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Rivoluzione dei peones e secondo anno: ridimensionamento
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Ribadiamo la premessa: il costo delle operazioni viene indicato al netto, mentre quello degli ingaggi (salva specificazione) viene espresso...
Ribadiamo la premessa: il costo delle operazioni viene indicato al netto, mentre quello degli ingaggi (salva specificazione) viene espresso al lordo. Questo perché, per il primo caso, i diversi parametri di tassazione rischierebbero di sfalsare il valore reale delle operazioni.
Quelli prima riportati sono solo alcuni esempi, che però fanno bene o male capire quale fosse la media stipendi del Torino di quella prima parte della stagione, media che con Petrachi (nella foto: la sua presentazione) cambierà radicalmente. L'ingaggio più alto che venne corrisposto nel mercato di gennaio fu quello di Garofalo, che in sei mesi è costato 300mila euro lordi alle casse granata (quindi, se fosse stato un anno intero, sarebbero stati circa 600mila, meno di quanto ha guadagnato Zoboli, con i suoi 700mila euro). Pestrin, giocatore apprezzatissimo e titolare quasi fisso della squadra, è costato al Torino circa 200mila euro lordi, mentre D'Ambrosio, giocatore ancora di proprietà del Toro, guadagnò in quel semestre 40mila euro netti, vale a dire 80mila lordi. Tutte altre cifre, che fanno pandant con gli esborsi dei vari cartellini. Su un totale di 4,4 milioni di euro netti spesi, soltanto 550 mila sono stati per operazioni condotte da Petrachi (la metà di Salgado dal Foggia a 150mila e i 400mila per l'apertura della compartecipazione con lo Juve Stabia per D'Ambrosio). Tutti gli altri, invece, derivano dalla gestione Foschi, con 1,2 milioni spesi per l'acquisto di Loviso; 1 milione per quello di Belingheri; 500mila euro per la metà di Gorobsov; 350mila per quella di Arma e 800mila per il prestito di Vantaggiato. In questo caso, però, bisogna ricordare che l'operazione (pur avvenuta in tempi diversi) rientrava nell'ambito della cessione di Dzemailli, per un valore complessivo di 3,5 milioni di euro per la metà del giocatore (ma i 2,7 milioni che il Parma doveva al Toro, li pagherà soltanto l'anno successivo). In attivo, per Foschi e per il mercato del Toro di quell'anno, la cessione allo Zenit di Rosina, sui 7 milioni, che soltanto in parte sono stati investiti sul mercato.Il lavoro di ridimensionamento dei costi del Torino sarà decisamente più corposo l'anno successivo. Petrachi dovrà mettere a posto tutte le tessere del puzzle senza però ricavare nulla dalle cessioni, o avere un importante budget con cui costruire una squadra che possa essere all'altezza delle aspettative.Ma il lavoro, almeno dal punto di vista prettamente economico, è riuscito: dai 24,5 milioni di euro del primo anno, il Torino passa a spenderne al lordo circa 16,5, con un saldo sul mercato (per il valore complessivo delle operazioni) in passivo di 600mila euro. Soldi che poi non sono quelli spesi davvero, perché le uniche operazioni onerose portate a termine dal Torino, tra Giugno e Gennaio, sono quattro: quelle per Di Cesare (costato “soltanto” 250mila euro per il valore totale del cartellino); Iunco (comproprietà del valore di 1 milione, ma pagamento rateizzato in più anni); Antenucci (1,4 milioni per il 50% del cartellino, ma anche in questo caso con rate annuali) e D'Ambrosio (600mila euro per il riscatto della metà, da pagare a rate). In totale, dunque, il Torino ha speso poco più di un milione di euro. In entrata, invece, ci saranno i 2,7 milioni per la cessione della metà di Dzemailli al Parma, già concordata l'anno precedente.Ma come si è ottenuto il drastico calo degli ingaggi? Innanzitutto, esclusi Bianchi, Gasbarroni, Pratali, Zanetti e Rivalta (con i loro stipendi imponenti, in ordine dai 3 milioni agli 800mila euro lordi), sono stati ceduti tutti i giocatori, in via definitiva, con ingaggi superiori ai 300mila euro netti. Questo è diventato infatti il salary cup del Torino, che tra i nuovi stipendi più onerosi, contava quello di Sgrigna (circa 550mila euro lordi, equivalenti a 225mila netti) e quello semestrale di Budel (sui 600mila euro lordi). Tutti gli altri, stazionavano tra cifre intorno ai 200 e 250mila euro netti (per esempio per Di Cesare, per De Vezze, per De Feudis, per D'Ambrosio, il cui ingaggio è stato sensibilmente adeguato rispetto al primo anno), o a cifre anche inferiori: a Pellicori e Rubinho, che in prima squadra sono stati più volte impiegati, venivano corrisposti circa 100mila euro netti; a Garofalo 150mila.Cifre drasticamente più basse, per una squadra che ha avuto soprattutto negli interventi tardivi sul mercato (perché, come detto, zavorrato dalle cessioni che non arrivavano) il più grande ostacolo per poter dire veramente la sua in campionato. Cosa che invece non è avvenuta la scorsa Estate.
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