di Fabiola Luciani
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Il Toro e la sua scatola nera
di Fabiola Luciani
E' tempo di bilanci...che altro si può ancora dire sulla stagione del Toro appena conclusa?
Tutto è stato già scritto, e scovare un pensiero inedito sarebbe come...
E' tempo di bilanci...che altro si può ancora dire sulla stagione del Toro appena conclusa?Tutto è stato già scritto, e scovare un pensiero inedito sarebbe come pretendere da un arbitro un rigore a favore. Torna in mente Massimo Troisi e la sua memorabile gag sullo scudetto del Napoli da poco conquistato: dopo aver scartato tutti gli argomenti triti e ritriti della saga partenopea, non gli restò che invitare i concittadini a chiudere il gas prima di uscire di casa. Come Lazzaro, il Toro si è alzato e ha camminato, e chi sperava di assistere alla sua autopsia s'è ritrovato il tavolo di marmo senza il cadavere. Ad essere sinceri si son visti anche altri miracoli inediti, e se Stellone saltellava sull'acqua (fresca) moltiplicando i pani e i pesci, un po' di assist e qualche goal, il vino di Zanetti, Rubin e Malonga s'è evoluto da Tavernello a Brunello, quest'ultimo un po' per la rima e po' per il colore. Nel finale purtroppo, il carrello s'è inceppato e solo un atterraggio di fortuna ci ha permesso di contenere la delusione incipiente.Rovistando nella "scatola nera", m'imbatto subito in una provocazione: le 8 sconfitte nelle ultime 11 gare sono state una benedizione, unico vero antidoto contro il rischio di sopravvalutare l'esistente e di illudere la piazza. Solo così potrà avvenire l'evoluzione genetica di una rosa che se pure ha stupito qualche scettico, ha anche nel contempo deluso molti degli immancabili illusi.Gioco forza quindi, che entrambi gli allenatori della stagione hanno sopperito in qualche modo con il gioco tattico alla globale incapacità dei singoli di saltare l'uomo, e nel motore dei suoi fedeli esecutori hanno inserito grinta, ritmo ed in talune circostanze anche organizzazione, in considerazione anche di una condizione fisica non esemplare e di una catena di infortuni impressionante. Hanno colto frutti proibiti in giardini protetti, perché per vincere a Reggio Calabria, Catania e Livorno, non basta solo una favorevole congiunzione degli astri.Parlando di rigori, dopo la Reggina siamo la squadra che ne ha subiti di più, ben 9 ma questa non è una novità per noi; forse abbiamo il record di cartellini rossi e gialli, pur giocando un calcio propositivo e quasi mai ostruzionistico: queste considerazioni sono inquietanti se vogliamo valutare il peso politico della Società.Un argomento dai più trascurato, ma che alla lunga pesa: il numero dei pali colpiti. Dopo la dozzina ho smesso di contare. Rimarranno nella storia alcuni episodi; per esempio quello a Firenze con il re dei cascatori di scuola, guarda caso giuventina e non ultimo quello del derby d'andata con l'invenzione all'ultimo secondo di una nuova regola sul fuorigioco. Insomma, piccole e ignorate escrescenze del grande problema della sudditanza, praticamente irrisolvibile. Nella scatola nera di questo Toro c'è anche un quesito metafisico, e quindi insidioso.I 40 punti rappresentano l'effettivo valore della squadra, o sono piuttosto l'inquietante convergenza di un generale rendimento al di sotto delle righe?Un mercato con la "ciliegina" aveva illuso molti, ma aveva anche generato diffidenza e mugugno in altri. Alla fine anche chi alzava il bicchiere mezzo vuoto ha potuto brindare con i fideisti del mezzo pieno, tutti quasi appagati da una salvezza acchiappata al fotofinish.Non è reato quindi sottolineare qualche carenza sul piano della qualità che, mutando l'obiettivo, verrà certamente sanata tra poco. Vero?Ma qui si apre il dibattito su cosa s'intenda per qualità.Sono sicura che GDB l'apprezza soltanto se finalizzata al rendimento e già un giocatore, che azzecca solo le partite nei giorni pari dei mesi dispari, lo manda fuori dai gangheri. Non gli interessano i grandi nomi, gli piace plasmare la creta e con un soffio elevarli a potenza. Mi piace definirlo "duttile" ma ora dovrà dimostrarlo individuando moduli e schemi adatti ai "talenti" che gli fornirà il nostro Presidente.Il Presidente, da parte sua, con i dobloni accumulati nello scrigno sociale (speriamo), deve essere più propenso non solo a gratificare gli occhi, ma soprattutto a misurare la funzionalità, perché i tifosi granata sanno che il salto di qualità non lo possono fare da soli Rosina e Sereni, ma hanno bisogno di giocatori che accendano l'entusiasmo e che disegnino arabeschi sul prato. Sarà quindi, questa frastagliata linea di confine a connotare il Toro di domani, operaio e organizzato, ma anche fantasioso e geniale. Speriamo.Cairo ha ricevuto il tributo di quasi tutto il popolo granata, per aver composto un'opera in tre atti; dal fallimento, passando per la B alla serie A, ovvero nell'unico posto che compete a questa squadra. Ci sono e ci saranno anche le critiche di alcuni, sicuramente motivate, ma ciò che colpisce è la loro irreversibilità. I tifosi specie nel recente passato, hanno pagato un prezzo altissimo ma, una stagione come questa, avrebbe potuto ricucire gli strappi e ridare voce a un entusiasmo che timido annaspa: non occorre sbavare né santificare, ma neppure ignorare quella "normalità" per troppo tempo negata e finalmente acchiappata.Dalla scatola nera escono infine strani numeri, ma sono freddi come le trame degli almanacchi e soprattutto ignorano il vulcano di emozioni che li ha eruttati.19 goal fatti in casa e 17 fuori, curioso equilibrio. 3 vittorie in trasferta, ottime ma assai poche.7 inciampi casalinghi, decisamente troppi. -13 è la differenza reti.Oltre 20.000 è la media delle presenze allo stadio, e quindi il Comunale non basta, specie nei posti popolari, il che ha fatto inesorabilmente crescere la nostra media di audience Sky e Pay TV, anche perché, purtroppo, gli spettatori in ciabatte si moltiplicano come i conigli (non inteso come gobbi).Ma nella scatola nera del Toro si colgono anche indizi sul futuro, piccole tracce di un insperato benessere. La Primavera e le giovanili si stanno riorganizzando, e un raggio di sole annuncia la crescita del vivaio. Cairo scende in campo, dando continuità alle risorse del bilancio.Il Toro è stato ammirato e generalmente apprezzato, e il rispetto delle platee avversarie dopo il fallimento del 2005 equivale a un'altra promozione e la salvezza acquisita e invocata per programmare il futuro, dovrebbe tra poco rivelarci il nuovo profilo.Per la verità non sembra che tale vantaggio si sia concretizzato, ma intanto la pesca magica procede fra decine di nomi soffiati dai procuratori. I problemi sono gli ingaggi e non i cartellini, ma almeno oggi è lecito sognare una "D" o una "B" nel cognome, o magari una sorsata di Acquafresca, magari insieme a giovani di sicuro talento che di nome fanno Cigarini, Galloppa, Osvaldo, Guberti e Diamanti. Nel frattempo, stormi di avvoltoi planano su Saragozza, su Parma, Empoli e Livorno, e per una volta potremmo lasciare in pace le ridenti squadre di B ed i prestiti dell'amico Zamparini.La storia dell'Alpinismo racconta che, una volta conquistate tutte le vette del mondo, fu necessario complicarsi la vita. E così cominciarono le gelide scalate invernali, rigorosamente sulle pareti Nord e solo con i chiodi tradizionali. Sull'Everest si arrivò rinunciando all'ausilio dell'ossigeno, in solitudine e senza sherpa e, prima o poi, un Pistorius qualunque violerà il K2.Questa gara a handicap, in un certo senso, somiglia al percorso del Toro negli ultimi quindici anni, un autentico fuoriclasse nell'arte di ingarbugliare la propria esistenza, capace di retrocedere e risorgere in continuazione o di decomporre la squadra finalista in Europa e vincitrice della Coppa Italia.Abbiamo respirato la tormenta, arginato le frane e addomesticato i fulmini; abbiamo collaudato la profondità di tutti i crepacci disponibili, bivaccando in parete come acrobati riciclati; abbiamo confuso l'aurora con il tramonto e il rifugio con il baratro, mentre qualcuno imbavagliava l'eco dei nostri disperati richiami.E ora che abbiamo piantato un chiodo sicuro, a dieci metri dalla vetta, saturi di energia e di coraggio, è giunto il momento di frugare nello zaino per trovare l'ultimo decisivo moschettone: il suo nome è "fiducia".Forza Toro al di là del tempo e dello spazioù
Articolo pubblicato il 31 maggio 2008 dal sito di Alessandro Rosina:http://www.alessandrorosina.it/?a=articolo&id=1612
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