mondo granata

San Valentino

di Angelo Scalia

Il silenzio della sera fu squarciato dallo stridore delle gomme sull'asfalto. Da due grossi SUV scuri uscirono una decina di uomini armati di kalashnikov che si diressero...

Redazione Toro News

"di Angelo Scalia

"Il silenzio della sera fu squarciato dallo stridore delle gomme sull'asfalto. Da due grossi SUV scuri uscirono una decina di uomini armati di kalashnikov che si diressero con una calma innaturale verso l'ingresso del lussuoso ristorante. L'addetta al guardaroba fece appena in tempo a gettarsi a terra dietro il bancone non prima di aver incrociato per un attimo lo sguardo con il bandito che era entrato per primo; il volto sembrava sorridesse ma il gelo che emanava dal suo sguardo faceva capire che quella era solo una strana piega delle sue labbra. Il terrore si impossessò del suo corpo e sentì uno strano calore tra le gambe nello stesso momento in cui il crepitio secco ed assordante delle armi si univa alle urla dei clienti che affollavano la sala alle sue spalle.Quando rinvenne e cominciò a riprendere possesso dei suoi sensi, la prima cosa che riuscì a percepire fu l'acre odore del fumo delle armi che ancora invadeva il locale. Poi percepì le forme dei mobili intorno che venivano illuminati ad intermittenza dalla luce azzurrognola delle volanti che nel frattempo avevano raggiunto il luogo del delitto.

"Quella mattina, come tutte le domeniche in cui avrebbe seguito il Toro allo stadio, Alessandro aveva consumato in fretta la sua colazione e si apprestava a compiere il “rito della vestizione da partita” come lui stesso lo aveva definito.Si era svegliato decisamente in anticipo e decise che questa volta lo avrebbe compiuto ancora più lentamente del solito. Si chiuse nella camera che divideva con la sorella Elisabetta e, con un'attenzione maniacale ai particolari, tirò fuori dall'armadio tutti i capi e gli accessori soffermandosi su un ricordo, possibilmente positivo, che ognuno di essi evocava. Non fu una grossa fatica per la maglia acquistata in occasione del ritorno della finale play-off disputata contro il Mantova e che aveva sancito la promozione in serie A. Già, quello era stato il campionato delle contraddizioni: dal disastro al miracolo, dall'inferno del fallimento al paradiso della promozione, dalla morte alla risurrezione in perfetto stile granata. Ma dopo quell'11 giugno 2006 solo sofferenze, promozioni strappate all'ultimo (o penultimo) minuto, sconfitte pesanti e umiliazioni a ripetizione. Tutto si stava tristemente ripetendo anche in questo campionato ed Alessandro provava la strana sensazione di assistere ad un film già visto ma con un finale che questa volta non lasciava spazio a speranze o false illusioni. In più quest'anno era scoppiato l'ennesimo bubbone di un fantomatico milionario pronto ad investire una cifra cospicua per rilevare la società, condito con il solito contorno di promesse di campioni in arrivo, Champions League in tre anni e, tanto per non farsi mancare nulla, stadio di proprietà. Il nuovo patron sarebbe uscito allo scoperto solo dopo dopo aver ricevuto un'importante eredità e l'appuntamento era stato fissato nei giorni seguenti il 14 febbraio. Nel frattempo il continuo stillicidio di notizie e successive smentite non aveva ottenuto altro che dei risultati disastrosi: la tifoseria era spaccata tra chi sperava e chi pensava all'ennesima bufala, la società aveva imposto il silenzio stampa e allenamenti a porte chiuse, e, per quanto difficile da credere, l'andamento della squadra continuava a peggiorare sempre più.La domenica precedente il Toro era comunque riuscito a strappare una preziosissima vittoria in casa contro il Chievo e si trovava solo ad un punto dalla salvezza, ma come al solito si era presto diffusa la paura che fosse l'ennesimo fuoco di paglia e che anche questa volta non ci sarebbe stata la necessaria continuità. In effetti la trasferta a Roma contro la Lazio, che ormai stazionava stabilmente a ridosso della zona Uefa, non era delle più facili ma ormai nessuno si azzardava a fare pronostici.

