Papà mi racconti la storia degli Invincibili, prima di addormentarmi?- No bimbetta mia… stasera non ne ho voglia… - risponde l’uomo, sorpreso e un po’ imbarazzato dalla sua risposta.- Come mai? E’ la tua preferita! Me l’hai già raccontata tante volte…AppuntoL’uomo si ferma a riflettere.“Appunto” è l’unica parola che gli è venuta in mente, trattenuta a stento.Gli dispiace. Ma da qualche tempo il suo atteggiamento si è modificato, a malincuore. Meglio frenare le parole, con la piccolina.- E se ti raccontassi un’altra storia?- Ma… parla degli Invincibili?- Parla di una sera come questa. La notte tra il tre ed il quattro maggio, ti va di ascoltarla?- Solo stavolta però! Dopo però mi racconti quella degli Invincibili?- Certo, certo… – dice l’uomo mentre rimbocca le coperte alla bambina – Ora ascolta: C’erano una volta, tanto tempo fa, due amici…
mondo granata
La collina non c’è più
C’erano una volta, tanto tempo fa, due amici, due grandi amici.Non erano più giovani, anzi, da due decenni si erano ritrovati sullo scivolo velocissimo degli “anta”, sorprendendosi dei cambiamenti che lo specchio regalava con inesorabilità beffarda.Loro, per i quali i vent’anni erano stati l’altro giorno, non quarant’anni prima.Uno dei due era chiamato il Filosofo, per via della passione per libri che non era mai riuscito a comprendere fino in fondo. L’altro era per tutti gli abitanti della zona il Barista, per aver gestito a lungo la torrefazione dei genitori, ormai chiusa da tempo.Si erano rincontrati da poco, dopo che il Filosofo era tornato mestamente dall’Est Europa, dove aveva inseguito una donna di trent’anni più giovane, che gli aveva fatto perdere la testa.E tanto denaro.La casualità della vita li aveva fatti tornare a vivere nella stessa piazzetta a mezzaluna, quella con i giardinetti con la sabbia, che li aveva visti fantasticare un attimo di vita prima, tanto breve, tanto lungo.- Sai… mi sono reso conto di essere diventato “un altro”, in un momento ben preciso – stava spiegando il Filosofo in una sera di maggio - Avevano appena finito di fare l’amore… Lei era lì di fronte allo specchio, ed era… perfetta. Mi sono avvicinato per abbracciarla e… sai cosa mi sarei aspettato? Che arrivasse un giovane ad abbracciarla. Invece… invece nello specchio è comparso un… un uomo quasi vecchio… In quel momento ho capito che il tempo era passato.- Ti manca molto?- No, neanche un po’. Mi manca la sensazione di sentirmi pieno di possibilità. E poi… mi manca la sincerità con cui mi guardava una ragazza quando ero giovane, quello sì. I due uomini camminarono lungo la piazzetta, in direzione delle panchine e dei giochi per bambini, con altalene e bunker di sabbia.- Vedi ancora tuo figlio? – domandò il Filosofo?L’altro scalciò una bottiglia mignon di cognac. Il vetro fece “tonf” stancamente, rotolando giù dal marciapiede.- Cerco di stargli vicino… Adesso ci vediamo con continuità. Vorrei poterlo aiutare… Ha un mutuo e vive soltanto sulla carta di credito del mese seguente. Altro che arrivare a fine mese. Sono cambiati i tempi, amico mio. Noi abbiamo avuto la fortuna di vivere a cavallo di anni di benessere. Loro… no. Loro ormai vivono alla giornata sperando che non capiti nulla… Qualsiasi imprevisto diventa insormontabile. E sai una cosa? Lui neanche se ne accorge! La televisione gli dice che tutto va bene e lui ci crede… Lo so, sono storie già sentite e ripetute, è sempre la stessa musica. E’ quasi imbarazzante continuare a ripeterle…Proseguirono a camminare nel silenzio. La serata era spazzata da una piacevole brezza, che ripuliva l’umidità stagnante delle ultime settimane. - Saliamo, domani? E’ il 4 maggio… - chiese il Barista.- Non so… tu cosa vuoi fare? – rispose il Filosofo – A che ora è la… la funzione?- Non ne hai voglia?- No… non è quello… E’… è che… è…Il Barista vide l’amico fermarsi e fissare qualcosa in lontananza.- Che hai? Cosa ti è preso?L’amico stava guardando in direzione della via che saliva verso la collina, dalla quale solitamente si intravedeva la Basilica. Aveva occhi sbarrati.- Oh mio Dio… - mormorò.
