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Filadelfia e un giorno di primavera…

Mondo Granata / Riceviamo e pubblichiamo il racconto inviatoci da Fabrizio Carosone, tifoso del Toro da Asti

Redazione Toro News

"Riceviamo e pubblichiamo il racconto del tifoso granata Fabrizio Carosone da Asti:

"Giornata di sole spettacolare su Torino. Aprile, ma sembra giugno.

Ricevo la telefonata, mentre a piedi cammino in C.so Unione Sovietica; il cliente, dal quale mi stavo recando tutto elegante, giacca, cravatta, valigetta di pelle nera, mi chiede la cortesia di rimandare l’appuntamento di un’ora.

Un'ora?  Va bene, ma, che faccio? Guardo a destra lo stadio Olimpico e il cartello “Via Filadelfia”.

"Il Filadelfia; quanto tempo che non vado a farci un giro. L’ultima volta ci passai un pomeriggio intero da ragazzino tagliando da scuola e fuggendo a Torino per osservare allenarsi Martin Vazquez, Fusi, Casagrande, Scifo, capitan Cravero. Altri tempi.

"Adesso, invece, c’è una recinzione metallica decadente e moncherini in cemento armato hanno preso il posto della tribuna coperta accompagnati da due curve piuttosto malconce ma dall’aria orgogliosa.

"Il campo, però, è verde e regolare, perfettamente curato da un tizio a dorso nudo con pantaloncini granata ed un rasaerba malconcio e piccolo; tanto piccolo che a quel ritmo immagino finisca in mezza giornata, se dura. E ci sono le porte, con dei ragazzini che, sbucati dal nulla, hanno un pallone che si passano alternandosi tra il ruolo di bomber a quello di portiere.

"Decido di far parte della squadra, tolgo giacca, cravatta e camicia e arrotolo i pantaloni chiedendo di unirmi a loro che con una certa perplessità accettano divertirti. Io calcio e mi agito, crosso, colpisco di testa, mi involo sulla fascia sbracciando per ricevere l’assist ma niente, la palla non entra. Il ragazzino in porta sembra Menzo e ci si mette anche la traversa. Maledizione. Ma io insisto perché voglio fare gol, voglio essere Valentino, Gabetto, Menti, Castigliano. Piazzo la palla dal limite e prendo una breve rincorsa. Fisso il ragazzino/Menzo e mi concentro con il sudore che colando negli occhi mi annebbia la vista. I pantaloni sono spiegazzati con una vistosa macchia di erba sul ginocchio sinistro, le scarpe di pelle impolverate e già rovinate la maglietta, fradicia, che aderisce su addominali non esattamente da atleta. Ma sono li, con tutto lo stadio che ha il fiato sospeso in un vortice emozionale-spazio-temporale.

"Sento per un istante la tensione di persone semplici, del dopo guerra, che mi osservano aspettando da me un lampo di speranza nella vittoriosa rinascita. Ed io corro anche per loro, colpisco di collo pieno con tutta la forza che mi resta, alla cieca, chiedendo a Loik un pizzico della sua proverbiale potenza balistica ed agli dei del calcio, per una volta, un po di buona sorte! E vengo accontentato, la palla diventa un tracciante che si insacca sotto la traversa nonostante il tentativo disperato del ragazzino diventato improvvisamente Marchegiani. Ed io mi lancio in un urlo di gioia e corro come Tardelli, volo sull’erba salutando la folla impazzita al suono di un corno e plano a centrocampo tornando in me. Ho fatto gol al Filadelfia.

"Ancora scosso, saluto i ragazzi con un cinque e mi ricompongo alla meglio, rimetto la divisa sociale ed arrivo, con lo spirito di un invincibile, dal cliente, ringraziandolo del ritardo.

"Fabrizio Carosone da Asti