Quando il destino si mette in mezzo - i tifosi granata, spesso più purtroppo che per fortuna, lo sanno bene - c'è poco da fare.
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Il destino può anche sorridere
Quando il destino si mette in mezzo - i tifosi granata, spesso più purtroppo che per fortuna, lo sanno bene - c'è poco da fare.
Nel mio piccolo, tralasciando il pianto notturno all'età di 7 anni...
Nel mio piccolo, tralasciando il pianto notturno all'età di 7 anni al termine di un Milan-Toro 5-1 per una rete annullata ad Andrea Silenzi, posso ritenermi uno dei fortunati, pochi o molti, baciati dal destino granata.
Se è vero infatti che per ovvie questioni anagrafiche non ho potuto vivere i fasti del Grande Torino o dell'ultimo scudetto nè, meno ovvio, gli anni della sedia del Mondo ad Amsterdam o della Coppa Italia, ritengo comunque di appartenere alla cerchia dei fortunati.Il destino infatti lo ritengo un susseguirsi di circostanze collegate fra loro che, sebbene unite da un nesso invisibile che spesso tende sempre al negativo, alla fine si ripresenta per regalare almeno un sorriso ai colori granata. Fu così ad esempio con l'uomo del destino, come sono solito chiamare Marco Ferrante, che sembrava aver chiuso il suo ciclo al Toro dopo cinque stagioni all'ombra della Mole, rompendo con l'ambiente col trasferimento all'Inter, costretto a nascondersi dietro alle spalle larghe di capitan Asta durante la presentazione della squadra dell'anno successivo e chiuso da Cristiano Lucarelli, l'acquisto che aveva il sapore del grande salto.
Invece il suo ciclo fortunatamente non si era chiuso e le sue corna, memorabili, durante il derby del 2002 furono tanto importanti non solo per il risultato finale che, come tutte le cose di valore, furono immediatamente copiate in qualità decisamente minore da chi evidentemente aveva limiti di creatività e fantasia.
Fu ancora il destino a farmi salutare con un sorriso amaro l'espulsione di un biancoceleste Rolando Bianchi all'Olimpico quando, al termine di un braccio di ferro estenuante, l'attuale capitano scelse Roma per il suo ritorno in Italia dopo l'esperienza al Manchester City. In quell'occasione, di fronte ad uno stadio intero di fischi, in fondo al cuore ebbi una sensazione. Sensazione che per fortuna del Toro si avverò.
Ci si ritrova quindi ai giorni nostri quando, col Toro finalmente in serie A dopo aver passato due stagioni infernali a seguirlo da molto vicino per le colonne - pardon.. per le pagine - di TN, ecco che il destino mi ricontrappone. Non pago di avermi inviato nel cuore di dicembre fino a Trieste, con bora e temperatura sotto zero, ad ammirare il gioco di Lerda e l'incredibile colpo di tacco (a porta vuota sullo 0-0) tentato da Pellicori o delle spedizioni "su e giù per lo stivale" - dalla neve di Varese a Gubbio, dal blackout di Padova alla melina di Castellammare di Stabia - al seguito della truppa di Ventura, arriva la chiamata dall'università: "E' ora di finire gli studi: per te è pronto un anno di esilio in Spagna, a Valladolid". Proprio quando avrei potuto finalmente cogliere il tanto agognato frutto della serie A...
L'euforia dell'isolamento iberico cade al primo sgardo sul mappamondo: mentre i vari Cavani, Totti e Milito mi scompaiono lentamente dai pensieri, assieme all'imponenza di campi come San Siro, l'Olimpico o il San Paolo, la geografia fa il resto. Valladolid, Spagna continentale: non c'è il mare e, nonostante latitudine pari a Barcellona e Roma, le temperature possono arrivare ben al di sotto dello zero.
Come detto, però, non tutto il male viene per nuocere e così, imbarcatomi sull'aereo che mi avrebbe allontanato per un anno intero dalla serie A accadde qualcosa di incredibile.
Con questi presupposti è nata quindi la nuova avventura de ''L'appartamento spagnolo'': le parole, le idee, le opinioni e le riflessioni di chi, pur trovandosi a 1.500 kilometri e due frontiere di distanza, immerso nel calcio - secondo i locali - più bello del mondo, continuerà in qualunque modo ed a qualunque costo a vivere la propria passione granata. Tutti i giovedì pomeriggio un appuntamento fisso con la finestra dalla fredda - incredibile dictu - e calciofila Spagna.
