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Kone: “L’infortunio non ci voleva. Toro, speravo in una chance in prima squadra”

Esclusiva / L'ex fantasista della Primavera, oggi in prestito al Cosenza, si racconta: "Coppitelli come un padre per me. Il soprannome 'pantera nera'? Ecco come è nato"

Nicolò Muggianu

Ben Lhassine Kone è un ragazzo tutto cuore e talento. Un ragazzo cresciuto lontano da casa: partito dalle strade della Costa d'Avorio per raggiungere la madre che era emigrata in Italia a Roma, con il sogno di arrivare in Serie A ben riposto nel cassetto. Sogno che il Torino gli ha permesso di accarezzare, ma non ancora di realizzare appieno: in due anni tante convocazioni, ma nemmeno una presenza in prima squadra per l'ex numero 10 della Primavera granata; diventato uomo e calciatore sotto l'ala protettiva di Federico Coppitelli, che lo stesso Kone non stenta a definire "come un padre" per quello che ha fatto per lui. Oggi il destino lo ha portato a Cosenza (in Serie B) ma gli ha riservato un ostacolo in più: un brutto infortunio che lo terrà lontano dai campi per sei mesi. Ma la "pantera nera" - così lo hanno soprannominato i compagni del Torino - non ha intenzione di mollare e, anzi, non vede l'ora di tornare a graffiare.

Buongiorno Ben. Innanzitutto le chiedo come sta: come procede il recupero dopo l'infortunio?

"Sta andando bene. Ora sono a Roma, sono a casa e sto facendo gli esercizi che mi ha dato il dottore. Il 22 (novembre n.d.r.) ho l'appuntamento a Villa Margherita dove mi guarderanno il ginocchio e se va tutto bene dovrei cominciare a fare riabilitazione. Prima di operarmi il dottore mi ha detto che avrei avuto 5 o 6 mesi di stop, ma tutto dipende da come riesco a recuperare". 

Un infortunio che non ci voleva: proprio nel momento in cui stava cominciando ad ingranare in Serie B...

"Un peccato perché stavo facendo bene, ero partito bene. Non me lo aspettavo e non ci voleva, però sto cercando di affrontarlo nel modo giusto per tornare il prima possibile e al meglio che posso".

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Come è stato l'impatto con la nuova realtà del Cosenza? Lei è stato uno dei pochi ex Primavera a partire dalla Serie B senza passare dalla C. 

"Ho avuto un buon impatto, mi è sembrato un campionato di livello. Io non avevo paura di giocarmela perché sono consapevole dei miei mezzi e quando hai la fiducia dell'allenatore, della società e dei compagni nulla ti può fermare".

Arriva da una Primavera che ha raccolto risultati importanti: c'è un episodio in particolare della sua esperienza al Torino che ricorda e custodisce con maggior soddisfazione?

"Ce ne sono tanti... Sicuramente quando abbiamo vinto la Supercoppa è stato bellissimo, ma ricordo anche quando abbiamo battuto in semifinale l'Atalanta. Partivamo da una situazione di svantaggio dopo la gara d'andata, avevamo tanti infortuni ma siamo riusciti a ribaltare il risultato e penso che quella partita me la ricorderò per sempre. C'era un pubblico clamoroso, possiamo dire che è stato grazie a loro se siamo riusciti a portare a casa quella partita".

In quell'Atalanta c'era Kulusevski. Si aspettava che potesse già fare la differenza in Serie A?

"Sì, me lo aspettavo. Si vedeva che era diverso rispetto ad altri giocatori...".

Sente ancora qualcuno dei tuoi ex compagni?

"Mi sento sempre con Samake, Singo, Kone, Onisa, Adopo e De Angelis. Tanti mi hanno scritto per l'infortunio, ho mantenuto tanti amici a Torino".

E mister Coppitelli? Con lui aveva un rapporto speciale.

"Lo sento sempre. Mister Federico per me è sempre stato un padre: quando ho sbagliato mi ha sempre corretto e ripreso (ride n.d.r.)... Ma lo ha sempre fatto per il mio bene per cui posso solo dire che il nostro rapporto è sempre stato come quello tra un padre e un figlio".

