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Memoria corta

di Alessandro Salvatico

Quando un giocatore colpisce la palla con la mano all’interno dell’area di rigore, e tenendo il braccio largo, separato dal corpo e sull’asse...

Redazione Toro News

"di Alessandro Salvatico

"Quando un giocatore colpisce la palla con la mano all’interno dell’area di rigore, e tenendo il braccio largo, separato dal corpo e sull’asse perpendicolare alla direzione della palla, che sarebbe finita all’attaccante al centro… ecco, quando succede questo, non è facile trovare i cavilli che possano portare a non considerarla, quella mano aperta che ferma un cross. Bisogna ingegnarsi. C’è chi ci riesce; e allora, in mancanza di casistica o di elementi concreti, si ipotizza che il pallone abbia prima colpito il giocatore autore della manata, provocandogli dolore per l’inaudita potenza del…cross (oppure che l’abbia colpito nella zona più fragile), e praticamente costringendolo ad alzare un braccio (e uno solo: casualmente, quello lontano). D’altro canto, non era semplice nemmeno arrivare a stabilire che Trezeguet, nel derby di un anno fa, non era in fuorigioco, quando l’occhio umano, privo com’è, poverino, della capacità di interpretazione discrezionale, lo vedeva semplicemente in netto off-side. Ma ci si riesce: basta volerlo.

"Ieri sera, in molti sono riusciti a giustificare il povero Kaladze, martoriato dal cross del bruto Rosina. Il gomito di Pratali a 120 centimetri dal debole tiro di Ronaldinho, invece, non ha presentato nemmeno l’avvocato d’ufficio. Non è detto che non sarebbe uscito colpevole, dal processo: ma nessuno l’ha intentato, nell’area granata vige la legge marziale. Giudizio, senza contraddittorio: non è necessario. Sull’altra sponda invece sì, necessario, doveroso, anzi giusto moralmente. Nella Giustizia italiana, i processi non si fanno ricorrendo alla casistica, come invece in quella USA, che siamo abituati a vedere nei telefilm. Se si facesse, probabilmente aumenterebbe il senso del pudore, e si rifletterebbe prima di lanciare accuse. Si rifletterebbe, anche solo per il timore di essere esposti a sbugiardate, figuracce, paragoni sconvenienti.

"Se si facesse, per dirla in parole povere, forse Kaladze sarebbe stato in silenzio, ieri sera dopo la partita. Forse, temendo che qualcuno gli ricordasse che domenica scorsa aveva portato a casa 3 punti per un penalty concesso dopo un fallo avvenuto nettamente fuori dall’area, avrebbe taciuto. Forse, pensando che avrebbero potuto rispolverare i fatti delle ultime settimane (sì, la casistica è fresca, recentissima), il suo pensiero sarebbe corso al fallo di mano di Lucchini, risibile, ma punito con il calcio di rigore in favore della sua squadra. Forse immediatamente gli sarebbero tornati alla mente i tiri dagli 11 metri che si era visto assegnare a favore contro il Napoli, o contro il Siena: altri tre punti che tengono il Milan in lotta per lo scudetto… e non avrebbe parlato. Per convenienza personale, per semplice pudore, per qualcosa che si avvicina alla parola “morale”.

"Detto ciò che è doveroso dire, unicamente perché dotati di occhi per vedere e di una memoria magari non così lunga, ma che neppure si ferma alle ultime 24 ore, ci dichiariamo ancora curiosi di conoscere il trattamento che la Giustizia sportiva riserverà al tesserato Kaladze. Oggi il georgiano, comprensibilmente protetto da Galliani, ha dichiarato di aver rilasciato soltanto giudizi “tecnici” sull’arbitro Farina. Giudizi tecnici quali, per dovere di cronaca, “è scandaloso”, “non capisce niente”, e ancora “la partita è stata rubata dall’arbitro”. Ancora più curiosità suscita in noi chiederci cosa ne sarebbe di un tesserato del Torino che si abbandonasse alle medesime esternazioni. Meglio non saperlo.