toro

Sono solo canzonette

di Fabiola Luciani

Non scomoderò i grandi maestri, questa squadra non merita la loro attenzione. Non me ne voglia nemmeno il mitico cantautore napoletano Edoardo Bennato con la sua folkloristica...

Redazione Toro News

di Fabiola Luciani

Non scomoderò i grandi maestri, questa squadra non merita la loro attenzione. Non me ne voglia nemmeno il mitico cantautore napoletano Edoardo Bennato con la sua folkloristica canzonetta, ma oggi intendo cambiare stile e riferimenti, quindi farò uso di artisti e di canzoni per scrivere sul Toro.

“Sarà perché ti amo”

Potrebbe sembrare una dichiarazione d’amore, ma mi riferisco ad una canzone di qualche anno fa, cantata dai “Ricche e Poveri”…“Che confusione, sarà perché ti amo”. E sul fatto che il WAN ami il Toro nessuno nutre dubbi. Ma che tale amore dovesse per forza di cose portare alla “confusione” cantata dal gruppo sanremese non era scritto da nessuna parte. Premetto che sono una semplice osservatrice e non un tecnico, e che quindi il mio giudizio potrà sicuramente valere pochissimo, con molta franchezza devo giungere ad ammettere di non capire come giochi l'undici granata. Sarà sicuramente una mia deficienza intellettiva, ma il Toro sia nel girone di andata che in quello di ritorno proprio non riesco ad inquadrarlo all’interno di un progetto tattico, di un modulo, di una coerenza di scelte tecniche. La sottoscritta ha più volte espresso la propria predilezione per un altro tipo di calcio, ma ciò non significa nulla: per una squadra come il Toro contano solo i risultati. Poi, complici i numerosi infortuni e un obiettivo scadimento di forma, con conseguente penuria di risultati, il WAN ha cominciato a “sperimentare”. Inutile ripetere cose già scritte, naturalmente, dall’alternanza di vari moduli al “vagabondaggio tattico” affibbiato a più di un giocatore. Ciò che conta è l’esser giunti a cogliere tre miseri punti nelle ultime 6 gare, facendosi risucchiare definitivamente nella zona pericolo. 6 erano anche le partite che separavano il Toro dall’atteso epilogo di questo campionato, e 6 sono i goal che ci hanno rifilato Cagliari e Genoa nelle ultime tre trasferte. 666, rievoca il numero di Mefistofele, rievoca anche quella maligna ed arcana sequenza numerica di Lucifero e dei suoi adepti nelle sacre scritture, ma ora le partite rimanenti si riducono a cinque e non ci sono presagi maligni che incombano, basta sapersi esorcizzare definitivamente. Purtroppo la gara di ieri, mi pare la “summa” di quanto prodotto dal Toro targato 2007/20008: incongruenze tattiche, lanci lunghi, sterilità offensiva, non eccelsa qualità di gioco, incapacità di cambiare ritmo.

Un Toro, ripeto, che non si capisce come gioca, rimasto oltretutto privo d’ossiGENO A Marassi.

“Hurricane”Rimango in tema musicale e cito ora il titolo di uno dei pezzi più celebri dell’immortale Bob Dylan, per rappresentare al meglio, con un unico vocabolo, ciò che assolutamente servirebbe al Toro in questo delicato momento: un “uragano” capace di scuotere l’ambiente. Infatti, il dato più allarmante non è la povertà di gioco o l’incapacità ad offendere ormai più che evidenti, ma la mancanza di “pathos”, di grinta che il pubblico granata ha potuto riscontrare e stigmatizzare solamente con qualche mugugno, segno che il popolo granata è maturo e consapevole. Un segnale negativo che dovrà essere immediatamente colto, in modo da porvi rimedio sollecitamente, ricompattando l’ambiente in vista di un finale di torneo difficilissimo. Ovviamente, l’ambiente potrà ricompattarsi, come legge non scritta del calcio impone, solo ricominciando a ottenere risultati. E la strada intrapresa ultimamente mi pare essere agli antipodi rispetto a tali obiettivi. Una squadra che si gioca un pezzetto importante di salvezza e, probabilmente, anche la credibilità del proprio allenatore, non accetta quasi fatalmente il proprio destino, non si accontenta del “brodino” di un pareggio senza mai concludere in porta, ma mette in campo grinta e furore, pressa a più non posso pur non giocando bene, incanala la gara sull’agonismo puro, mette pressione all’avversario e al direttore di gara, tenta di tutto e di più fino all’ultimo respiro facendosi sospingere dal pubblico, quasi conducendolo per mano all’incitamento sonoro.