toro

Ventura-Strama, l’età non conta

Uno nel ’76 cominciava la sua carriera da allenatore nelle giovanili della Sampdoria. L’altro semplicemente nasceva. Ecco perché quello di domenica sera tra Toro e Inter, al di là di tutte le disquisizioni tattiche e...

Federico Danesi

Uno nel ’76 cominciava la sua carriera da allenatore nelle giovanili della Sampdoria. L’altro semplicemente nasceva. Ecco perché quello di domenica sera tra Toro e Inter, al di là di tutte le disquisizioni tattiche e tecniche possibili sarà anche un bel confronto generazionale tra chi come Giampiero Ventura questo campionato lo mastica da tempo e chi invece come Andrea Stramaccioni è da considerare un parvenu, uno al quale la fortuna ha regalato subito un’occasione da cogliere senza bruciarsi.VECCHIO A CHI? – Sarà il veterano contro il pivellino, ma in realtà non esiste allenatore della leva di Ventura che abbia idee moderne come le sue, nonostante l’anagrafe dica che è il più stagionato della serie A. Vecchia generazione, nuove concezioni, quelle che predica praticamente nello stesso modo da almeno vent’anni anche se a lui la possibilità di guidare una grande non è stata mai sostanzialmente concessa. L’uomo libidine ha fatto spallucce e guardato avanti, facendo calcio con il materiale umano che aveva e predicando un calcio moderno quando ancora tutti pendevano sempre e solo dalle labbra di Sacchi e dei suoi emuli.STRAMA, LO SBARBATO – Come Ventura, anche Stramaccioni non ha una carriera calcistica di peso da sbandierare né panchine nobili da mettere in bacheca. Eppure Bruno Conti in tempi non sospetti ha scommesso su di lui anche se la Roma se l’è fatto scappare. C’è chi lo giudica benedetto dal cielo per aver resistito alla concorrenza ed essere rimasto in sella e chi invece lo ritiene all’altezza, come Moratti. Nel finale della passata stagione ha saputo rimettere insieme i cocci, oggi gli si chiede molto di più, al di là di moduli e schemi, anche se la squadra per ora sembra saldamente dalla sua parte e nelle sue mani.COSI’ SIMILI, COSI’ DIVERSI – In comune hanno la cultura del lavoro, il rispetto sempre e comunque dell’avversario (in campo come in panchina), la voglia di imporre il proprio gioco piuttosto che farselo imporre. Certo, uno prevede il trequartista, ancorché spurio come può essere Snejider, mentre l’altro lo rifugge. Uno punta sul possesso palla mentre l’altro sulla possibilità di snidare l’avversario anche con la pazienza. Dalla disposizione tattica delle due squadre capiremo qualcosa in più, soprattutto se uno dei due avrà cambiato idea. Ma sappiamo che età a parte, hanno molti punti di contatto.

Federico Danesi

(Foto M.Dreosti)