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Toro: la stagione dell’ “Impero”

Vej Turin / Il campionato 1936-37

Redazione Toro News

"Nel 1936 il mondo cambia ancora. E non verso il meglio. Il 5 maggio 1936 Badoglio telegrafò a Mussolini di essere entrato ad Addis Abeba. L'invasione, iniziata nell'ottobre dell'anno precedente, aveva avuto come conseguenza immediata le sanzioni imposte all'Italia dalla Società delle Nazioni (spernacchiate dalle radio di regime con la canzone "Sanzionami questo"). La campagna "Oro alla Patria" del 18 novembre 1935 vide gli italiani in fila in ogni paese e città, pronti a donare la fede nuziale o altri ori per lo sforzo bellico. Fu una delle pagine più buie della nostra storia recente: gli italiani si fecero strada in Etiopia scaricando gas tossici e armi chimiche sulla popolazione, giustificando – con pragmatismo disumano – questa strategia militare con l'intento di piegare la resistenza avversaria e velocizzare le operazioni belliche.

"Quando Mussolini si affacciò da palazzo Venezia dichiarando al mondo la vittoria e la nascita dell'impero italiano gli stadi, come le piazze, divennero il luogo privilegiato per festeggiamenti e manifestazioni di popolo. Per un regime che molto aveva investito sullo sport, sugli stadi e nell'unione tra la propria simbolica e quella sportiva, questo passo era più che naturale. Il 10 maggio, al Fila, prima di Torino Bari (2-0) «spalti pavesati col tricolore, tappezzati di grandi ritratti del duce, vivificati da vistose scritte inneggianti all'impero, al re, al capo, ai condottieri e alle truppe valorose». Ovviamente il Filadelfia non era un caso isolato: simili manifestazioni si rappresentarono in tutti gli stadi italiani, che negli anni del consenso al regime divennero sempre più casse di risonanza del fascismo.

"Allo scoppio della guerra l'oriundo Guaita (campione del mondo 1934), fuggì in Sudamerica insieme ai compagni Stagnaro e Scopelli, terrorizzati all'idea di dover finire nell'esercito, e si vociferò che lo stesso motivo stesse dietro al ritorno in Argentina di un altro grande oriundo: Mumo Orsi. Il calcio italiano, perse quindi alcuni dei suoi protagonisti, ma queste defezioni non sembravano minarne l'ascesa. Alle Olimpiadi del 1936 a Berlino (grande vetrina per un altro regime, ancora più sinistro) gli azzurri si portarono a casa il primo posto, tra gli applausi dei gerarchi nazisti e dei tifosi, battendo la nazionale austriaca allenata da quel grande maestro di calcio che fu Hugo Meisl.

"Il campionato 1936-37 segna anche l'addio di Janni al calcio giocato. Tribolato da infortuni il campione d'Italia 1927-28 scelse questa stagione per appendere le scarpe al chiodo, dopo quasi vent'anni di maglia granata (aveva infatti esordito nel '21). Janni aveva vissuto la stagione felice degli anni '20, aveva tenuto duro in quelle più tormentate degli anni '30 e ora, dopo aver vinto la coppa Italia – nove anni dopo lo scudetto – poteva lasciare, sicuro di essersi guadagnato per sempre un posto d'onore nella storia granata. Il Toro, infatti, era ormai saldamente tornato protagonista in Serie A. La maturazione degli enfants terribiles era un dato acquisito e anche in questo campionato la squadra si piazzò bene, ancora al terzo posto, in un'annata ancora piena di soddisfazioni. Lo scudetto fu del Bologna, che ancora una volta si dimostrò squadra superiore, raccogliendo anche consensi in partite europee.

"L'annata 1936-37 segnò anche l'ascesa di grandi protagonisti del calcio italiano, nonché due futuri granata: l'attaccante Silvio Piola e l'allenatore Egri Erbstein. Il primo, l'antidivo e il cannoniere italiano per eccellenza, aveva esordito in A con la Pro Vercelli nel 1929 per poi essere ceduto e instradato (per volontà di qualche gerarca) direzione Roma, sponda Lazio, dove il ragazzo di Robbio rimase fino al 1943, quando, in un'Italia divisa dalla guerra si accasò al Torino FIAT. Nella stagione 1936-37 Piola fu capocannoniere, portando la Lazio al secondo posto in classifica, a un punto dal Torino terzo.

"Ernst Egri Erbstein, invece, fu protagonista con la Lucchese. Sulla panchina della squadra toscana era arrivato nel 1933 ed era riuscito a portare i rossoneri dalla serie C alla A. Qui, nella loro prima stagione (il 1936-37, appunto), i toscani erano riusciti a piazzarsi settimi a pari merito con l'Ambrosiana. Il Mago ungherese batté i granata a Lucca, il 10 gennaio 1937, per 3-1. Una partita che i granata giocarono con superficialità, slegati nei reparti e svagati sottorete mentre i toscani portarono a casa il risultato con brucianti ripartenze. Forse iniziò lì l'innamoramento della dirigenza granata per Erbstein, il creatore del Grande Torino; quel che è certo e che anche nella gara di ritorno i rossoneri toscani seppero uscire dal Fila con un punticino (2-2) che relegò definitivamente i granata al terzo posto. La gara di ritorno fu maschia e i terzini lucchesi impressionarono il Fialdelfia per la loro compattezza, capaci di uscire dal campo imbattuti dopo quindici calci d'angolo subiti.

"Per i tifosi fu ancora un anno felice: accolsero la squadra in agosto, al rientro dal ritiro estivo in val d'Aosta, con applausi e partitella inaugurale tra titolari e riserve il 21 agosto 1936. Scene d'altri tempi: in quella partitella prese parte, per fare numero, anche un tifoso dagli spalti, che venne schierato con la squadra riserve. Allo stesso modo la partitella del mercoledì al Filadelfia segnalò in quella stagione il "tutto esaurito". Molti, moltissimi i tifosi sempre presenti ogni settimana: dall'«affezionato , iscritto alla Società da anni [al] tifoso che si è fatto una competenza medica su strappi e infortuni. [...] Alcuni padroni dicono agli operai "se finite il lavoro in tempo vi lascio andare agli allenamenti"».