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Torino-Juventus 2015, il giudice su Saurgnani: “Un black block delle tifoserie”

Trovate sul cellulare del tifoso bianconero alcune conversazioni shock: "Strage come capo d'imputazione? Sarebbe bello"

Redazione Toro News

La triste vicenda risalente al derby Torino-Juventus del 2015 è ancora lontana dalla definitiva conclusione. Spuntano infatti alcuni retroscena raccapriccianti dalle analisi fatte sul cellulare di Giorgio Saurgnani, che il 26 aprile 2015 lanciò intenzionalmente una bomba carta all'interno della Curva Primavera ferendo in maniera lieve 11 tifosi del Torino. Condannato a 2 anni e 8 mesi per i fatti dello stadio Olimpico, Saurgnani è stato definito dal giudice del tribunale di Torino un “black block delle tifoserie”.

Ma ripercorriamo insieme i fatti: poco prima dell’inizio della sfida, l'ordigno veniva scagliato all’interno della curva Primavera, dall’adiacente settore ospiti, provocando il caos. Dopo le indagini incrociate Saurgnani fu presto identificato e, nel febbraio 2016, condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Il Fatto Quotidiano però, riporta alcuni retroscena raccapriccianti riguardanti vicenda. Secondo quanto emerso dalle analisi fatte sul cellulare dell'ultras bianconero infatti, sarebbero emersi nuovi elementi sulla frangia violenta di cui Saurgnani faceva parte. Una ricca documentazione arriva dal gruppo Whatsapp dei 7 ultras bianconeri, denominato “Sole a Genova”. Messaggi espliciti, violenti, in cui i componenti si compiacevano degli atti compiuti: “Dodici feriti è il bilancio di oggi, tutti ovviamente feriti del Toro per le schegge delle bombe carta. Bene, insomma”. Una violenza non limitata solo a quel Torino-Juventus: “Se ci beccavano con il Verona, la bomba dentro il bus pieno, la prendevamo”; e la risposta di Saurgnani: “Strage, sarebbe bello averlo come capo d’imputazione per qualche partita; troppo poca gente, tentata strage, stupendo”.

Violenza esaltata dal gruppo, quello stesso gruppo dipinto dal giudice di Torino come “al di fuori di ogni tifoseria organizzata”. Elementi shock, che conferiscono alla vicenda un carattere ancor più perverso. Su quel gruppo Whatsapp composto da "tifosi" infatti, di sport e di calcio non si parlava mai. La violenza era l'unica protagonista e i componenti si compiacevano del terrore e dei danni procurati.