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Mazzarri al Torino: il meglio deve ancora venire

Dai risultati eclatanti con Reggina e Napoli alle aspettative granata, l'allenatore toscano chiamato a fare la differenza.

Roberto Bianco

Si dice l’allenatore di San Vincenzo ma le radici sono all'Elba, Portoferraio, arcipelago toscano. “I Mazzarri vengono di lì - parola di Walter -, abbiamo il mare dentro”. Così spiegava alla stampa l’allora neo allenatore dell’Inter, avventura poco felice che lo porterà all'unico esonero in carriera. Prima aveva tenuto testa a presidenti mangia allenatori del calibro di Pulvirenti, regalato belle pagine a Pistoia, il ritorno in A dopo 55 anni con il Livorno, i record e i miracoli con la Reggina, tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria di Reggio Calabria. E gli anni a Napoli, a battagliare ai vertici della Serie A e nelle coppe europee, oltre a mettere in bacheca una Coppa Italia da urlo a spese della Juventus.

Poi l’annata in Premier, al Watford, finita triste tra scogli linguistici e una squadra a vele ammainate. Ed ecco il Toro. Mazzarri è l’undicesimo allenatore dell’era Cairo. Feeling scontato tra presidente e mister; i due si incontrano sul confine dei risultati sportivi che devono coincidere con quelli aziendali, e il più è fatto. Le recenti parole d’amore di De Laurentiis valgono quanto una prova del Mazzarri aziendalista. Quel che è certo è il suo vivere di calcio. “Credo che Walter tifi per la squadra che allena con tutto se stesso”, il commento di bomber Cristiano Lucarelli.

"Arrivato in punta di piedi dopo i saluti a Mihajlovic, si siede su una panchina scomoda, nel girone di ritorno fa meglio del suo predecessore e programma il futuro prossimo dove imporre le sue idee. Futuro che inizia ufficialmente domenica, primo turno di Coppa Italia contro il Cosenza. Già durante il ritiro a Bormio il messaggio lanciato da Mazzarri è stato chiaro: “Qui il capitano sono io”. Un segnale preciso di autorità nei confronti della squadra e allo stesso tempo un modo per proteggerla, dopo le bruciature rimediate durante il ciclo perlopiù autoritario gestito dall’ex allenatore serbo.

"Dal toscano con il vizio del fumo, partito dal basso, i tifosi del Toro non pretendono che tiri un pugno al Causio di turno, come Giagnoni insegna, pace all’anima sua. Tanto meno che si ripercorra il viatico degli ultimi anni, tra libidine venturiana e prove di forza in salsa slava fini a stesse. Grande lavoratore e allenatore appassionato, le sue rughe e gli occhi azzurri tradiscono il mare di emozioni calcistiche che si porta dentro, ed è in acque del genere che Mazzarri deve far navigare il Toro.

Come ci proverà, già lo sappiamo. Difendere e ripartire, tattica che può rivelarsi efficace. Se Mazzarri non sbatterà nel vicolo cieco di spazi assenti nei quali rilanciare l’azione, motivo per cui il suo calcio è stato a tratti bollato come provinciale, allora si può concludere che “il meglio deve ancora venire”, così come titola la sua autobiografia, edita nel 2013 da Rizzoli.