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Il ricordo e l’emozione all’inaugurazione de “L’ultimo volo per il Grande Torino”

Il ricordo e l’emozione all’inaugurazione de “L’ultimo volo per il Grande Torino”

La mostra / Ospitata dal Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, sarà visitabile fino al 14 luglio

Andrea Marchello

E' stata inaugurata ieri al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata L'ultimo volo per il Grande Torino, mostra che approfondisce il profilo storico e personale delle vittime meno note della tragedia di Superga, ossia i componenti dell'equipaggio del Fiat G.212 targato I-ELCE.

L'inaugurazione, alla quale erano presenti decine di tifosi granata, ha visto raccontare le testimonianze dalla viva voce dei parenti delle vittime minori di quel fatale 4 maggio. Nel parco antistante l'ingresso del Museo, ad aprire gli interventi è stato il presidente del Museo, Domenico Beccaria: "Il 4 maggio è una data dolorosa. In vista di quella data abbiamo deciso di fare una cosa diversa dal solito, abbiamo deciso di dare concretezza al 'beati gli ultimi perché saranno i primi' tributando una mostra all'equipaggio del volo che riportava gli Invincibili a Torino, che erano finora rimasti nell'ombra. Lo scopo di un museo è raccontare storie in maniera scientifica e suscitare emozioni, e questa mostra ne suscita" che poi parla anche, commosso, del futuro del Museo stesso: "Siamo arrivati ad 11 anni di vita del museo, non sappiamo se ci sposteremo al Filadelfia. Quando andremo via da qui andremo via con molto rammarico".

Si è continuato poi con il saluto del Sindaco di Grugliasco, Roberto Montà: "Al di là dell'appartenenza calcistica questo è un patrimonio del calcio italiano e della Torino calcistica; nel secondo dopoguerra la rinascita del Paese passava anche dai divi dello sport. Noi ci ricordiamo sempre dei campioni, ma è giusto ricordare chi aveva meno qualità sportive ed anche chi dava una mano per far sì che quei campioni potessero giocare. Il Museo finché vorrà potrà stare a Grugliasco. Sappiamo che il luogo giusto è un altro, spero che Città e società vogliano investire in questo progetto. Una società che non guarda alla memoria va poco lontano".

Poi è stato il turno di Mirko Ballotta, storico del museo: "La mostra nasce da un'idea molto bella. Se il Torino ha avuto la eco che ha avuto lo si deve anche a chi ha dato la possibilità di far viaggiare, cioè l'aviazione civile italiana. Il calcio è stata la prima attività a ripartire dopo la guerra. Viaggiare in aereo era all'avanguardia, ed il Torino era una società attrezzata. L'equipaggio di G212 era molto preparato, ed è impossibile stabilire cosa successe quel giorno. Credo sia una ingiustizia dare la colpa ai piloti come da verità processuale, io credo in un problema meccanico. Questa mostra è una sorta di risarcimento morale,  perché anche loro sono tra le vittime di quel giorno."

Infine, prima di lasciare la parola ai parenti dell'equipaggio e dell'organizzatore della trasferta, è intervenuto Giampaolo Muliari, direttore del Museo: "C'è grande emozione. Mi ha colpito l'ombra in cui erano i parenti, erano persone di cui non conoscevamo nulla. Alcuni non sono andati a Superga perché sentivano il peso di quell'evento. Questa mostra ricorda il fatto che anche loro sono parte di questa storia immortale ed anche nell'esposizione permanente del Museo gli daremo spazio".

IL RICORDO - A dare il via alle testimonianze è stato Edoardo Bonaiuti, figlio di Andrea, organizzatore delle trasferte: "Mio padre era ai margini di questa situazione ed io non ho fatto nulla per farmi conoscere. La gente è interessata a conoscere figli di giocatori e non mi dà fastidio. Avevo 5 anni e mezzo quando è morto, per cui non ho grandi ricordi. Mio padre faceva questo compito, l'organizzatore logistico, perché era innamorato del Toro. Quando me le hanno chieste, ho dato le foto adesso esposte con piacere".

Si è continuato poi con Celeste e Marisa d'Incà, nipoti del motorista; Celeste: "Ricordi non ne ho se non una foto data al museo. La mia infanzia è stata impregnata da questo evento". Marisa ricorda lo zio: "Il grande ricordo è l'allegria che sapeva trasmettere, dovuta anche al periodo del dopoguerra. La tragedia ha dato un duro colpo alla mia famiglia, mio padre ha fatto da padre al figlio di Celeste (il motorista ndr)".

Gli interventi si sono poi conclusi con un visibilmente commosso Riccardo Meroni, figlio del pilota: "Non ho vissuto direttamente la vicenda perché avevo 3 anni, il maggiore dei miei fratelli ne aveva 7. Il ricordo è il racconto di mia madre e fu difficile acquisire il fatto della tragedia perché mio padre era dato per disperso. Lui aveva una grande passione per il volo e fece di tutto per realizzare il sogno. Arruolatosi nella Regia Aeronautica, in guerra si guadagnò anche due medaglie di argento e 3 di bronzo. Per quel viaggio fu scelto un equipaggio altamente professionale, ed anche il secondo pilota, molto amico di mio padre, era altamente qualificato. Mio padre era istruttore di volo strumentale, il 'volo cieco', quello a visibilità 0, che è quello operato a Superga, dove vi erano nubi dense e nebbia. Il disastro è probabilmente scaturito da un errore strumentale, in quanto le macchine segnavano 2000 m invece dei 600 reali. Ho solo bei ricordi, ma non vissuti di persona. I reperti lasciati al museo sono ricordi unici" conclude, prima di ringraziare tutti, commosso.

Il ricordo e l’emozione all’inaugurazione de “L’ultimo volo per il Grande Torino”

La mostra sarà visibile nella Sala della Memoria presso la sede del Museo, ospitato a Villa Claretta Alessandri in Via G.B. La Salle, 87 a Grugliasco (TO), fino al 14 luglio.