La biglietteria di via del Carmine sforna tagliandi a getto continuo, la finale di ritorno col Perugia prende le sembianze della festa annunciata, del bagno di folla, di un numero di spettatori così numeroso che per raggiungerlo in campionato bisognerebbe sommare le presenze di più partite. Il ritorno in A così vicino stimola, ma una squadra che sembra granata fino al midollo lo fa di più. Come non possono venire gli occhi a cuore quando si legge l’intervista di Balzaretti a Silvia Garbarino su La Stampa quando racconta dell’attimo di timore prima di calciare in rete il pallone dell’1-0 con la porta che sembrava via via più piccola e della speranza di far nascere sua figlia col Toro in serie A? Zaccarelli cerca di tenere tutti coi piedi per terra. Sì, il Perugia deve vincere con due reti di scarto e il Toro non ne becca due dalla prima di ritorno a Verona, mentre in casa non capita dall’ultima di andata contro il Treviso. Sì, non perdiamo dalla trasferta di Cesena a marzo. Però una vittoria con un gol di scarto degli umbri, a differenza della semifinale, vorrebbe dire tempi supplementari con tutte le insidie del caso.
Culto
Notti Torride – Storia dei Playoff 2005 – parte 4
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Fa caldissimo e lo stadio inizia a riempirsi. Tanto, forse troppo. I dati ufficiali parlano di quasi 54000 spettatori, ma se sei nel secondo anello e ti giri vedendo la curva traboccante più del dovuto capisci che forse ce ne sono molti di più, entrati chissà come. La muraglia umana fa impressione, perfino un po’ di paura anche se indossa il colore più bello del mondo. L’orologio cammina piano, si prende il suo tempo, ma finalmente arrivano le otto e mezza. “Zac” ha scelto una sorta di 3-5-1-1: davanti a Sorrentino ci sono Mantovani, Peccarisi e Mezzano. Carbone e Balzaretti sono gli esterni, Conticchio, Mudingayi e De Ascentis ringhiano in mediana, Pinga assiste Marazzina. La gente del Toro accoglie i suoi giocatori con bandiere, urla, uno striscione enorme con un Toro rampante che cala sulla tribuna. Si sbrigano le formalità del caso e De Santis di Tivoli fischia l’inizio. Al 7’ sembrerebbe tutto fatto: Pinga regala l’ennesima magia del suo giugno facendo sbucare chissà come il pallone sull’attacco di due perugini e servendo Conticchio che, da sinistra, centra per Marazzina. Il conte Max controlla perfettamente con il petto e lascia rimbalzare il pallone prima di calciare col sinistro, ma Stendardo interviene in extremis sventando la minaccia in angolo. Le mani nei capelli per l’occasione sbagliata vorrebbero strappare il cuoio capelluto al 21’ quando Sorrentino esce male su una lunga rimessa degli umbri e il solito Mascara, in mischia, trova il buco giusto per infilare la porta granata sguarnita. Le mani del Toro restano sul manubrio, ma la strada diventa improvvisamente impervia. Non ci si può limitare a difendere la rete (anche perché i minuti non sarebbero solo 70’, ma 100’ coi supplementari) e non si può sguarnire troppo il fortino. Bisogna mordere la partita minuto per minuto.
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Al 40’ Sorrentino cancella l’errore che ha originato il vantaggio umbro su un colpo di testa di Stendardo, su azione d’angolo, che è un proiettile, ma Stefano si esibisce in un intervento spettacolare che mischia classe e istinto. Marazzina mette il pallone in corner di testa, c’è bisogno di tutti. Il pericolo scuote il Toro che nel finale di frazione staziona nella tre quarti umbra alternando classe e randello. De Ascentis, a un certo punto, accende lo stadio con due inusuali finte che mandano al manicomio Ferreira Pinto. In pieno recupero arriva l’occasione che potrebbe sciogliere l’ansia dei cuori granata donando loro un intervallo più tranquillo. Sugli sviluppi di un traversone di Carbone, Marazzina lavora palla per Pinga che vede Balzaretti al limite dell’area e lo premia. Il biondo controlla il pallone e carica il tiro. Il sinistro è ben indirizzato, ma è ancora Stendardo a ritrovarsi davanti a Squizzi per deviare la conclusione oltre la traversa. “Balza” crolla a terra disperato, affonda la faccia nell’erba e poi si rialza mentre la Maratona ruggisce. L’intervallo è vissuto in una sorta di incosciente attesa. Un rumoroso silenzio alberga fra chi rimane immobile al suo posto e chi cerca una bevanda o di andare in bagno. Su Torino aleggia una rabbia sorda verso un destino che, per l’ennesima volta, ci complica la vita, si diverte a vederci friggere, ci scarabocchia l’ultimo atto. L’autorete di Mozzini, i tre rigori di Sguizzato e ora questo svantaggio cupo: vietato alzare le braccia in anticipo, sempre.
