di Fabiola Luciani
toro
E adesso… rivolta!!
di Fabiola Luciani
Sta sempre più in alto il lupo e qui la favola c’entra poco.
Guardando verso il basso non ci sono solo agnelli, ma poco importa perché...
"Sta sempre più in alto il lupo e qui la favola c’entra poco.Guardando verso il basso non ci sono solo agnelli, ma poco importa perché agnelli o no, il lupo cerca di confondere tutti, maestro di logica perversa che pone come vero il falso e da lì, frega chi può.Però il calcio non fu dei lupi fin dall’inizio. Per un tempo che ora sembra un lampo perduto nella leggenda, ma durante il quale in realtà si consumarono vite e cambiò il mondo, il calcio vide prevalere chi meglio riusciva a coltivare i valori delle gambe, del cuore e della testa. Fu quello il tempo del coraggio e della fatica, dell’esaltazione e del sacrificio, della gloria che nasceva dal fango per sopravvivere nelle generazioni. Fu anche il tempo che separò chi c’era da chi non c’era e separa oggi impietosamente chi custodisce l’antico fuoco da chi, non avendo altre memorie, riconosce solo la legge dei lupi.Quello del lupo è un verdetto che non ammette confutazione e sotto il tallone di questa logica perversa, il Toro da troppo tempo ha dovuto cedere. Di volta in volta il lupo ha preso le più diverse sembianze, fino a quelle che oggi facciamo perfino fatica a scoprire.Sta sempre più in alto il lupo e, come nella favola, pretende di dimostrare alla vittima la bontà delle proprie ragioni e il suo buon diritto a farsi giustizia.L’agnello non ha scampo, come apparentemente non ce lo ha il Toro: la legge è scritta ma la sua applicazione è discrezionale e affidata a chi ha interessi vitali ma spesso illegali da difendere. Lontano, perduto nella nebbia di un tempo quasi immemorabile, il calcio delle origini sembra non aver più nulla da dire a quello attuale e la nostalgia che proviamo per quel calcio che non c’è più è solo uno sterile lamento che non porta da nessuna parte; diverso è invece non dimenticare i valori che fin dalle origini hanno dato e danno al calcio il suo fascino, diverso è farne la bandiera di una rivolta per riequilibrare i fattori che determinano se non la vittoria almeno la sua probabilità.Rivolta? Questa parola sfuggita alla tastiera è insieme logora e nuova, ma qui da dove arriva?Torino, nel tempo lontano che non ritorna, ha dato molto al calcio italiano. Il fango del suo vecchio Fila intriso dalla pioggia improvvisa, il gelo della tramontana di cristallo nella luce del sole che tramonta, promessa di primavera, l’amore inaspettato e fedele, trasversale alla città e affidato ai figli, ai figli dei figli e via attraverso le generazioni fino agli attuali custodi del fuoco antico.Il caso ( sarà solo il caso? ) ha voluto che quando poi è arrivato il tempo dei lupi, le bandiere granata si siano sempre levate in alto a dispetto loro e delle regole da loro di volta in volta imposte. Dopo che altri avevano perduto la purezza delle origini ed altri ancora si erano affollati al proscenio perfino orgogliosi della propria ignoranza del passato, tutti comunque indulgenti verso qualunque prevaricazione purché utile a vincere. Dopo che ciò era accaduto e quando l’esito sembrava irreparabile, questa tradizione ormai quasi un vezzo da compatire, è stata capace di far crescere centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi di almeno tre generazioni a tifare Toro, fieri e convinti a non mollare mai.Questo è successo al Toro, squadra di Torino, città di lavoro e di rivolta. Rivolta? Che questa parola sia sfuggita dalla favola che non sappiamo ( o che non vogliamo ) raccontare? La favola dimenticata dove l’agnello fa fuori il lupo?Sta sempre più in alto il lupo, la favola si avvera nella prospettiva malata di chi vive la propria buona fede come una condanna.Ma la realtà non è del tutto fedele alla favola. Forza e debolezza non sono affatto doni irrevocabili del destino, a volte la malvagità può rendere imprudente il lupo e la sua ingiusta e l’intollerabile falsificazione può trasformare a sua volta l’agnello in un ribelle vendicatore.Forse la luna sorrise ai ragazzi che in quel dicembre del 1906 a tarda notte si salutavano, probabilmente inconsapevoli di avere appena offerto un sogno al futuro e chi oggi di quel sogno è l’erede ha il sacrosanto diritto di credere che sia andata così, non per concedersi ad una consunta retorica, bensì per riassumere in un’immagine la concreta forza di un’origine unica e diversa. Ma, accanto all’orgoglio, quest’unicità di origine e questa diversità oggi impongono anche l’umiltà di riconoscere che prima di pretendere onori, c’è l’onere di un difficile dovere da compiere.Quello che oggi accade al Toro, quali che siano i fatti e quali che possano essere le decisioni del lupo, è solo la “punta dell’iceberg” di un calcio malato specchio di un’Italia devastata e tutti lo sanno, ma tacciono. La dismisura con cui hanno sentenziato i loro verdetti a senso unico dopo la rissa del dopopartita e i due pesi e due misure a poche settimane di distanza con cui hanno stabilito alla prima la partita a porte chiuse e alla seconda un misera multa di poco conto, i palesi errori madornali nel motivare alcuni verdetti, possono essere visti come il macigno che si abbatte su oltre un secolo di storia e ne diventa la pietra tombale.Questo è certo lo scenario coltivato con malizia da esecutori e mandanti, ma la sua enormità rivela la loro imprudenza e forse sarà la scintilla di una rivolta che forse non brucerà la sua indignazione sulle piazze, ma con determinazione e pazienza saprà costruire le condizioni per abbattere finalmente il calcio dei lupi, marcando nei dovuti modi la propria diversità e offrendola come un valore a chi crede possibile contrastarli.La sorpresa è che la favola dove l’agnello fa fuori il lupo è stata scritta, non solo, basta scorrere gli indici di qualche libro di storia per scoprire che si è anche ripetutamente avverata. Quando c’è un’integrità di fondo che i necessari compromessi della quotidiana sopravvivenza non hanno intaccato, quando per nuocere viene violato un limite che la comune coscienza ritiene invalicabile, quando c’è una forza interiore che tiene viva una resistenza prima di tutto morale, quando c’è tutto questo la storia dice che si possono vedere i lupi passare sulla difensiva, arretrare e soccombere.Nel calcio di oggi queste condizioni si stanno verificando e, per quanto riguarda noi che ci sentiamo custodi di un fuoco antico, è ben chiaro cosa ci chiede l’eredità che ci fa così diversi e così orgogliosi: offrire per primi le nostre bandiere alla rivolta. NOI non moriremo e non molleremo MAI!! Gridiamolo forte e sempre, perché il mondo ci ascolta.Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA