"Hugo Meisl, austriaco di Cecco Beppe, fu uno dei padri nobili del calcio europeo. Calciatore, arbitro, dirigente e allenatore Meisl fu, per il mondo germanico, qualcosa di paragonabile a Vittorio Pozzo per l'Italia. Non è un caso che i due si conobbero prima sui campi pionieristici europei e poi alle olimpiadi di Stoccolma del 1912, il primo vero lancio mondiale del calcio. Qui, ricordò il selezionatore azzurro «Meisl [ ] mi disse che la carica di comandante di una squadra nazionale è una delle più difficili e più ingrate che possano essere affidate ad un uomo; al che io risposi, ricordo, che non avevo la minima intenzione di dedicarvimi». Ovviamente nessuno dei due tenne fede a quelle parole e se Pozzo divenne il CT due volte campione del mondo l'austriaco sedette sulla panchina della nazionale considerata per vent'anni la più forte del mondo: il Wunderteam austriaco.
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Toro europeo: il battesimo nel 1936
Vej Turin / La prima volta (forse) non si scorda mai.
"Uomo di campo e di palazzo: per Pozzo l'austriaco era «uomo di levatura superiore, in grado di giudicare e spesso di prevedere tutto quello che attorno a lui avveniva. Non si occupava puramente di tecnica, come facevo io, Meisl: curava anche la parte politica del calcio, ed era un po' il 'factotum' della sua Federazione, per gli affari interni e soprattutto per quelli internazionali». Proprio in questa veste, il 17 luglio 1927 da Venezia l'austriaco lanciò l'idea di una competizione europea. Il progetto piacque ad alcune federazioni nazionali e nacque così quella che in Italia si chiamò la Coppa Europa, la prima competizione continentale per club, cui la FIGC aderì nel 1929.
"Conosciuta anche come Mitropa o Coppa dell'Europa Orientale, la competizione prese subito piede in Italia, che tentò di conquistarla prima con l'Ambrosiana, poi Juventus e Bologna (che ci riuscì nel 1932 e nel 1934). Grande vetrina del calcio danubiano, e della sua supremazia tecnico tattica, nel 1936 vide il Torino affacciarsi sulla ribalta internazionale.
"In quanto vincitrice e detentrice della coppa Italia la squadra granata aveva conquistato un biglietto per l'Europa. Diversamente da oggi, il trofeo si giocava in estate, alla fine della stagione. Si trattava perciò di uno sforzo estremo da compiere contro squadre di alto livello europeo. Il Torino, squadra veloce, animosa e irriverente aveva tutte le carte in regola per essere l'outsider del torneo, per non farsi intimorire dalle squadre leggendarie dell'epoca (Hungaria e Sparta Praga su tutte).
"Il Toro partì bene e nel turno eliminatorio passeggiò sopra il Berna. Domenica 7 giugno, in Svizzera, i granata diedero prova di una forza smagliante, vincendo fuori casa per 4-1. La superiorità tattica granata emerse subito, tant'è che al quinto minuti Baldi già poteva insaccare sfruttando una mala manovra del pacchetto arretrato elvetico. Una partita mai in discussione, nonostante il tifo caldo del pubblico e la pioggia, che immancabilmente funestò tutte le partite importanti del Torino di questi anni. Il ritorno, il 14 giugno, fu una formalità e una festa del gol: 7-1 per il Toro che impiegò solo 14 minuti a sgomberare le barricate svizzere.
"Al turno successivo, gli ottavi, ad attendere i granata c'erano gli ungheresi dell'Ujpest. Serbatoio della nazionale magiara, l'Ujpest era stata avversaria della Juventus del quinquennio che la superò non senza patemi e da anni era al vertice del campionato ungherese. Nell'ultima stagione, però, gli ungheresi (già vincitori della competizione nel 1929) si erano ulteriormente rinforzati: avversario pericoloso, a giudizio dei giornalisti dell'epoca. Il giovedì prima della gara il Torino al gran completo si ritirò a Ceres, alla ricerca della giusta calma per preparare il match; «il Torino rivelazione di questa stagione tenta l'impresa» scrisse Cavallero su La Stampa.
"Domenica 21 giugno le due squadre scesero al Fila: il Toro, fin dal fischio d'inizio si gettò avanti mentre l'afa e sole regalarono scene balneari in tribuna. Veloce e offensivo, carico e in giornata di grazia, il Toro mise in difficoltà costante i titolati avversari con un giro palla vorticoso e nella prima mezz'ora i tifosi granata si mangiarono le mani per il numero di palloni utili buttati al vento sottoporta. Al trentesimo Buscaglia in area piccola riprese un tiro di Bo e lo depositò in rete: gol! Da lì più nulla fino al secondo tempo, quando l'assedio iniziale dei magiari venne rotto dalla rete di Silano, al sesto minuto. Una partita dominata, tanto da lasciare ai tifosi il dubbio se accontentarsi del risultato o recriminare per le tante occasioni sciupate.
"Per la partita di ritorno, il Torino visse la vigilia in tranquillità. Nove ore di sonno dopo l'arrivo e visita del campo, poi nel pomeriggio in tribuna, per vedere all'opera lo Sparta Praga. I granata erano sfavoriti dai pronostici (si parlò di 7-0 come risultato probabile) e tra gli addetti ai lavori nonostante il risultato dell'andata nessuno credeva in una sua qualificazione. E infatti non avvenne. La ricostruzione che ne diede Cavallero per La Stampa parla di una partita già segnata, di un arbitraggio marcatamente casalingo dell'arbitro Pfutzner (che l'anno precedente aveva fischiato ben tre rigori contro la Roma) capace di concedere due penalty a favore dei magiari mandando due granata negli spogliatoi anzitempo. Finì 5-0 per l'Ujpest. La prima avventura europea del Toro si chiuse con questa pagina amara così sintetizzata da Cavallero: "Questo non è giocare il gioco: questo è tendere agguati [ ]. Voi eravate venuti quassù per misurarvi cavallerescamente con avversari leali. Vi siete sbagliati".
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