LA COLLINA NON C’E’ PIU’! – titolava a nove colonne il giornale, uscito in edizione straordinaria durante la mattinata del 4 maggio, ancora pieno di notizie confuse che si mischiavano ad una grottesca incredulità.La foto della prima pagina rappresentava uno sconcertante spazio vuoto che non presentava punti di riferimento.Nessuno, neanche le persone che avevano vissuto sulla loro pelle cambiamenti improvvisi e drammatici, riusciva a scendere a patti con una realtà tanto allucinante e irragionevole.La collina di Superga era scomparsa.Non c’era più, spaventoso concetto che si reggeva sulle sue quattro laconiche parole.Al suo posto ora esisteva una sequenza ininterrotta di distese erbose pianeggianti, che si estendevano verso Est, passando in mezzo alla schiera delle colline.Non esistevano spiegazioni, non c’erano stati eventi naturali o terremoti che avessero strappato centinaia di milioni di metri cubi di terra alla loro sede naturale.Le prime notizie erano state frammentarie e confuse, poi era stato un andirivieni di mezzi di soccorso, forze dell’ordine, autorità, elicotteri e soprattutto furgoni televisivi, che si erano allineati lungo la strada, dalla quale sino a poche ore prima si era dipartita la carrozzabile per il colle.In mezzo a scene di panico isterico, due cose erano apparse subito chiare:Il fatto era avvenuto alla mezzanotte precisa, tra il tre ed il quattro maggio.Molti testimoni affermavano di aver avuto gli occhi puntati sulla collina in quel momento ed averla vista scomparire in un botto, pensando di essere rimasti vittima di un’illusione ottica.La seconda cosa era stata l’assenza di vittime o dispersi.Un fato chirurgico aveva fatto in modo che le centinaia di persone che abitavano sulla collina, si trovassero tutte fuori casa per i motivi più svariati e differenti.Fu immediatamente istituito un comitato di crisi e le autorità dichiararono di “trovarsi di fronte ad un fatto inspiegabile di portata epocale”, per il quale però “approfondite indagini erano già in corso”.
- Ci troviamo di fronte alla strada di fronte alla quale circa 24 ore fa…La giornalista del Tg satellitare scandiva la notizia come se avesse avuto una paresi o stesse parlando a dei duri di comprendonio, illuminata dal riverbero tonante dei fari TV.- Sono tutte uguali – disse il Barista, mentre sbucciava arachidi sulla panchina di fianco al bunker, gettando i gusci poco distante dalla sabbia – Farebbero venire l’ansia a un santo. Scandiscono le parole senza prendere fiato, come se avessero una bomba legata al sedere che sta per scoppiare… La brezza, senza più la collina, era aumentata ma piacevole.I due amici trascorsero un tempo imprecisato sulle panchine, di fronte a quel vuoto, guardando le fotoelettriche illuminare a giorno la zona, i furgoni delle tv spostarsi per cercare di ottenere il posto migliore, i fari degli elicotteri illuminare con coni di luce la distesa erbosa, alla ricerca di non si sa bene che cosa.- Sono stati loro… - disse il Filosofo, dopo un po’.- Chi? Di chi parli?Il filosofo sospirò – I ragazzi di Superga… se ne sono andati.- Sì... c’era anche la chiesa con la lapide, ma…- No, non hai capito – disse aspramente portandosi alle labbra un cognachino e facendo una smorfia per il sapore aspro – Sono stati loro che hanno deciso di andarsene. Questa volta… lo hanno fatto.Il Barista lo guardò incredulo, anche se le 24 ore precedenti avevano cambiato il corso della logica.- Andati? Loro? E cosa sono andati a fare?- Boh, forse sono andati a fare un giro per capire come è cambiato il mondo… - sorrise il Filosofo, alzandosi - In molti aspettano che la collina ricompaia a mezzanotte… - aggiunse – Io invece temo che… che non ricomparirà più…Si allontanò per andare a dormire, ma a metà del tragitto si voltò in direzione dell’amico.- Forse quella basilica faceva troppa ombra, amico mio… - disse tristemente.
