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Torino, quando Libonatti stese la Lazio

Memorie granata / il 12 gennaio 1930, con Rosetti e Baloncieri sconfitta la formazione biancoceleste per 1-0 

Cristina Raviola

"Oltre trequarti di secolo. Un lasso di tempo lunghissimo, un fluire di eventi storici fondamentali, d'invenzioni e scoperte, di rivoluzioni. Anche il calcio, come tutte le cose, era diverso ottantacinque anni fa: il football non era che uno sport, il più importante, certo, ma non era altro che un divertimento. Intratteneva migliaia di persone, era una passione di moltissimi, ma non era che semplice gioco.

"In quel calcio lì, in quello sport ancora pervaso d'innocenza e moralità, era un argentino a far divertire le folle di appassionati. Un argentino che vestiva la maglia granata, e portava il nome di Julio Libonatti.

"Soprannominato “Matador” in patria, l'argentino viene descritto come un funambolo, un giocatore dall'estro immenso e dallo spiccato senso del gol, ma anche e soprattutto come un grande uomo di squadra e spogliatoio. Con il Toro, che lo porta in Italia nel 1925, gioca nove anni, fino al '34, vincendo uno scudetto e vedendosene revocato un altro. Segnerà ben 150 gol in granata, che lo consacrano come il secondo miglior marcatore di sempre con questi colori, dietro solo a Paolino Pulici.

"Il 12 gennaio 1930 si gioca Torino-Lazio, proprio la prossima sfida che dovranno affrontare i granata di Ventura. Il Toro di allora arrivava da due campionati vinti (seppur l'ultimo, come detto, revocato) e poteva contare, oltre che sulla classe di Libonatti, anche sull'infallibilità sotto porta di Rossetti e sull'intelligenza tattica di Baloncieri. Il “Trio delle meraviglie”, come era noto quell'incredibile terzetto, quel giorno scese in campo insieme agli otto compagni con l'intenzione di fare la partita. E la fece. La gara terminò 1-0 per i granata, in gol il “matador” Libonatti al 41' del primo tempo, dopo che Rossetti sbagliò un rigore.

"Più di ottanta anni fa, dunque, in un calcio lontanissimo da quello a cui siamo abituati, il Toro batteva tra le mura amiche i biancocelesti, dando prova di grinta e compattezza, di determinazione e orgoglio. Tutte queste cose, chiaramente, sono - o dovrebbero essere - connaturate nel DNA granata, e non dovranno venire meno nella sfida di Coppa Italia di mercoledì. Vincere contro la Lazio, dunque, per proseguire nel torneo, con testa e corpo proiettati sul presente, ma con lo spirito di un tempo, prendendo dalla storia solamente quello che la storia può dare: l'esempio.