di Valentino Della Casa - Se si dovesse guardare alla matematica, giocare 13 partite in 2 mesi (quando, solitamente, se ne dovrebbero disputare di norma 9) costituisce un vero e proprio toccasana per le squadre in forma. Guardiamo nel dettaglio: l'anno scorso, dopo lo stesso numero di gare, la prima in classifica, il Novara, vantava 29 punti, a differenza dei 32 del Torino di questa stagione; 25 quelli del Siena, allora secondo, contro gli attuali 28 del Pescara; 24 ne aveva la terza Atalanta, 27 ne vanta ora il Sassuolo. Ancora più considerevole potrebbe diventare la differenza se guardiamo alla fine del girone d'andata, quando i piemontesi, sempre primi ma questa volta con gli orobici, vantavano 42 punti (terza il Siena a quota 40). Al di là dunque dello straordinariamente convincente ruolino di marcia dei ragazzi di Ventura (dopo 21 gare, la squadra di Lerda contava soltanto 33 punti), viene da chiedersi se non siano proprio le gare così ravvicinate a migliorare ulteriormente il rendimento delle squadre in forma: giocando più partite, in un momento favorevole, si dovrebbero fare più punti.Per capire se effettivamente il ragionamento sia corretto, Toro News ha chiesto consiglio ad un esperto nel settore. Precisamente a Fabio D'Errico, preparatore della Primavera granata dal 2002 al 2004 e nel 2007-2008 quando, dopo pochi mesi, prese il posto in prima squadra di Ferretto Ferretti (al seguito di Novellino), esonerato dall'incarico dopo la valanga di infortuni muscolari capitati a Rosina e compagni.Secondo l'attuale preparatore del Cuneo (nello staff di Ezio Rossi, così come l'anno scorso alla Canavese), in realtà, la matematica può trarre in inganno. “Posso sicuramente garantire che giocare così tante partite non sia un bene per i giocatori, anzi. Fisiologicamente, scendere in campo così spesso non permette di sostenere delle prestazioni di livello più alto rispetto a quando si gioca ogni sette giorni”.Esistono dunque dei problemi pratici per gli allenatori? “Assolutamente sì, perchè non si riescono a stabilire più di tante sedute dedicate ad una particolare fase (atletica, o aerobica) durante la settimana, con il rischio di perdere moltissima brillantezza e, ancor peggio, incappare in numerosi fastidi muscolari. Tutti questi turni infrasettimanali costituiscono un grosso ostacolo per noi addetti ai lavori. E poi non dimentichiamoci gli infortuni: se per recuperare, un giocatore ci impiega 6 giorni, rischia magari di saltare addirittura 3 partite e non una sola. Ci vorrebbe più equilibrio, ma ancora non lo si vuole capire”.E allora come ci possiamo spiegare tutte queste squadre macina-punti? “Nella bravura degli allenatori. Ovviamente, lo staff medico deve fare la propria parte, ma chi sa fare bene il turn over, riesce ad ottenere successi importanti anche in momenti particolarmente intensi come questi”.Ventura, Zeman e Pea, allora, possono giustamente gioire. Se spesso i demeriti di un gruppo vengono identificati in un allenatore, altrettanto non si può dire quando le cose vanno bene. Questa volta, però, diventa doveroso sottolinearlo.
toro
Poche pause, più punti? Merito del turn over
di Valentino Della Casa - Se si dovesse guardare alla matematica, giocare 13 partite in 2 mesi (quando, solitamente, se ne dovrebbero disputare di norma 9) costituisce un vero e proprio toccasana per le squadre in forma....
(Foto: M. Dreosti)
© RIPRODUZIONE RISERVATA