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Luca Asvisio si presenta: “Io tifoso granata, ecco il Filadelfia che ho in mente”

Marco De Rito

Lei è un noto tifoso granata. Com'è nata la sua passione per il Torino?

"E' nata dalla mia famiglia, mio padre e mia madre erano del Toro, quando erano sposati vivevano in Via Spano con vista Filadelfia. In quegli anni, quando ero piccolino, a cavallo tra il 1974 e 1975 il Toro vinceva, era molto seguito ed è stato naturale tifare granata. Nonostante nella mia classe a scuola ci fossero 30 persone e 27 della Juventus, è stato un po' come fare indiani contro cowboy. Sono sempre stato uno contro le prevaricazioni. Il fatto di essere del Torino è un modo di lottare, di essere in antagonismo con i cosiddetti "poteri forti". Quando si è del Toro si è abituati a soffrire e vivere di passioni, non dico che sia facile tifare Juve ma sicuramente non è facile essere tifosi granata. Dall'altra parte quello che ti lascia sostenere questi colori è un grande significato dei valori. Io vedo che tutti i torinisti sono amanti delle cose vere, delle cose pulite. Non potevo che essere del Toro".

C'è un coro che spesso parte dalla Curva Maratona: "Torino è stata e resterà granata". Lo percepisce anche lei? 

"Quando io ero tifoso granata da ragazzo lo eravamo in molti. Purtroppo, ci sono state delle vicissitudini che hanno contraddistinto il Toro, adesso essere granata per i ragazzi non è certamente facile, c'è bisogno sicuramente di persone rappresentative. Andrea Belotti è una di queste, negli ultimi anni è diventato una sorta di icona per i giovani. Speriamo che il fatto di essere stabilmente nella parte sinistra della classifica possa riportare le persone allo stadio e i giovani credere nel Toro. A volte vedo davanti al mio studio dei ragazzini che giocano a pallone e qualche maglietta granata in più la vedo. Come qualche elemento positivo può aver portato più giovani, ci si mette anche poco a perderli questi ragazzi. Noi abbiamo bisogno di loro. Bisogna ridare un po' di dignità a questo tifo, anche nelle caratteristiche. Il granata deve diventare un colore che non contraddistingue solo la maglia ma anche altri elementi, perché la gente ci crede. Devo dire che ce ne sono ancora tanti, di granata. Da quando è stata diffusa la notizia della mia nomina, tanti mi hanno scritto, telefonato e mandato messaggi. Un po' di gente che crede ancora nel Toro, nonostante nel capoluogo piemontese Cristiano Ronaldo sia in qualche modo un elemento che rischia di spostare gli equilibri. Io sono ottimista credo che la gente ci creda ancora, non sempre si tifa per i più forti. Però bisogna dare dei connotati "granata" a questa squadra, sempre di più".

Lei parla molto d'identità granata. Si può ricostruire questa identità anche valorizzando il Fila? 

"L'identità granata, in qualche modo, è stata rappresentata da delle icone nel mondo del Toro, ricordo Leo Junior, Mondonico, Martin Vazquez ecc. Adesso lo è Andrea Belotti. Sicuramente così come le icone possono essere di natura umane; anche uno stadio, che è legato ad una memoria così ampia - come quella del Grande Torino che a distanza di 70 anni è ancora così fulgida - sicuramente è importante. E' chiaro che deve diventare un centro d'incontro, che devono esserci le condizioni per poter fare il museo. Ma si deve anche creare un riferimento per riunire le persone, in una zona come quella tra via Spano e Via Filadelfia. Avere un centro così può significare un punto di aggregazione e di riconoscimento".