Nei giorni seguenti la sparizione della collina, si scatenò un autentico putiferio per poter addossare le responsabilità dell’accaduto.In molti affermarono che “un vento simile” avrebbe dovuto essere stato previsto da geologi, sismologi o finanche metereologi.Altri invece se la presero con l’inquinamento, colpevole di scatenare episodi sempre più inspiegabili, che a lungo andare avrebbero finito col distruggere l’Uomo.Altri ancora se la presero con i miscredenti, con la mancanza di Fede e col paganesimo crescente e travestito sotto varie spoglie.Ci fu chi riuscì a metterla sul politico, chi dichiarò di aver visto che una collina simile aveva fatto la sua comparsa in Sud America e chi si scagliò contro i dietrologi e complottasti, che vedevano nella sparizione della collina un complotto ordito dalla massoneria, chi se la prese con gli astrologi, chi col vicino di casa.Si assistette a risse televisive a correnti di pensiero che si affrontarono sul terreno dell’odio.Anche i tifosi del Toro si divisero, su chi avesse avuto la responsabilità della sparizione.Volarono insulti, parole grosse, per la frustrazione del non potere avere un capro espiatorio ben definito.
- Vuoi sapere cosa penso? Penso che si siano stufati. Penso… che li abbiamo stufati – disse il Filosofo.Le notti nel giardino si erano fatte più calde e altre persone avevano incominciato a trascorrere le ore serali guardando i propri bambini dondolarsi sulle altalene, o correre cercando di acciuffarsi l’un l’altro.- Perché dici questo? – il Barista teneva gli occhi fissi sul varco innaturale, gustando ancora una volta le sue inseparabili arachidi.- Non lo so perché… - disse il filosofo – Non lo so proprio…. – si fermò un istante prima di proseguire. Poi guardò l’amico fisso negli occhi – Stammi a sentire! Tu credi che quei ragazzi volessero essere degli eroi? Che qualcuno di loro avesse chiesto o sperato di morire? Io credo di no… erano ragazzi così come lo siamo stati noi e tutti loro avrebbero voluto evitare quel muro…. Il loro è stato un sacrificio. Siamo stati noi a vederne un simbolo. La catarsi dell’essere distrutti per poi risollevarsi. Siamo stati noi a farne degli dei, non loro a volerlo essere. Loro… erano dei ragazzi che avrebbero voluto continuare a vivere…Il Barista china il capo. Passa lo sguardo distratto sui gusci che ha lanciato per terra.- Poi gli anni sono passati… Forse abbiamo perso di vista il presente. O forse, non avendolo, ci siamo rivolti di continuo a loro. Il confrontarsi con un passato così mitico non ha fatto altro che aumentare l’ombra proiettata sul presente. Abbiamo parlato di loro come se quello fosse stato il nostro unico presente, e abbiamo ripetuto le frasi su di loro fino a svuotarle….Un bambino passò di corsa accanto a loro. - Vedi… - proseguì il Filosofo mentre si chinava a raccogliere un guscio di arachide per giocherellarci con le dita – il significato era il dolore, la consapevolezza, la perdita… non la retorica. L’ombra di Superga alla fine è diventato un termine di paragone troppo grande, sempre più imbarazzante… Chi può competere con gli dei? Chi è in grado di non esserne schiacciato? Il Filosofo protrae quell’attimo di silenzio involontariamente.- No, amico mio – prosegue - Forse avremmo dovuto lasciarli andare… non trattenerli. Pensaci… io e te abbiamo 60 anni, ma loro se ne erano già andati quando noi siamo nati. In tutti questi anni non è stata tanto la loro storia, quanto la nostra, e di chi è invecchiato di fronte a quella lapide. Loro non volevano essere dei. Quante volte in questi anni siamo saliti da loro per supplicare o per chiedere cose che non potevano fare? E poi… cosa era diventata Superga? Un luogo dove prendere a schiaffi un giocatore? O un luogo dove alcuni sono più meritevoli di altri di salire? Alla fine credo che anche loro si siano stufati di tutto questo… E’ come se ci avessero detto – Ora arrangiatevi…Passarono minuti, lunghissimi minuti di voci lontane, di auto che andavano, di curiosi che si soffermavano sul limitare della zona cintata, di clacson e sterei ad alto volume, di gente che litigava…- Non ti mancano? – chiese il Barista.- Certo che mi mancano – risponde il Filosofo - Mi manca il loro tempo, Quello di cui loro sono stati testimoni. Mi manca l’odore di caffé tostato delle torrefazioni come era la tua…i cerea agli angoli delle strade… Guardati attorno… non c’è neanche più la loro città – disse battendo una mano sulla spalla dell’amico – Lo credo bene che se ne sono andati… - sorrise prima di avviarsi verso casa.