Anche il mister quest'anno si è confrontato con il suo primo anno tra i professionisti ma è arrivato un esonero forse prematuro...

"Secondo me non gli è stato dato il giusto tempo per lavorare. Perché è arrivato in una società nuova e ha provato a ricostruire la squadra come aveva fatto a Torino. Le cose non sono andate come voleva e lo hanno subito mandato via dopo poche partite, ma secondo me non è stato giusto perché non gli è stato dato modo di dimostrare il suo valore e replicare quello che aveva fatto a Torino".

E lei invece? Hai sperato in una chance dalla Serie A prima di andare a Cosenza?

"Ho sperato nel Toro. Ci ho sperato tanto perché in Primavera al Torino ho fatto due stagioni fantastiche, quasi perfette. Sia il direttore Bava che il mister Coppitelli erano contentissimi di me e mi aspettavo di compiere quel passetto per salire in prima squadra. Ho avuto diverse convocazioni, ma purtroppo non ho mai avuto l'occasione di mostrare il mio valore in campo. In questi due anni ho dato tutto con l'ambizione di arrivare in prima squadra al Torino. Comunque non mi è dispiaciuto andare a giocare in Serie B, è un campionato valido e sono in una piazza calda che mi ricorda molto il Torino. Per cui per me è come essere a casa".

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L'unico di voi ex Primavera che ha trovato spazio nella prima squadra è stato Millico... 

"Meritava perché aveva fatto un buon campionato, così come tutti noi. Ha fatto 29 gol in stagione e per un attaccante sono numeri importanti. Io dal mio punto di vista posso solo dire che continuo a lavorare e continuo ad affidarmi al direttore Bava perché è lui che mi ha portato a Torino e sa quel che fa. Speravo di fare bene in Serie B quest'anno per avere argomenti da portare per puntare poi alla prima squadra, ma purtroppo è arrivato questo infortunio... Cercherò di riprendermi il prima possibile".

Quest'estate il ritiro a Bormio, il secondo per lei. Che esperienza è stata?

"Una bella esperienza. Quando si va lì si lavora duro e poi nel corso del campionato si raccolgono i frutti di quel lavoro. Mi ha aiutato tantissimo".

Ha avuto modo di immergersi nello spogliatoio del Torino: che gruppo le è sembrato?

"Un gruppo fantastico. Meité è come un fratello per me, ma sono legato anche a Nkoulou e Izzo: sono tutte persone per bene. Quando entri in spogliatoio vedi tutti contenti e concentrati: ti trasmettono subito la voglia di lavorare ed allenarti al massimo. C'è una bellissima atmosfera: tutti si vogliono bene e si rispettano, c'è grande voglia di allenarsi insieme. Come stare in famiglia, appena sono arrivato i veterani mi hanno subito accolto come se fossi un loro figlio. In campo si lavora e si chiede sempre il 100%, poi dopo il lavoro si sta insieme e ci si diverte".

I tifosi del Torino la chiamano ormai da tempo "pantera nera": come è nato questo soprannome?

"Già un mio zio mi chiamava così. Poi ricordo che un tifoso del Toro mi chiamò così a una partita, poi un altro e un altro ancora. Evidentemente piacque e alla fine mi è rimasto: mi piace come soprannome".

Tra quanto tempo si vede protagonista nella prima squadra del Torino?

"Non so dirlo, perché dipende da diversi fattori. Chiaramente se dipendesse solo da me io sarei ancora al Torino a giocarmi le mie carte. Ma ora l'importante è tornare al meglio dall'infortunio e riprendere a giocare. Poi saranno il mister e la dirigenza a decidere se in futuro lo meriterò. Io non posso fare altro che riprendermi, tornare ad allenarmi al 100% e dare il massimo come ho sempre fatto. Sicuramente quando tornerò in campo lo farò sempre con la stessa voglia, con la stessa fame e con la stessa cattiveria. Con grande voglia di crescere, migliorare e dimostrare il mio valore".