"Se in quel momento un tram avesse investito Alessandro frontalmente gli avrebbe fatto sicuramente meno male. Le immagini intorno a lui si stavano sbiadendo, la voce di Attilio gli giungeva sempre più lontana ed ovattata, un vortice lo aveva avvolto provocandogli una nausea tanto forte che pensò stesse per vomitare. Non poteva essere, no, era impossibile che proprio Moggio stesse per diventare il proprietario del suo Torino. È vero, aveva già ricoperto un ruolo di vertice in società negli anni passati ma poi si era trasferito all'altra squadra della città ed aveva costruito un impero economico basato sulla corruzione degli arbitri e sullo sfruttamento delle procure dei giocatori a danno dello sport onesto e leale. Tutto questo negli anni aveva permesso alla sua squadra di vincere innumerevoli campionati, chiaramente falsati, fino a far scoppiare il caso calciopoli, caso per cui proprio qualche giorno prima era stato condannato insieme al figlio. Naturalmente l'accusa iniziale di associazione a delinquere aveva poi prodotto la condanna per il ben più lieve reato di minacce private ad 1 anno e 6 mesi per lui ed 1 anno e 2 mesi per il figlio: condanne che non avrebbero portato in carcere nessuno per via dell'indulto. Questa finta condanna non aveva tuttavia accontentato l'ex capo burattinaio del calcio che si era permesso di definire la sentenza una vergogna e che sicuramente sarebbe riuscito a far annullare la condanna in appello.Alessandro stava pensando a tutti gli striscioni contro Moggio – e la squadra per cui operava – che la tifoseria granata, e quella di tutte le altre squadre italiane, aveva esposto al mondo intero: adesso come avrebbero potuto professarsi diversi perché non omologati al sistema e quindi migliori? Come avrebbero potuto innalzare la bandiera granata sapendo che poteva essere macchiata della stessa sporcizia che aveva lordato altre sponde? No … non può essere … non …

"Il lunedì tutti i tifosi granata che poterono si ritrovarono sotto le finestre dell'ospedale dove era ricoverato Moggio jr. con un unico enorme striscione che recitava “GIU' LE MANI DAL TORO!” e parecchi si aspettavano lunghe giornate di manifestazioni ed altrettanto lunghe nottate insonni, ma anche questa volta, come già avevano fatto nell'agosto del 2005 avrebbero fatto tutto quanto possibile e forse anche qualcosa in più per evitare la morte del Toro.

"Gli organi di informazione, come al solito, strumentalizzarono questo atteggiamento dei tifosi accusandoli di non essere mai contenti e di lamentarsi di tutto e di tutti a prescindere. Il commento più ricorrente e diffuso nell'opinione pubblica era: “ma come ora che finalmente potete avere un proprietario ricco e che vi può far tornare in alto vi lamentate?”. Questo dimostrava per l'ennesima volta che nessuno riusciva a capire la vera essenza dell'essere granata ma ormai non c'era quasi più nemmeno la voglia di spiegarla.

"Inutile dire che gli eventi ben presto volsero drammaticamente ed inevitabilmente al peggio: esonerato l'allenatore e ingaggiato un semi-sconosciuto proveniente dalle giovanili dell'altra squadra cittadina, ceduti i migliori giocatori o per lo meno quelli con un minimo valore di mercato, integrata la rosa con alcuni elementi a fine carriera, la squadra non fece più nemmeno un punto concludendo il campionato all'ultimo posto con l'inevitabile retrocessione. Durante le innumerevoli manifestazioni che la tifoseria aveva organizzato si erano purtroppo verificati degli incidenti, alcuni tifosi erano rimasti feriti ed altri denunciati anche se le provocazioni erano sempre partite da sconosciuti infiltrati tra i manifestanti. Nuovamente l'incubo del fallimento aleggiava dalle parti di Via Arcivescovado dove, nella stessa serata dell'ultima partita di campionato, aveva fatto irruzione la Guardia di Finanza per sequestrare tutti i documenti contabili: il sospetto era di evasione di imposte e falso in bilancio.

"Ma al peggio non c'è mai limite e qualche giorno dopo giunse l'inaspettato arresto del nuovo patron Alessio Moggio. Le indagini sulla sparatoria di San Valentino lo avevano indicato come il mandante della strage organizzata per eliminare i capi delle organizzazioni criminali del nord particolarmente attive nel settore degli appalti di grandi opere.La svolta decisiva alle indagini era stata data dall'unica testimone oculare dell'eccidio. Valentina, addetta al guardaroba del ristorante, inizialmente non aveva raccontato agli inquirenti di aver visto in volto uno dei sicari per il terrore che provava già solo nel ricordare quel viso. Con il passare del tempo la paura aveva lasciato spazio ad un senso di fastidio, quasi di colpa, come se il non aver rivelato quel particolare la rendesse complice degli assassini.Quello era l'indizio di cui l'ispettore Geraci aveva bisogno. Le indagini sullo “Sfregiato” – questo era il soprannome con cui era conosciuto il sicario – avevano portato gli inquirenti a scoprire la verità sul mandante di quella efferata sparatoria.L'uccisione del padre era stato un imprevisto ma alla fine Moggio jr., oltre ad essere divenuto il capo della cupola, aveva tratto vantaggio anche da questo tragico evento entrando in possesso di tutte le somme accumulate dal padre in tanti anni di disonesta carriera.

"Ogni riferimento a fatti e personaggi – eccetto Al Capone e la strage di San Valentino del 1929 – è puramente casuale. Ma se qualcuno di voi ha notato delle strane somiglianze con personaggi esistenti … beh forse non ha proprio sbagliato del tutto.

"Un'ultima considerazione personale e un appello a tifosi, giocatori e dirigenti del Toro: lasciamo perdere le sirene, evitiamo di farci del male da soli e concentriamoci sul duro lavoro. Solo con sudore e sacrificio si può tentare di ottenere dei risultati utili per invertire la rotta. Ma questo parecchi di noi tifosi già lo sanno.