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Lasciarci le penne

Il vento e il castello fantasma di Lucera

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Nuovo appuntamento con "Lasciarci le penne", la rubrica su Toro News di Marco P.L. Bernardi: "In attesa di rivedere il Toro, nalla mai sopita speranza che si decida a ritornare a fare il Toro, regaliamoci il brivido di tifare per il più debole"
Marco P.L. Bernardi
Marco P.L. Bernardi Columnist 

Qualche giorno fa ho ascoltato il vento tra le mura del castello di Lucera. O meglio tra le mura del fantasma del castello di Lucera, scomparso. Ciò che resta di quella che fu l'imponente fortezza svevo-angioina sono i muri perimetrali, che oggi circosrcrivono un vasto spazio di erba riarsa. Ottocento anni fa c'erano edifici sacri e profani tra quei bastioni, e persone, animali, attività frenetiche. Oggi soltanto erba, talmente indurita da scricchiolare sotto le suole. Qua e là rarissime vestigia, delegittimate del loro scopo architettonico e ridotte a massi erratici nel nulla. Di tanto in tanto il vento rinforza e sibila come un canto, padrone di quel luogo. Non più gli Svevi né i Saraceni. Solo il vento, più antico degli uomini. Fanno riflettere le pietre superstiti, sopravvissute agli uomini che le avevano trasformate in luoghi di potere, di devozione, in fortificazioni belliche o in semplici case per gente comune, diventata la polvere stessa che vola via. La prospettiva dei secoli rende piccolo ciò che ci spaventa e il futuro sembra già inghiottito dal tempo. Grandi o umili che siano gli uomini, non fa differenza: restano solo erba secca e vento. Allora divertiamoci a prendere al volo il niente che ci è dato, come la superficiale emozione di un torneo calcistico per ricchi organizzato in estate per aggiungere un nuovo evento ai troppi eventi che intasano ogni attimo del calendario.

In attesa di rivedere il Toro, nalla mai sopita speranza che si decida a ritornare a fare il Toro, regaliamoci il brivido di tifare per il più debole, nell'eccitazione annacquata di un match del Mondiale per club: proviamo a scegliere il Mamelodi Sundowns, squadra sudafricana titolata in patria di cui non avevo mai sentito pronunciare il nome né immaginato il bizzarro logo: una manina verde su fondo giallo che tende l'indice verso l'alto. The sky is the limit, recita lo slogan della squadra e allora capisci che cosa sta indicando la manina di questi cosiddetti "Brasiliani", con la nazionale dei quali condividono i colori della maglia. Si battono come leoni i sudafricani, destinati a fare da comparse per i soliti noti, ma che giocano come se non lo sapessero. Cosa che invece sa benissimo l'Auckland, che sembra aver accettato di buon grado il ruolo del capro da sacrificare incassando dieci goal in un solo incontro, come l'Alessandria contro il Grande Torino in vena di maramaldeggiare il 2 maggio del 1948 o come il malcapitato El Salvador contro l'Ungheria nel Mondiale di Spagna del 1982.

Dopo la batosta contro il Bayern Monaco i neozelandesi si fanno polverizzare anche dal Benfica e poi decidono che basta, che anche loro, pur esercitando in patria ogni genere di lavoro fuorché quello del calciatore professionista, possono inceppare i meccanismi: pareggiano contro il Boca Juniors, la mitica formazione di Buenos Aires, quella dei 35 scudetti e di Diego Armando Maradona. Uno di quei casi che ti fanno dire che il calcio è più bello quando dà i numeri e stravolge la logica. Gioco semplice, quello di tifare per gli ultimi, che riconduce alla sensazione di vuoto che si respira tra le mura dello scomparso castello di Lucera. E' un modo per riaffermare la precarietà delle umane gerarchie e per sorridere della vita, anche quando ti fa un dispetto troppo grosso. E' il vento che la fa da padrone, non vale la pena prendersela. Quello che resta è erba secca, arsa dal sole rovente di giugno, talmente bruciata che scricchiola sotto le suole.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

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