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LA LEGGENDA E I CAMPIONI

Graziani, “il Francesco furioso”

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Nuovo appuntamento con "La Leggenda e i Campioni", la rubrica su Toro News di Gianni Ponta: "Lo vidi svenire per consentire al Torino di segnare un goal. Domenica 6 febbraio 1977. 15a giornata..."
Gianni Ponta

Lo vidi svenire per consentire al Torino di segnare un goal. Domenica 6 febbraio 1977. 15a giornata, ultima del girone d’andata.

Dalla voce di Enrico Ameri: “Stadio Luigi Ferraris di Genova. 17’ della ripresa, ha pareggiato Pulici. 1-1 tra Genoa e Torino, dopo il goal di Arcoleo nel primo tempo”. Su un lungo spiovente in area rossoblu sotto la gradinata Sud, Graziani si era lanciato in elevazione ad anticipare il portiere genoano Girardi. In effetti ci era riuscito, la palla andò a Pulici che, accorrendo nella posizione di mezzo destro mise comodamente in goal a porta vuota di piatto. Nel frattempo, una frazione di secondo prima, l’estremo difensore Girardi uscito deciso a respingere di pugno, leggermente in ritardo per un’inezia, colpiva al mento il centravanti granata che, mentre effettuava con successo la deviazione volante per l’accorrente Pulici, andava giù a peso morto accasciandosi come un sacco sul terreno di gioco. Che coraggio aveva Graziani…Ho preso il titolo di questo articolo dal “Guerin Sportivo”, uscito dopo Italia-Finlandia del 15 ottobre 1977. Graziani fu capocannoniere del campionato 1976-77 - quello dei 50 punti, in cui il nostro Torino grande giocò ancor meglio che nell’anno precedente, coronato con lo Scudetto - con 21 reti, di cui ben 12 segnate di testa. Testina d’oro, come Héctor Puricelli Senha tanti anni prima. I nostri giocavano con lo scudetto sul petto. Al centro il toro rampante, grazie al successo diplomatico che il dottor Beppe Bonetto era riuscito ad ottenere in Lega. In quel campionato Graziani segnò stupendi goal di testa, appunto. A Firenze, un goal di rapina, in anticipo su Galdiolo, su uno spiovente sotto la curva Ferrovia. E noi, con il Torino Club Acqui Terme, eravamo proprio lì. E nel derby d’andata “il Poeta effettuò il cross e da un assembramento di pigiami spuntò la testa in cemento armato di Graziani. Zoff tentò di toccare il bolide, ma prese la scossa. E il pallone, dopo avergli bruciato i guanti, si dissolse in fondo alla rete”, Massimo Gramellini , “I migliori derby della nostra vita”. E il goal che sbloccò il derby del 7 dicembre 1975, consentendo al Torino di battere la Juve in uno scontro cruciale per il primato. “Ieri ero a Torino al derby. Ho visto il Torino. Spettacolo!”, mi disse il 9 dicembre il mio professore di matematica e fisica Giovanni Bruzzo, genoano e vecchio tifoso di Rivera, ça va sans dire suiveur di football dal palato fine. Su passaggio in mezza rovesciata di Zaccarelli, rischiando un colpo al volto Graziani anticipava coraggiosamente Zoff per insaccare il pallone del vantaggio granata. Correva il 75’.

Non aveva paura di niente, Graziani. Ricordo di aver assistito a due sue triplette in trasferta, di nuovo al Ferraris di Genova contro la Sampdoria, alla 1a di ritorno, proprio la domenica successiva alla partita col Genoa, partita stupenda, e a Cesena. E pensare che al suo arrivo l’allenatore Giagnoni non lo “vedeva”, preferendogli Giovanni Quadri. Beppe Bonetto aveva scovato Graziani all’Arezzo. “Cmas ciama?”, domandò il Presidente Pianelli. “Graziani”. “Am pias. Piumlu”. Graziani si fece ben volere da tutti, subito. Dovette modificare qualche approccio esuberante, tipo arrivare in Porsche agli allenamenti. Diciamo che secondo Giorgio Ferrini non era proprio il caso. Però la sua generosità, la sua atleticità, un coraggio da leone, ebbero la meglio.

Certo, la nostalgia di Arezzo e della ragazza che sarebbe diventata sua moglie era forte. E una corsa notturna in Toscana non era proprio il massimo della sicurezza. La Toscana per Graziani e la Romagna per Pecci non erano proprio dietro l’angolo.

Ex colleghi di lavoro mi raccontavano che durante i ritiri all’Hasta hotel che domina la città di Asti, Graziani era assai favorevole ad un’evasione serale per anna’ a fasse ‘n melone. Beata gioventù. Ma quando era ora di darci dentro, fosse allenamento o partita ufficiale, ammirevole, non si tirava mai indietro. Il “Gegenpressing” di Klopp è stato anticipato di quarant’anni da Gigi Radice. Ed il più grande interprete ne fu proprio Francesco Graziani, che andava ad “aggredire” il regista avversario operante in posizione arretrata per lasciare la palla al loro difensore tecnicamente meno bravo. Poi si trasformava subito in centre-forward all’inglese. Lasciava così al suo “Gemello” Pulici” la possibilità di liberare il proprio inarrivabile istinto sotto rete. Puliciclone, secondo Brera. Il loro posizionamento in area in attesa del cross di Claudio Sala è qualcosa che andrebbe studiato nelle accademie di calcio. “Coprivano” benissimo l’intera area di rigore, Graziani di preferenza al centro, Pulici spesso sul secondo palo, per sfruttare anche le sue notevolissime capacità di calcio di prima intenzione su palloni a mezz’altezza.

Domenica, 21 dicembre 1980. A San Siro, Internazionale-Torino 1-1. Questo il commento dell’indimenticabile Beppe Viola per la Domenica Sportiva: “Quasi all’inizio una contestazione, tanti fischi per un’entrata di Zaccarelli su Prohaska. Oggi Inter e Torino hanno legittimato le loro ambizioni nel modo migliore, più col gioco che con il risultato, in verità. “La migliore Inter”, ha detto Bersellini in sala-stampa. “Napoli non è stata conquistata per caso”, ha replicato l’allenatore dei granata Ercole Rabitti. Il pezzo migliore della partita è stato il goal dei granata: da Zaccarelli a Pecci, apertura su Pulici, che ricompone la coppia con Graziani. In tribuna, Bearzot va quasi in estasi. Nureyev si sta esibendo alla Scala in questi giorni. Con tutto rispetto, non so se alla “Scala dei piedi” il grande Nureyev sarebbe stato così sublime e redditizio come il Ciccio di Subiaco. Poi il pareggio di Ambu per i nerazzurri, regìa e sceneggiatura di Beccalossi. Prima di chiudere, una bombardata di Pulici con gran parata di Bordon”. Graziani andò poi ad indossare altre casacche. Fiorentina e Roma. Sfiorò uno scudetto e una Coppa dei Campioni. Ciò non ne ha diluito il granatismo, come ha dimostrato la sua visita al Filadelfia alla vigilia del derby dell’11 gennaio scorso. Il suo contributo al favoloso biennio 1975-1977 è stato fon-da-men-ta-le. Poi, certo, Campione del Mondo nel 1982.

Ma, sentimentalmente, non ci “apparteneva” più.

Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

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