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Toro 1946-1956: dal mito alla tragedia di Superga. Poi la lenta risalita

#110annidiToro/ Continuiamo a ripercorrere le tappe della storia granata decennio per decennio. Oggi il periodo più ricco di emozioni della storia granata, quello compreso tra il ’46 e il ’56, caratterizzato dall'epopea del leggendario squadrone

Redazione Toro News

"Continuiamo a ripercorrere la storia del Torino, in vista del 110° compleanno del club granata, il prossimo 3 dicembre. Oggi tocca al decennio 1946-1956: un'era che ha segnato per sempre la storia del club, dall'ascesa alla scomparsa del Grande Torino per poi passare alla lenta risalita dei primi anni Cinquanta.

"DAL ’46 AL ’48 - Le ferite della guerra si stanno rimarginando e il calcio torna al girone unico. II campionato, per la difficoltà immediata di mettere in fila le sedici migliori, si disputa con un torneo a venti squadre. Ancora sotto la guida dell'allenatore Luigi Ferrero, l'undici granata comincia a rilento. Dal ventunesimo turno i granata però si trovano soli al comando rafforzando via via la loro posizione  grazie anche a una serie di sedici risultati utili consecutivi, dei quali quattordici sono vittorie. Il Toro vince così il 3° dei 5 scudetti di fila con una media di quasi tre gol a partita, e con Valentino Mazzola capocannoniere. L’anno successivo l'allenatore Luigi Ferrero viene sostituito da Mario Sperone con Roberto Copernico direttore tecnico; intanto rientra come consigliere di Novo anche Ernest Erbstein, dopo aver dovuto nascondersi a lungo per le persecuzioni razziali. La squadra conclude anche il campionato ’47-’48 al comando con 29 vittorie su 40 partite, 125 gol segnati, una cinquantina in più di Milan e Juventus, e 33 gol subiti (miglior difesa).

LA LEGGENDA E LA TRAGEDIA  - II Torino si presenta al nuovo campionato dopo la lunga tournée in Brasile in cui ha incontrato Palmeiras, Corinthians, San Paolo e Portuguesa, perdendo una sola volta. Quest'anno, guida le operazioni granata Ernest Erbstein. Il torneo è piuttosto combattuto e viene indirizzato a favore del Toro nello scontro-scudetto del 30 aprile del 1949 contro l’Inter. I nerazzurri, a quattro punti dai granata, riescono a strappare un solo punto a Milano nello 0-0 finale. Il 1° maggio 1949 il Torino va a Lisbona per affrontare, due giorni dopo, il Benfica di Ferreira e di Rogério Pipi in un match organizzato per suggellare un rapporto di amicizia e stima reciproca tra le due compagini. l 3 maggio 1949, All'Estádio Nacional do Jamor , le due formazioni scendono in campo di fronte a una folla di quarantamila spettatori. Il Grande Torino si presenta con l’11 titolare: Bacigalupo, A. Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. Durante la partita la due squadre offrnono uno spettacolo degno del loro blasone e il risultato finale è 4-3 a favore dei lusitani. Al rientro da Lisbona, il 4 maggio 1949, il trimotore FIAT G. 212 delle Aviolinee Italiane trovò una fitta nebbia che avvolgeva Torino e le colline circostanti. Alle ore 17:05, fuori rotta per l'assenza di visibilità, l'aeroplano si schiantò contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga. L'impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone di bordo, fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. Per la fama della squadra, la tragedia ebbe una grande risonanza internazionale. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto alla squadra leggendaria. Il Torino fu costretto a schierare la formazione giovanile nelle ultime quattro partite, e lo stesso fecero gli avversari di turno; il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino. Il Grande Torino entrò così nella leggenda del calcio ed è ricordata tutt’oggi come una delle squadre più forte di tutti i tempi. Il  7 maggio 1949 Indro Montanelli, giornalista del Corriere della Sera di allora, e tra i più rappresentativi del mestiere dell'intero ’900 disse di loro: « Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto "in trasferta" ».

RICOMINCIARE DA CAPO - Ferruccio Novo, ancora alla presidenza, ripartì dal settore giovanile per preparare, nella stagione 1949/50 un Torino dignitoso. Gli anni successivi non saranno facili per il Toro che si era visto sgretolare davanti agli occhi il suo presente e il suo futuro. Dal 1950 al 1956 i campionati granata furono caratterizzati da un lento e preventivabile declino. Arrivarono diversi giocatori come Beniamino Santos, mezz’ala argentina, che segnò nel suo primo anno granata 27 reti. Nonostante ciò il Toro concluse la stagione al sesto posto e la Juve vinse il campionato. . La stagione successiva 1950-'51 segnò l’inizio di un periodo tormentato, i granata si salvarono alla penultima giornata. Il copione fu lo stesso l’anno successivo sempre con Mario Sperone al comando. Nel 1952 arrivò un giocatore che si rivelò fondamentale per gli anni successivi: il tedesco Horst Buhtz. Il giocatore fu infatti decisivo nel 1953-54 quando, con Ussello allenatore e Jesse Carver direttore tecnico, il Torino chiuse al 9° posto, con 33 punti e Buhtz vero goleador con 11 reti. Seguì un periodo negativo di confusione socetaria, con l’abbandono di Novo sostituito prima da un comitato di reggenza e poi da Teresio Guglielmone. Nel ‘56 poi Guglielmone lasciò la presidenza a Mario Rubatto. Il Toro infine toccò il punto più basso di quest'epoca quando concluse il campionato 1958/59 in diciassettesima posizione, con soli 23 punti. Stagione disastrosa che portò alla prima storica retrocessione granata in Serie B.

"Questo decennio è stato il periodo più intenso della storia del Torino. Tanto dolce da creare una squadra leggendaria che con le sue gesta ha segnato un intera epoca. Ma altrettanto amara per la morte improvvisa di quegli uomini che la leggenda l’avevano scritta. Questa grande squadra ha lasciato e lascerà per  sempre un segno indelebile, un vuoto,  che va oltre lo sport. Dalla sofferenza, però, è nato uno spiccato senso di appartenenza, un tale orgoglio e spirito di sacrificio che solo i veri  tifosi del Toro sanno provare verso i propri colori.

Nicolò Muggianu