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Toro e Ventura: avere il coraggio di rinnovarsi

Giampiero Ventura, quinta stagione a Torino

Un rapporto con il pubblico da rivedere, un’assoluta rigidità tattica da spezzare che sfocia nella prevedibilità: errori e convinzioni di un tecnico che deve avere l’umiltà di cambiare

Andrea Viscardi

"In certe situazioni, nello sbagliare, siamo accompagnati da quella convinzione di fare le cose nel modo giusto che, talvolta, non se ne va neanche dopo esserci visti sbattere in faccia i nostri errori. Talvolta, appunto. Perché emerge un problema netto ed evidente se tale convinzione si rafforza giorno dopo giorno, errore, dopo errore. Ciò che sta accadendo al Torino di Ventura, oramai, ha tutta la sintomologia per ricadere in quest’ultima fattispecie, ed è un qualcosa di tanto ovvio e palese, da essere sottolineato da giornalisti, esperti e persino, sottovoce, da molti addetti ai lavori.

"È semplice. Quando una squadra ammira troppo se stessa, prima o poi, è solo questione di statistica, inciampa. E lo fa nel peggiore dei modi, perché se non si rende conto dei propri errori, continuerà ad inciampare, facendosi più male ogni volta. Ripetere il proprio gioco all’infinito, con pochissime variazioni tattiche, in un modulo estremamente rigido, per più di una stagione, si traduce, a lungo andare, nelle parole prevedibilità e inefficacia. Ovvio, magari non è proprio così quando i tuoi giocatori si chiamano Cristiano Ronaldo, Pogba, Lewandoski, ma lo è sicuramente se si chiamano Molinaro, Vives e Acquah.

"Giampiero Ventura incarna il mix perfetto di quanto scritto nei due paragrafi precedenti. Da una parte, infatti, ogni partita persa, il nastro è sempre lo stesso. Sempre colpa di qualcuno o di qualcosa. Dell’ambiente, di giocatori non convinti, dell’esser scesi in campo tre partite in sette giorni. Mai un risultato negativo è, almeno in parte, responsabilità sua. Di un allenatore che non si decide a variare il proprio modo di giocare, per rendere un pizzico più imprevedibile la squadra; di un allenatore che, mese dopo mese, sembra essere sempre più anemozionale rispetto al mondo che lo circonda.

"Nelle ultime sedici partite di campionato, il rullino è da pura retrocessione: 9 sconfitte, 4 pareggi, 3 vittorie. Una proiezione, su una stagione, di circa 33-34 punti. Una rosa che presenta evidenti lacune, ma la cui responsabilità, questa volta, non può essere attribuita a Cairo, quanto piuttosto alle scelte del Mr. che ha sempre dichiarato (almeno pubblicamente) di avere esattamente i giocatori che voleva. Anche per questo, forse, sarebbe ora di spezzare il copione del dopo partita, e presentarsi davanti alle telecamere facendo un minimo di autocritica ma, soprattutto, cercando di spiegare quali sono i problemi di una rosa che, salvo l’entusiasmo portato per una giornata e poco più dal ritorno di Ciro Immobile, appare sempre più bloccata, svogliata e nervosa. Quasi che non ne possa più di ripetere, domenica dopo domenica, la stessa identica partita, racchiusa in un girone dantesco da cui sembra impossibile uscire.

"Sia chiaro, Ventura non è né uno sprovveduto né un ingenuo. Ma oggi, a furia di ammirarsi e di gongolarsi nelle lodi ricevute per due anni, Mr. Libidine appare oramai convinto di essere sempre nel giusto, anche quando il campo registra solamente undici giocatori, sancendo l’inesistenza di quelli granata. Quella del Mr., oramai, è una dottrina, non è più una scelta tattica, inculcata talmente a fondo nella testa dei giocatori e di se stesso, da esserne divenuto schiavo. Una credenza oramai inefficace, salvo qualora ci si trovi innanzi squadre con evidenti limiti tecnici.. La questione è che, prima o poi, qualcuno dovrà farglielo notare anche a Mr. Libidine, perché altrimenti il rischio (concreto) è di inciampare talmente tante volte da non riuscire più a rialzarsi.