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La ripresa non si ricorderà certo per la spettacolarità, visto che il Perugia non va oltre qualche mischia e il Toro non riesce a costruire occasioni degne di questo nome. Allora ci si esalta per Mudingayi che a un certo punto diventa più duro della Cosa vincendo un contrasto in mezzo al campo che, se perso, avrebbe portato guai oppure per Mezzano che salva su Floro Flores con un tempismo incredibile. All’80’ Pinga, su punizione, sembra calciare il pallone giusto, ma Squizzi vola e devia in angolo mentre Balzaretti, che aveva provato a deviare di testa, si dispera ancora per aver mancato l’impatto decisivo per pochi millimetri. Quando De Santis fischia la fine dei 90’ regolamentari in parecchi esultano rimbeccati da un pari numero di “ma che cazzo fate?” e allora bisogna provare a spiegare il regolamento dei playoff a chi non lo conosce bene in pochi concitati secondi con il sudore che cola e la faccia stravolta. I supplementari sono un altro ricordo nebuloso. Maniero, subentrato a un Pinga devastato, calcia una punizione a metà della prima frazione trovando la barriera, ma De Santis vede un mani e fischia un altro piazzato più avanti. Quel semplice guadagnare metri e perdere secondi ci fa abbracciare sugli spalti. Batte ancora Maniero, ancora barriera, angolo. Altri secondi, altri metri, altra gioia senza alcuna razionalità perché ormai su gradoni e seggiolini ognuno viaggia in una dimensione mentale in cui tutto il mondo si esaurisce nel verde del campo del “Delle Alpi” e nel tempo che passa ancora troppo lentamente, ma passa. Fuori da lì nulla esiste. Ultimi quindici minuti ed è tutta questione di anima. Il Perugia è sempre più stanco, appena sfiora un pallone viene sommerso dai fischi. Di contro qualsiasi atto che porti la sfera lontano dalla nostra porta è accolta da boati che centuplicano le forze dei granata in campo. I panchinari incitano il pubblico dopo un angolo conquistato, c’è Marinelli in canotta che fa quasi da capo tifoso sventolando una maglia sopra la testa. Saltano tutti sui cori della curva, i giocatori aizzano la folla e la folla aizza i giocatori. L’ultima azione vede gli uomini di Ezio Rossi prima e di Zaccarelli ora arrivare primi su ogni pallone e fare sempre la scelta giusta, guidati da quella A enorme che finalmente è lì e ci vuole inghiottire. Il fallo su Codrea è l’ultimo atto della gara col romeno a rotolarsi a terra e i tre fischi che giungono un sospiro dopo. Stavolta non ci sono regole che tengano: si festeggia tutti.
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I presenti non invadono il campo, come da invito della società, ma sono ben contenti di rimanere sugli spalti a godersi la festa. I giocatori in mutande salgono sul Toro sotto la Maratona, Zaccarelli in lacrime viene preso e portato di peso dal portiere di riserva Gianluca Berti verso la curva, Fontana è mattatore, Pinga si mette a palleggiare col pubblico in delirio mistico. Balzaretti è al settimo cielo: “Sono qui da vent’anni, è la cosa più bella che mi sia successa. Io sono un tifoso del Toro, giocherò col Toro in serie A: questo è il mio sogno. Viverlo è stupendo”. Federico guarda gli spalti con gli occhi dell’amore, ignaro del modo in cui spezzerà tutti quei cuori. Ma, come sempre, è meglio non sapere cosa accadrà. Adesso è solo il momento di festeggiare, chi andrà in piazza, chi tornerà a casa felice e non riuscirà a prendere sonno per l’eccesso di adrenalina o crollerà come un sasso quando toccherà il letto e le emozioni presenteranno dolcemente il conto. Del mio viaggio di ritorno ricordo che la radio passare improvvisamente “Destinazione Paradiso” di Gianluca Grignani, come se la programmazione avesse pensato alla nostra serata. Non possiamo fare altro che cantarla, coi finestrini abbassati e il cuore pieno di bellezza.Nei giorni successivi Cimminelli si dice sicuro di poter ottemperare agli impegni economici, Zaccarelli resta come dirigente, Marazzina rivela che sono in molti ex compagni a chiedergli di mettere una buona parola per venire a Torino, Arrigoni è il candidato numero uno per la panchina, il danese Keller il primo colpo. Il primo luglio la prima pagina de La Stampa riporta una notizia inquietante: “Blitz della Finanza dal patron del Toro”. Nel riquadro accanto, quasi beffarda, la pubblicità del dvd “SiAmo tornAti” che festeggia la promozione. Non ci è stata concessa nemmeno una settimana di gioia.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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