Alessandro Salvatico - “Se muore un operaio non ne parla nessuno”, é l'obiezione che sentiremo spesso in questi giorni; peraltro risponde al vero, ma siccome noi parliamo di calcio, permetteteci di parlare della morte sul lavoro di un calciatore. Permetteteci di utilizzare la scrittura per esprimere lo sconvolgimento e sfogare il dolore, come potete fare e state facendo voi tutti, per il fulmine a ciel sereno che é stata la scomparsa di Piermario Morosini (foto M.Dreosti), ragazzo gentile con cui chi scrive (ma altri all'interno della Redazione -la nostra Ivana Crocifisso in particolare- ben di più) aveva avuto modo di parlare più volte, conoscendone serietà e umiltà, senza volerne per questo disegnare un ritratto idealizzato come accade spesso con chi se ne va. Un ragazzo che era stato anche vicino al Toro, fra l'altro, per quel che oggi può contare.Un medico dello sport, interpellato in merito alla tragedia, dice “La morte improvvisa da sport non si potrà mai azzerare”. In un certo senso, una considerazione del genere smorza qualsiasi polemica, presentandoci quanto avvenuto come un evento imponderabile.Ben più concreti, invece, elementi quale l'assenza del defibrillatore a bordo campo (anche se in molti giurano che quello strumento, presente quasi ovunque -anche all'Olimpico di Torino- e salvatore poche settimane fa della vita di Fabrice Muamba, in questo caso non sarebbe servito) o soprattutto la presenza di un'automobile (assegnata ad un irreperibile vigile urbano pescarese) che ha bloccato per dieci minuti l'ingresso dell'ambulanza, quando Piermario era vivo e cosciente, ma se ne parla tanto e approfonditamente in altre sedi da non rendere necessario proseguire qui il doloroso lancio di giustissime accuse.Ma se é impossibile fermare le polemiche, ci piacerebbe solo che si tentasse di indirizzarle nella direzione di quelle sensate. Ad esempio, per una volta diciamo pure che non c'entrano doping, ritmi alti, “esasperazione”, calendari e quant'altro; il recente accavallarsi di episodi simili (tre, in fin dei conti) può essere probabilmente catalogato alla voce “casualità” nel momento in cui spulciare delle semplici statistiche ci dice che, in realtà, malori e decessi sui campi di gioco italiani sono anzi in netto declino.Piuttosto, si può parlare dell'eco che questa morte, che ripetiamo ci ha toccati e ci tocca tutti moltissimo, ha generato, paragonata magari a quella di Vigor Bovolenta (si sa che il calcio fa molto più rumore, ma il fatto che la cosa sia risaputa la rende giusta?) o soprattutto a quella di Sergio Buso, recentemente scomparso per una leucemia che in molti hanno -qui sì!- collegato alle pratiche calcistiche degli anni '70, ma che é stata fatta passare praticamente sotto silenzio.Si ferma tutto, una decisione che a qualcuno pare giusta e a qualcun altro ("La F1 non spense i motori quando si spense Senna") esagerata, ma sono discorsi da stoppare sul nascere: in fondo, i campionati fra pochi giorni riprenderanno a correre, Piermario no. Una pausa per rivolgere un pensiero a lui, ma soprattutto a coloro che gli volevano bene, la si può ben prendere. Ed é questo che fa la nostra Redazione e -ne siamo certi- ogni nostro lettore, porgendo dolenti e sincere condoglianze alla sorella, alla fidanzata, ai suoi amici, ai suoi compagni di lavoro.
campionato
Addio e basta
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