiti che in quarant'anni di carriera gli hanno impedito di diventare un grande allenatore: se nelle stagioni passate è stato un fattore determinante per rimettere in sesto un Toro seppellito dalle macerie di vent'anni di sciaguratezze, quest'anno appare più un freno alla capacità della squadra di esprimersi. Esterni (Darmian e Bruno Peres) tenuti troppo bassi e mai lasciati liberi di spingere davvero, attaccanti che giocano troppo vicini pestandosi i piedi e non riuscendo mai a dialogare, centrocampo imbottito di mediani, giro palla lento e ostinatamente troppo rivolto alla propria porta, incapacità di uscire dal pressing alto sulle rimesse dal fondo, sono solo i maggiori problemi di questa squadra, quelli che saltano subito all'occhio anche a chi non è un tecnico che ha fatto il super corso di Coverciano.

"Se poi ci vogliamo raccontare la favoletta che con i rigori realizzati saremmo al posto del Sassuolo o del Palermo, ci posso anche credere, ma non cambia la sostanza di una stagione in cui il Toro fatica tremendamente dal centrocampo in su. Sarebbe ora che qualcuno desse una sterzata a questa squadra: presidente o ds con interventi mirati sul mercato e Ventura con un approccio nuovo sugli schemi che pretende dagli undici che vanno in campo. Poi se continueremo a sbagliare i rigori, pazienza, però non avremo il rimpianto che si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso che non si è fatto.

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