La zona venne recintata, furono eseguiti dei rilievi.A mano a mano la storia della collina che si era dissolta fece il giro del mondo.Fino a quando non ci fu più nulla da dire.La collina, con la basilica e con la lapide, non era più ricomparsa.Una sera Il Barista ed il Filosofo stavano goffamente giocando a calcio con una lattina all’interno dei giardinetti della piazzetta a mezzaluna.I veicoli delle televisioni tutti attorno, si aggiravano spersi, non sapendo più bene quale storia raccontare e le loro parabole erano diventate ombrelloni di una spiaggia senza mare.- Il quarto d’ora granata… cos’era secondo te? – domandò il Filosofo, sogghignando.- Ma… non so... erano quei minuti nei quali la squadra partiva come un turbine e…- No, no, no… lo so bene, conosco la storia. Intendevo “qual’era il significato” di quel gesto…?- Bè… rabbia forse… voglia di rivalsa… orgoglio? Mi sbaglio?Il Filosofo aveva un mezzo sorriso beffardo dipinto sul volto.- Sai cosa penso? Non era quello. Era ciò che capitava prima. Ricordi Mazzola che si rimboccava le maniche?- Certo che me…- Era quello. Era prendere coscienza della difficoltà e partire tutti, senza chiacchiere inutili, verso l’obbiettivo. Era prendere coscienza della propria realtà. Loro quando perdevano non dicevano “Noi siamo il Toro!”, come se tutto fosse dovuto. Loro agivano… per tornare ad esserlo, capisci? Si meritavano di esserlo. Erano quelle maniche rimboccate a farti del Toro, non aspettare di tornare ad esserlo per miracolo divino… - il Filosofo si fermò a guardare il luogo dove una volta c’era il colle.- Forse… forse per questo li abbiamo delusi… -.Il Barista continuò a pensare alle parole dette dall’amico, mentre si avvicinavano al bunker di sabbia, il vuoto che incombeva su di loro.- Sei proprio un chiacchierone, sai? – disse porgendogli un’arachide.L’altro sorrise e qualcosa luccicò in fondo ai suoi occhi.- Tu cosa faresti per ricostruire una collina che non c’è più?- La rifarei… partendo dal basso!Il Filosofo si mise a ridere, rimboccandosi le mani, seguito a ruota dal Barista.Come due bambini si tuffarono nel bunker di sabbia, rastrellandola con le mani per fare un piccolo mucchio, e lentamente farlo crescere come una montagnola.- Abbiamo più di un quarto d’ora, però, vero?I due amici risero nella sabbia.
- Papà – chiede la bimba con occhini interrogativi – Ma… non capisco… alla fine quei ragazzi sono tornati? La collina è poi tornata al suo posto?- Dormi adesso… - il padre le sorride dolcemente - Questa è un’altra storia…, se fai la brava domani sera te la racconto…Poi dà un bacio alla sua piccola.Le rimbocca le coperte e, mentre tira le tende, getta un’occhiata nel buio oltre la finestra.I due uomini sono lì nella piazzetta a mezzaluna, con le mani nella sabbia. Mauro Saglietti
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