In esclusiva le parole dell'ex Torino e Lecce. Per lui oltre 130 partite con la maglia granata tra Intertoto, Serie A e Serie B
Alessio Scarchilli ha vissuto varie fasi della storia tra i due secoli del Torino. Fasi di grandi risalite ma anche fasi di dure picchiate verso il basso, momenti di passaggio tra una proprietà e l'altra. Scarchilli lega il proprio nome in primo luogo alla Roma, società che l'ha lanciato tra i professionisti, ma dietro alla Roma c'è il Torino. La maglia granata è quella che ha vestito di più in carriera. Meno persone invece si ricorderanno che l'ex centrocampista è stato giocatore del Lecce: era agli albori della carriera, usciva dalla Primavera della Roma e fu mandato in prestito nel Lecce di Bruno Bolchi. Dunque, il nome di Scarchilli è indissolubilmente connesso al Torino e al Lecce e come se non bastasse era anche lui in campo in quella calda primavera del 2000 quando il Lecce fece retrocedere in Serie B il Torino di Emiliano Mondonico. In quel pomeriggio Scarchilli vestiva il granata e in esclusiva su Toro News racconta proprio quel triste ricordo.
Buongiorno Alessio. Ancora dopo 25 anni brucia quella retrocessione..."Tantissimo. Ricordo il silenzio assordante dello spogliatoio. Era un momento particolare perché il Torino stava passando di mano a livello societario. Fu una stagione negativa, sebbene ci fossero delle individualità interessanti nella rosa".
Dopo la retrocessione rimase al Torino e risalì immediatamente nel massimo campionato."Il Toro in Serie B era sempre protagonista e candidato a tornare immediatamente in Serie A. Rimase una buona base della rosa della stagione precedente e ottenemmo al primo colpo la promozione. Diciamo che ci limitammo a fare il nostro dovere: il Torino non può stare in Serie B".
Anche per questo al Torino è particolarmente legato."Seguo tutte le piazze in cui ho giocato, però al Torino sono legato più che ad altre. Ho un rammarico enorme sotto la Mole: essermi fatto male nella stagione di ritorno in Serie A con Mondonico in panchina. Un semplice infortunio al menisco si tramutò in un calvario a causa di un'operazione andata male. Ero anche stato convocato dalla Nazionale dopo un'ottima partenza di campionato. Mi feci male a novembre nel corso di un derby pareggiato con la Juventus e poi rientrai tantissimo tempo dopo condizionando quella che era la mia giovane carriera. Avevo vinto l'Europeo Under-21 e mi stavo riaffacciando alla Nazionale. A parte quel brutto ricordo resto legatissimo al Toro. Pochi giorni fa c'è stata la commemorazione di Superga: un qualcosa di unico, ogni 4 maggio non posso non condividere un pensiero al Grande Torino".
Lei ha vissuto anni davvero di alti e bassi in seno alla società?"Beh, ho avuto tre diverse proprietà nei miei anni in granata: Calleri, la triade di Genova e infine Cimminelli. Non ho incontrato stabilità societaria e nessuno ha potuto costruire qualcosa di duraturo. Oggi la stabilità c'è, anche se leggo e sento di grandi contestazioni nei confronti di Cairo. Non mi esprimo perché non conosco a fondo le cose. Una cosa oggettiva va riconosciuta a Cairo: ha riportato il Torino in pianta stabile in Serie A. Nel calcio d'oggi bisogna far quadrare i conti, altrimenti si rischia molto. Da lontano apprezzo molto questa attenzione".
Però, non è mai stato fatto un definitivo salto di qualità."Sì, e me ne dispiace. Credo che quest'anno il Torino abbia dimostrato una collettività importante. L'assenza di Zapata è stata pesante sotto tutti i livelli. Vanoli ha fatto un buon lavoro, ha dimostrato di avere un piglio importante sulla squadra. Da alcune settimane il Torino gioca senza motivazioni dettate dalla classifica ed è normale che si pensa già alla prossima stagione. Queste ultime partite possono diventare un po' noiose. Domenica il Lecce sarà certamente più motivato".
Tra l'altro anche il Lecce è una sua ex squadra. "Sì, andai in prestito dalla Roma. Mi mandarono per farmi le ossa. Eravamo tanti giovani insieme ad alcuni giocatori esperti che vennero rivitalizzati. Eravamo allenati da un ex granata come Bruno Bolchi e vincemmo a sopresa quel campionato".
Bolchi ha lasciato certamente un segno nel nostro calcio. Che uomo ricorda?"Lo ricordo con grandissimo affetto. Mi era riavvicinato a lui negli anni della pandemia da Covid-19. Bruno fu un allenatore di quei tempi, era come un papà. Aveva una grande qualità: saper fare gruppo nell'immediato, si fece ben volere e creò un'empatia particolare. Se l'allenatore è credibile, i giocatori fanno una corsa in più in campo. Bruno poteva apparire un po' burbero, ma ti faceva stare bene".
Nel suo passato granata anche la partecipazione all'Intertoto. "Peccato aver perso quel maledetto ritorno con il Villareal. Il fascino dell'Europa è qualcosa di particolare e capisco il desiderio dei tifosi di poter rivivere notti come quelle con Mondonico tra Real Madrid e Ajax. L'ambizione non deve mai mancare, nemmeno a livello societario".
Il tuo commento verrà moderato a breve.
Puoi votare una sola volta un commento e non puoi votare i tuoi commenti.