
Fuori Paolo Vanoli, dentro Marco Baroni. A commentare la notizia che ha segnato gli ultimi giorni in casa Torino è Maurizio Pistocchi, giornalista da sempre attento alle "cose" di casa granata.
Esclusiva
Fuori Paolo Vanoli, dentro Marco Baroni. A commentare la notizia che ha segnato gli ultimi giorni in casa Torino è Maurizio Pistocchi, giornalista da sempre attento alle "cose" di casa granata.
Buongiorno Maurizio. L'ha sorpreso l'allontanamento di Paolo Vanoli?"Conoscendo Urbano Cairo so bene che, come tutti i grandi imprenditori, è permaloso. Quindi, le critiche di Vanoli mosse alla società gli sono risultate fatali: credo che fosse abbastanza scontato che sarebbe finita così".
Ma l'allontanamento di Vanoli è stato anche giustificato da una stagione molto negativa del Torino?"Il Torino ha cominciato molto bene e le aspettative si sono alzate. Non è facile capire cosa determina la carenza di risultati, alle volte le motivazioni non sono soltanto tecniche. Ciò che è successo all'interno non lo conosco, posso dire ciò che ho percepito dall'esterno. Vanoli ha fatto di tutto per cambiare la stagione del Torino. Ha cambiato modo di difendere passando da tre a quattro, ha cercato di risolvere i diversi problemi che si sono verificati. Un problema è sempre rimasto: il Torino ha fatto tanta fatica a segnare".
Crede che Marco Baroni sia un buon allenatore per il Torino?"Baroni ha iniziato benissimo con la Lazio, proponendo anche un bel calcio. A mio modo di vedere è un buon allenatore, ha pagato la mancata qualificazione alle prossime competizioni europee. Sinceramente penso che ci fossero squadre più forti della Lazio dal punto di vista tecnico, però chi comanda la pensa diversamente. Ci sono squadre più attrezzate che sono rimaste fuori dall'Europa, vedi il Milan".
Setti, Lotito e Cairo: tre presidenti diversi ma ugualmente impegnativi per Baroni negli ultimi tre anni..."Io sono sempre convinto che i presidenti se pensano di capire di calcio fanno danni. Meno ne capiscono e meglio è. Cairo pensa di capirne molto".
Dunque è un suo grave difetto. "Secondo me sì, dovrebbe far gestire a chi conosce davvero le cose del calcio. Da vent'anni noto il solito problema nel Torino: è una squadra senza un'identità. Cairo vuole fare del Torino un club accessorio o di periferia? Per poter pensare a un Torino che punta alla vittoria non si può prescindere dal settore giovanile e dalle strutture che questo implica. Oggi se provi a prendere un giocatore affermato o semi tale ti chiedono vagonate di milioni, quindi devi produrti il talento in casa. Devi avere un grande settore giovanile con grandi allenatori e il Torino non ha nulla di tutto questo. Inoltre, devi avere un'identità di proposta calcistica, devi essere riconoscibile. La gente deve dire che quello è il tuo gioco e soltanto tuo. Se oggi dovessi chiedere come gioca il Torino, la risposta sarebbe 'boh' perché un anno propone un calcio fisico, un altro anno più tecnico. Non c'è continuità di progetto tecnico. Il Torino di Cairo vive davvero alla giornata".
E come si può uscire da questa situazione?"Dopo tantissimi anni è arrivato il momento per Cairo di dare delle risposte alla tifoseria, delle risposte oneste. Accontentare i tifosi non è facile, però bisogna essere onesti in quello che si dichiara. Bisogna dire chiaramente alla gente quello che si può fare. Tutti gli anni si rincorrono aspettative che poi non si concretizzano mai. Il Torino è un'entità astratta: non ha uno stadio di proprietà, non ha strutture adeguate per il settore giovanile, non ha un'identità di gioco a livello di Prima Squadra, non ha un'organizzazione capillare. Pensare a cos'è il Torino è molto semplice: è Urbano Cairo, sotto di lui Vagnati e l'allenatore di turno che viene scelto. Davvero poco".
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