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Loviso, Moretti e il Bologna: “Vi racconto Emiliano, veterano già da giovane”

Esclusiva / Moretti raccontato dagli occhi di un ex compagno: "Un ragazzo pulito, che merita tutti gli obiettivi che ha raggiunto"

Nicolò Muggianu

Una squadra, un pallone e un campo da calcio. È cominciata così (o quasi) l'avventura in Serie A di Emiliano Moretti e Massimo Loviso. Due ragazzi, uno di 19 e uno di 22 anni, con lo stesso sogno: diventare grandi giocando a calcio. Anche il palcoscenico è lo stesso: Bologna. Ma la città e i colori rossoblu hanno un significato diverso per i due giocatori. Step di crescita per Moretti, arrivato in Emilia-Romagna in prestito dal Parma per affermarsi nella massima serie. Ma vero e proprio sogno che si realizza per Loviso, bolognese D.O.C. cresciuto con un sogno nel cassetto: "Ho cominciato a giocare al Bologna all'età di 10 anni. Giocare nella squadra della propria città, in Serie A, fare gol: queste sono emozioni che ti restano dentro per tutta la vita", racconta a Toro News.

È la stagione 2003-2004 quando i destini dei due ragazzi si incrociano per la prima volta: "Avevo 19-20 anni quando ho iniziato a giocare in Serie A - ricorda Loviso -, lui era sempre disponibile in campo e fuori. Quando da centrocampista mi abbassavo per ricevere la palla lui alzava la testa e me la dava sempre. Mi dava grande fiducia e grande sicurezza nonostante anche lui fosse giovanissimo". Un leader silenzioso, un ragazzo con doti da veterano sin dalla giovanissima età. Forse, o meglio probabilmente, la longevità della carriera di Moretti passa anche da qui: "Era un ragazzo pulito. Dagli allenamenti, in quello che faceva fuori dal campo e come lo faceva. Un vero professionista: è la dimostrazione che se vuoi arrivare all'età di 37 e giocare ad alti livelli in questa maniera, devi essere sempre presente con la testa e con il lavoro".

Due prerogative che a Moretti non mancano di certo. Un giocatore che ha sempre dimostrato sul campo il suo valore, con grande professionalità. Un esempio? La convocazione in Nazionale del 2014-2015, arrivata all'età di 33, come 'premio' - ampiamente meritato - per una stagione (e una carriera) straordinariamente ordinaria: "Nel suo caso la carta d'identità non conta. Se è arrivato a questi livelli è perché ha lavorato attentamente sul suo corpo e sulla testa. Sono veramente contento per lui, se lo merita". Ma anche un esempio da seguire per i più giovani, sia dentro che fuori dal campo: "Era una persona affidabile, un giocatore e una persona eccellente". Solo un anno passato da compagni di squadra per Moretti e Loviso, ma la stima e l'amicizia che li lega è tutt'oggi forte e sincera: "Quando ci capita di incontrarci ci salutiamo ancora con affetto". E in effetti le loro strade, seppur con destini differenti, hanno in comune un'altra avventura: quella al Torino.

Uno step che probabilmente Loviso avrebbe voluto vivere in maniera differente: "Arrivai nel 2009-10 in Serie B per vincere il campionato. Una bella esperienza, peccato non averlo vinto perché a gennaio andai al Lecce..." dice l'ex centrocampista lasciando trapelare una certa amarezza. "Però la maglia del Toro è bella, prestigiosa e pesante. Sono sincero: si sente. Noi ovunque andassimo in trasferta c'era gente ad aspettarci, questa è la magia". Magia che oggi vivono Moretti e compagni e che dovrà continuare domenica, proprio a Bologna. Nello stesso stadio in cui il sogno di due ragazzi che amavano il pallone iniziò a prendere forma.