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Toro: Pietro Buscaglia, il goleador di Vigevano

Vej Turin / Quei matti anni '30...

Redazione Toro News

"Se si pensa a un giocatore con il fiuto per il gol, nel Torino degli anni '30, il primo nome a venire in mente è quello di Pietro Buscaglia. Classe 1911, vestì la maglia granata dal 1934 al 1938, segnando 35 gol in 80 presenze. Certo, per gli almanacchi dei goleador un ruolino di marcia simile impallidisce in confronto a quello di giocatori leggendari (Libonatti, per dirne uno) ma va detto che Buscaglia era innanzitutto una mezz'ala, un interno di centrocampo con il vizio del gol. Ne segnò addirittura sei, in una memorabile partita di coppa Italia (era Torino Catania, l'anno in cui i granata si aggiudicarono il trofeo). Nato a Torino “casualmente”: i genitori di Buscaglia si erano spostati per lavoro dalla natia Vigevano, elegante perla rinascimentale dispersa nei campi della padana. E a Vigevano la famiglia tornò presto, se è vero che Pietro iniziò a tirare i primi calci a un pallone da bambino, sul sagrato della chiesa di San Carlo. Ricordato ancora oggi come il più forte calciatore vigevanese di tutti i tempi, i suoi concittadini decisero di intitolargli una via (va detto: in una zona non propriamente centrale) per ricordarne il nome fino ai giorni nostri.Fu difendendo i colori biancazzurri della propria città che Buscaglia esordì nel calcio che conta: l'interno giocò da protagonista la prima annata in Serie B dei vigevanesi (correva la stagione calcistica 1931-32) con 21 presenze e 14 gol. Una stagione che gli valse il plauso di molti addetti ai lavori, ma non lo salvò dall'immancabile cartolina che lo invitava a presentarsi davanti al consiglio di leva. Come ricordò in seguito Ezio Sartoris, Buscaglia venne inizialmente invitato ad unirsi ai bersaglieri di stanza a Zara, salvo poi – contrordine – assegnarlo alla Farnesina di Roma. Questo cambio di destinazione fu decisivo per la carriera di Buscaglia: a Roma, infatti, venne notato e aggregato a un'altra squadra biancoceleste, la Lazio, con cui il giovane vigevanese esordì in Serie A il 9 ottobre 1932, a Bari.Subito dopo il Mondiale 1934 il mercato lo riporta a Torino e in maglia granata Buscaglia alzerà una coppa Italia nel 1936, mentre l'anno successivo vestirà la maglia azzurra, per la prima e unica volta nella sua carriera. Era il 26 aprile 1937 e Buscaglia cercò di onorare la maglia azzurra tentando più volte la via del gol, ma inutilmente. Pozzo ricordò l'emozione dell'esordiente granata, che per il primo quarto d'ora si sentì come se “tutto gli stesse girando attorno”, mentre per il resto della gara espresse una buona intesa con Meazza.Nelle stagioni al Toro, il ragazzo di Vigevano visse partite memorabili: il 27 dicembre 1936, per esempio, i granata distrussero il Bari per 6-1. I galletti non erano certamente un avversario da poco (quell'anno riuscirono a imporre il pareggio a tutte le squadre di vertice) ma la forza atletica e il gioco arrembante del Torino riuscì a scardinare l'impianto difensivo barese. Buscaglia segnò ben quattro reti, rispondendo così a chi nei giorni precedenti lo aveva definito svogliato e incostante, mentre le altre due furono segnate dall'altra mezz'ala, Baldi. Dato importante questo, che ci mostra le mezz'ali granata in grado di dialogare fluidamente con la punta-boa, rendendo lo schieramento offensivo a W perfettamente funzionante e letale. E da buona mezz'ala con il vizio del gol Buscaglia, anche contro i galletti, mostra un repertorio molto vario: dai gol “di rapina” al tiro preicso, dalla capacità di inserimento alla buona coordinazione. È proprio la bravura negli inserimenti, la capacità di farsi trovare esattamente dove il pallone andrà a cadere – o sarà respinto – che permetterà a Buscaglia di segnare molte delle sue reti, nonché a comprovare l'intelligenza tattica della mezz'ala. La sera di quel 27 dicembre 1936 con un bottino di quattro gol il vigevanese riuscì a piazzarsi momentaneamente al primo posto della classifica cannonieri, con undici reti, lasciando al secondo gradino un mostro sacro come Piola e al terzo lo juventino Gabetto. Una classifica che il granata non riuscì però a dominare fino alla fine: i bomber di professione lo superarono lasciandolo – più che onorevolmente – al terzo posto con un bottino personale di 17 gol, di cui uno su rigore. Il capocannoniere della stagione 1936-37 fu Silvio Piola, dall'alto delle sue 21 reti, mentre secondo si posizionò Gabetto con 18 (una sola rete in più di Buscaglia). Spesso protagonista delle vignette umoristiche sui giornali d'epoca (nel dicembre del 1936 un suo tocco di gomito, non sanzionato dall'arbitro, venne illustrato come “metodo Buscaglia”), l'interno granata salutò il popolo del Filadelfia nella primavera del 1938. Il 13 maggio La Stampa diede notizia dell'accordo tra Torino e Milan: 180.000 lire per il trasferimento di Buscaglia nel capoluogo lombardo. Lì la mezz'ala rimase fino al 1941, per poi concludere la carriera, finita la guerra, nell'amata Vigevano dove morì nel luglio 1997.Una curiosità: Pietro Buscaglia aveva un omonimo in Serie A: Carlo Buscaglia, di Balocco, che dopo aver esordito nel Casale giocò dieci anni nel Napoli e chiuse la carriera nella Juventus. Nel 1957, molti anni dopo aver appeso – entrambi – le scarpe al chiodo, Carlo vinse la schedina (10 milioni e mezzo di lire) con un “sistemone”. I giornalisti, accorsi nel suo bar di via Vanchiglia angolo corso San Maurizio, ricordarono i due Buscaglia come un solo giocatore, attribuendogli un'inedita carriera nelle due squadre torinesi.