Ora che è arrivato anche Inacio, si può prendere velocità. Era rimasto un po' indietro, il brasiliano, mentre gli altri dieci si erano già avviati da un po', sul pullman (in affitto?) granata che porta verso l'alto. Dove, precisamente non si sa; bisognerà chiarire quanta strada riuscirà a fare con la benzina rimasta in serbatoio, che pare non sia tantissima. Ma l'entusiasmo porta a fare miracoli, anche a spingere con le mani, quelle dei giocatori e quelle del pubblico dell'Olimpico che hanno battuto fragorose per una squadra dalle maglie sudate (a proposito: ieri, in molti, parlavano di “sindrome casalinga superata”, “stadio espugnato”, etc, ma l'ultima in casa il Toro l'aveva vinta, mica persa).E' arrivato anche Pià, e Colantuono, dopo tanti tentativi, ha trovato una formazione titolare. Non era facile: a Gennaio ha preso in mano una squadra nuova, le settimane che hanno portato dall'Inverno alla Primavera (in senso meteorologico ma anche metaforico) ha dovuto utilizzarle come normalmente si utilizzano i mesi estivi di ritiro. E ora, tutti hanno un'idea abbastanza chiara della squadra che vedranno in campo nella partita successiva. Davanti ad un Sereni sempre più forte, la coppia centrale è Loria-Ogbonna; piaccia o meno (c'è chi preferisce Zoboli, senza dimenticare la valida alternativa Rivalta), le scelte del mister sono queste e paiono inequivocabili. Ai lati, due terzini già idoli.In mezzo al campo, gli estimatori (numerosi) di Gorobsov e di Coppola devono mettersi il cuore in pace: l'identità nuova di questa squadra passa da Génévier e Pestrin. Anche qui, piaccia o meno. In attacco la coppia di ragazzi cresciuti insieme a Bergamo, e sulle fasce del centrocampo le figure chiave del 4-4-2 sono invece le sole su cui il mister si conceda delle alternative: Gas, Léon, Antonelli, Scaglia, tra assenze e sbalzi di forma, concedono le variabili perché in futuro Cola possa sempre contare su almeno due giocatori in buona condizione, per darsi il cambio. Insomma, il Toro ora lo conosciamo; non è più una scoperta da maturare in settimana, alla Sisport (anche perché le porte sono chiuse -ne approfittiamo per dire che questo provvedimento, legittimo, inizia a perdere un po' di significato agli occhi della gente) o direttamente all'uscita dal tunnel degli spogliatoi, allo stadio.Il nuovo Toro ha ora una faccia nota. E' una faccia da operaio che coltiva passioni artistiche, quella dei D'Ambrosio e dei Pestrin che, ogni tanto, sorprendono mettendo via la chiave inglese per sfoderare il pennello. Non manca ora neppure Pià: il brasiliano è tornato, ieri diceva a tutti “ho voglia di giocare!”, e la gente lo ha capito. La gente, quella granata, che non contesta a casaccio e non applaude a casaccio.Il primo tempo di ieri lasciava di nuovo adito a dubbi e perplessità: di nuovo un Torino brutto ed inspiegabile, dopo una partita buona? Come ad Ancona dopo il Frosinone, come come con la Salernitana dopo l'AlbinoLeffe...? E invece no, stavolta no. Il Toro è andato oltre quello che era parso un limite caratteriale, non aspettando la gara successiva per rimboccarsi le maniche, ma facendolo subito. Perché il tempo non è infinito e non si può attendere. Non si può attendere proprio nessuno: neppure Pià, che ora ha raggiunto, di corsa, i compagni che erano già partiti da qualche settimana su una strada che vedremo dove porterà.
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E’ arrivato anche Pià
Ora che è arrivato anche Inacio, si può prendere velocità. Era rimasto un po' indietro, il brasiliano, mentre gli altri dieci si erano già avviati da un po', sul pullman (in affitto?) granata che...
(foto M.Dreosti)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ora che è arrivato anche Inacio, si può prendere velocità. Era rimasto un po' indietro, il brasiliano, mentre gli altri dieci si erano già avviati da un po', sul pullman (in affitto?) granata che...
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