Stefano Rosso (Twitter: @ste_ro_)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Quando il destino si mette in mezzo - i tifosi granata, spesso più purtroppo che per fortuna, lo sanno bene - c'è poco da fare.
Nel mio piccolo, tralasciando il pianto notturno all'età di 7 anni...
Nel mio piccolo, tralasciando il pianto notturno all'età di 7 anni al termine di un Milan-Toro 5-1 per una rete annullata ad Andrea Silenzi, posso ritenermi uno dei fortunati, pochi o molti, baciati dal destino granata.
Se è vero infatti che per ovvie questioni anagrafiche non ho potuto vivere i fasti del Grande Torino o dell'ultimo scudetto nè, meno ovvio, gli anni della sedia del Mondo ad Amsterdam o della Coppa Italia, ritengo comunque di appartenere alla cerchia dei fortunati.Il destino infatti lo ritengo un susseguirsi di circostanze collegate fra loro che, sebbene unite da un nesso invisibile che spesso tende sempre al negativo, alla fine si ripresenta per regalare almeno un sorriso ai colori granata. Fu così ad esempio con l'uomo del destino, come sono solito chiamare Marco Ferrante, che sembrava aver chiuso il suo ciclo al Toro dopo cinque stagioni all'ombra della Mole, rompendo con l'ambiente col trasferimento all'Inter, costretto a nascondersi dietro alle spalle larghe di capitan Asta durante la presentazione della squadra dell'anno successivo e chiuso da Cristiano Lucarelli, l'acquisto che aveva il sapore del grande salto.
Invece il suo ciclo fortunatamente non si era chiuso e le sue corna, memorabili, durante il derby del 2002 furono tanto importanti non solo per il risultato finale che, come tutte le cose di valore, furono immediatamente copiate in qualità decisamente minore da chi evidentemente aveva limiti di creatività e fantasia.
Fu ancora il destino a farmi salutare con un sorriso amaro l'espulsione di un biancoceleste Rolando Bianchi all'Olimpico quando, al termine di un braccio di ferro estenuante, l'attuale capitano scelse Roma per il suo ritorno in Italia dopo l'esperienza al Manchester City. In quell'occasione, di fronte ad uno stadio intero di fischi, in fondo al cuore ebbi una sensazione. Sensazione che per fortuna del Toro si avverò.
Ci si ritrova quindi ai giorni nostri quando, col Toro finalmente in serie A dopo aver passato due stagioni infernali a seguirlo da molto vicino per le colonne - pardon.. per le pagine - di TN, ecco che il destino mi ricontrappone. Non pago di avermi inviato nel cuore di dicembre fino a Trieste, con bora e temperatura sotto zero, ad ammirare il gioco di Lerda e l'incredibile colpo di tacco (a porta vuota sullo 0-0) tentato da Pellicori o delle spedizioni "su e giù per lo stivale" - dalla neve di Varese a Gubbio, dal blackout di Padova alla melina di Castellammare di Stabia - al seguito della truppa di Ventura, arriva la chiamata dall'università: "E' ora di finire gli studi: per te è pronto un anno di esilio in Spagna, a Valladolid". Proprio quando avrei potuto finalmente cogliere il tanto agognato frutto della serie A...
L'euforia dell'isolamento iberico cade al primo sgardo sul mappamondo: mentre i vari Cavani, Totti e Milito mi scompaiono lentamente dai pensieri, assieme all'imponenza di campi come San Siro, l'Olimpico o il San Paolo, la geografia fa il resto. Valladolid, Spagna continentale: non c'è il mare e, nonostante latitudine pari a Barcellona e Roma, le temperature possono arrivare ben al di sotto dello zero.
Come detto, però, non tutto il male viene per nuocere e così, imbarcatomi sull'aereo che mi avrebbe allontanato per un anno intero dalla serie A accadde qualcosa di incredibile.
Con questi presupposti è nata quindi la nuova avventura de ''L'appartamento spagnolo'': le parole, le idee, le opinioni e le riflessioni di chi, pur trovandosi a 1.500 kilometri e due frontiere di distanza, immerso nel calcio - secondo i locali - più bello del mondo, continuerà in qualunque modo ed a qualunque costo a vivere la propria passione granata. Tutti i giovedì pomeriggio un appuntamento fisso con la finestra dalla fredda - incredibile dictu - e calciofila Spagna.
Stefano Rosso (Twitter: @ste_ro_)
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