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Dal fallimento all’Europa: la rinascita del Torino di Urbano Cairo in quattro atti

10 anni di Cairo / 10 anni fa Urbano Cairo diventava il presidente del nuovo Torino dopo il fallimento: un decennio iniziato in Serie B e terminato in Europa League. E il futuro è ancora tutto da scrivere...

Federico Lanza

Ci sono tanti eventi che, nel corso della storia, hanno determinato il passaggio da un'era all'altra: penso alla caduta dell'Impero Romano, all'invenzione della stampa, alla scoperta dell'America o al più recente attentato di New York nel 2001. Sono stati tutti cambiamenti di portata epocale che hanno sconvolto il paradigma preesistente instaurandone uno nuovo. A prescindere dal carattere positivo o negativo della trasformazione, hanno tutti determinato conseguenze di importanza mondiale.

Anche questo cambiamento - se così vogliamo definirlo - ha avuto le sue conseguenze. Uno spartiacque, una sorta di A.C/D.C. Solo che questa volta la lettera C maiuscola non indica Cristo (che scomodiamo per il paragone) ma Cairo. Quel Cairo che, esattamente 10 anni fa, metteva la sua firma in calce al contratto di acquisto del Torino. Sono passati (di già) 3652 giorni da quella convulsa estate 2005, e il nostro D.C comincia proprio qua. Strani e loschi personaggi alitavano su quel Torino morente. E poi assedi, come quello dell'Hotel Campanile a Moncalieri: fuori ci sono decine di tifosi granata, imbufaliti, inveiscono. Dentro c'è Luca Giovannone, imprenditore romano, che prima acconsentente a passare la mano a Cairo nell'acquisto del club, poi ci ripensa e fugge verso la campagna torinese. Inseguito e, successivamente, scortato lontano dalla polizia. Da lì, il nulla. Che fine ha fatto Luca Giovannone? E il suo braccio destro Michele Padovano?

Ma facciamo un passo indietro e torniamo al Lodo Petrucci: quando il Toro vede nel suo destino la Serie C2 arrivano Pierluigi Marengo e Sergio Rodda che, attraverso una modesta somma di denaro, richiedono l'iscrizione del Torino al cosiddetto Lodo Petrucci (lode a loro, scusate il gioco di parole). Una mossa geniale e improvvisa, che permette al Torino di scendere solo di una categoria e finire in Serie B.

 Cairo a bordocampo. Sullo sfondo Sasà Sullo, vice-allenatore di Ventura

Il purgatorio, come tutti i luoghi di espiazione dei peccati, offre momenti positivi e momenti negativi. Quel campionato di Serie B, organizzato in fretta e furia - perchè all'inizio mancava pure la carta per stampare biglietti e abbonamenti - fu un'autentica altalena. Il Torino ne scese, finalmente, in uno stadio Delle Alpi troppo bello per essere vero. Quel giorno - era l'11 giugno se la memoria non gioca brutti scherzi - 60.000 tifosi granata da tutta l'Italia si ritrovarono al vecchio stadio di Venaria. Ma sicuramente i tifosi del Toro erano molti di più. Quelli incollati ai seggiolini, quelli alle tv, quelli alla radio, quelli che decisero nè di vedere nè di ascoltare ma a loro modo vedevano e ascoltavano: tutti i tifosi del Torino, quella domenica, vissero qualcosa che non avrebbero mai dimenticato. E Urbano Cairo, contro tutto e contro tutti, aveva riportato il Torino in Serie A. Dal fallimento alla promozione in meno di 12 mesi nell'anno del Centenario.

Non è stato tutto rosa e fiori in questi dieci anni. La storia dell'ultimo decennio del Torino è piena di sacchi di letame, vernice rossa e teste di maiale. Se ci aggiungiamo anche un paio di cassonetti dati alla fiamme abbiamo composto un bel quadretto davvero degno di nota. Il presidente Cairo in Serie B ha sofferto, nei primi anni di Serie A si è fatto le ossa e ha commesso i numerosi errori. Con la nuova retrocessione, quella del 2009, si è fermato a riflettere: "Adesso ripartiamo  da zero". E così ha fatto. Se escludiamo la parentesi del 2010/2011, da quel momento la curva sull'asse delle ascisse e delle ordinate ha continuato a crescere.

 Urbano Cairo con Gianluca Petrachi, Alberto Barile e Antonio Comi

Urbano Cairo ha imparato a circondarsi di persone serie e competenti, divenendo lui stesso un dirigente calcistico serio e preparato. Giampiero Ventura e Gianluca Petrachi - unitamente ad uno staff rafforzato da vecchi cuori granata - hanno aiutato il presidente in questo processo di crescita collettivo. Dieci anni fa la società era allo sbaraglio: i giocatori si allenavano con le magliette portate da casa e non c'erano nemmeno i pali per fare le porte. Adesso la società è forte e sana economicamente: i bilanci commerciali hanno il segno +, merce rara in questo periodo di inflazione calcistica incredibile. Al tifoso medio, si sa, questo importa poco, ma il tifo è bello perchè di pancia e irrazionale.

Quasi il 100% della rosa è di proprietà: ci sono giovane affamati e "vecchi" con esperienza. Un mix sulla carta letale per provare a raggiungere qualcosa, fino a poco tempo fa, inavvicinabile. Come la qualificazione in Europa League dopo 20 anni e l'ottima campagna europea nella quale spicca la storica impresa a Bilbao e la vittoria contro lo Zenit di San Pietroburgo. Cairo si è rivelato anche un ottimo venditore e un osso duro in fase di contrattazione: le cessioni di Darmian, Immobile e Cerci sono state le più cospicue per le casse granata, delle plusvalenze d'oro il cui valore sarà sfruttato per i successivi investimenti.

 Urbano Cairo, Glik e Martinez accolti dai tifosi a Caselli dopo la trasferta in Russia

Il Torino è volato lontano in Europa; se l'anno scorso è toccato ai grandi, tra un mese a prendere un aereo destinazione Slovacchia sarà la Primavera che si giocherà il primo round di qualificazione della UEFA Youth League. Moreno Longo ha portato in bacheca lo Scudetto Primavera; il titolo iridato mancava da 23 lunghissimi anni.

 Moreno Longo, allenatore della Primavera del Torino, ha vinto lo Scudetto Primavera a giugno battendo la Lazio in finale

Il saldo tra cocenti delusioni e gioie è in pareggio. Manca solo una cosa, fondamentale e irrinciabile, per ascrivere Urbano Cairo tra i migliori presidenti della storia del Torino, alla pari di Novo e Pianelli: lo stadio Filadelfia. Dovere morale e civile è recuperare la memoria di quel luogo mitico, impregnato di storia e magia, e farne la nuova casa del Torino. Un luogo nel quale i giovani, ancora prima che ottimi calciatori, potranno diventare veri uomini e apprendere cos'è la lealtà, il rispetto e il sacrificio. Da un terribile A.C ad un roseo D.C: il futuro è dalla parte del Torino e dei suoi giovani. E il Torino, adesso sì, è retto da mani salde e sicure. Auguri, Presidente!