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L’insostenibile pesantezza del non essere (granata)

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Il presidente è riuscito nella titanica impresa di fomentare ulteriormente il dissenso nei propri confronti attaccando l'unica persona della società (l'allenatore) non invisa alla tifoseria
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Il presidente è riuscito nella titanica impresa di fomentare ulteriormente il dissenso nei propri confronti attaccando l'unica persona della società (l'allenatore) non invisa alla tifoseria

Uno dei libri che ebbe stranamente più successo negli anni Ottanta fu "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera: un caso letterario dell'epoca che aveva attratto un vasto pubblico nonostante fosse un romanzo non così "leggero". Parafrasando quel famoso titolo, mi pare che al contrario il mondo Toro stia vivendo un momento di grande insofferenza verso "l'insostenibile pesantezza del non essere" granata del presidente Urbano Cairo. Mi ero ripromesso di non parlare più di lui in questo momento di transizione tra la fine della stagione e l'inizio di quella ventura. Mi sarei voluto concentrare sugli aspetti tecnici legati alla costruzione della rosa 25/26 e sull'analisi di quanto fatto e non fatto dai giocatori durante quest'ultimo campionato, ma le dichiarazioni del presidente contro Vanoli nel dopo partita con la Roma mi hanno costretto a tornare sulla figura di questo personaggio che da vent'anni riesce sempre a non smentire mai se stesso. E purtroppo sempre nel male e mai nel bene. La gravità delle accuse mosse da Cairo al suo allenatore potevano avere un senso se unicamente riferite al forte calo patito dalla squadra nelle ultime nove giornate, ma la realtà è che Cairo ha preso la palla al balzo per scagliarsi contro Vanoli per un unico motivo, cioè che il tecnico è amato dalla piazza e non si trattiene dal dire quello che tutti a Torino pensano: che il presidente non solo è parco negli investimenti, ma non ha neppure idee e competenze per fare mercati intelligenti che sopperiscano alla carenza di budget. Nella frase pronunziata da Cairo "così si allenano i tifosi e non i giocatori" c'è tutto il livore e la rabbia covata dal presidente contro Vanoli, "reo" di essersi schierato a favore del pensiero comune che pervade la tifoseria. Peccato che Vanoli abbia detto quello che ha detto non per ingraziarsi i tifosi, ma semplicemente perché del modus operandi della società ne và del suo lavoro! Se gli vendi i giocatori forti e spendi male i pochi soldi che hai prendendo giocatori che non sono né di prospettiva, ne' utili nell'immediato a tamponare con profitto ii buchi lasciati, è chiaro che il mister, al netto dei propri errori (perché è giusto sottolineare che anche Vanoli di errori ne ha fatti), parte ad handicap nei confronti delle altre squadre della fascia media della Serie A. Credo che la salvezza tranquilla portata a casa da Vanoli sia un risultato per nulla disprezzabile alla luce del fatto che allenava una squadra indebolita rispetto a quella dell'anno prima data in mano a Juric ed ulteriormente penalizzata dalla perdita di Zapata a inizio stagione e che affrontava per la prima volta la Serie A come capo allenatore. Mandare via Vanoli perché come il bambino della famosa favola ha "osato" dire che il re è nudo è un atto meschino e che non può che rinforzare i motivi della contestazione verso il presidente. Ciliegina sulla torta si caccia Vanoli e si conferma Vagnati che ha voluto Vanoli e che ha materialmente costruito la rosa (male) spendendo in maniera scellerata quasi 20 milioni per Coco, Walu e Pedersen: un'aberrazione! Dopo la marcia dei Ventimila del 4 maggio, invece di analizzare a bocce ferme come mai la piazza è ormai irrecuperabilmente contro di lui, il presidente è riuscito nella titanica impresa di fomentare ulteriormente il dissenso nei propri confronti attaccando l'unica persona della società (l'allenatore) non invisa alla tifoseria: invece di fare leva su Vanoli per riguadagnare terreno verso i tifosi, Cairo ha fatto un doppio carpiato indietro attirandosi non solo gli strali di una tifoseria inferocita, ma anche il dileggio e le critiche di un'ampia parte della stampa neutrale (Ziliani e Pedullà, per fare un esempio) che vede in lui un freno a mano tirato sulle ambizioni del Torino. Che Cairo non amasse il Toro era ormai cosa nota (d'altronde vent'anni di nulla parlano da soli), ma che non amasse neppure sé stesso al punto di inimicarsi masochisticamente tifoseria, stampa e addetti ai lavori col suo comportamento cinico e anafetttivo verso la gloriosa storia di questo club è veramente incomprensibile. Raccontare a nastro la storiella che non "c'erano nemmeno i palloni" quando prese (per un tozzo di pane) il Toro dai lodisti è infantile e profondamente irrispettoso verso quel milione di tifosi granata sparsi per tutta Italia. In questo stesso arco di tempo in cui lui è stato a capo del Torino società come Fiorentina e Napoli sono fallite, ripartite da ancora più in basso del Torino dei lodisti e risorte con risultati nemmeno paragonabili a quelli nulli dell'era Cairo. E non mi pare di aver mai sentito De Laurentis, che non è certo un personaggio "facile", lamentarsi e giustificarsi con la tifoseria dicendo che quando ha preso lui il Napoli non c'erano nemmeno i palloni a Fuorigrotta...

La realtà è che i fallimenti sportivi del Torino FC sono imputabili ad un'unica costante di questo ventennio, una costante che ha un nome ed un cognome: Urbano Cairo. Ma siccome l'autocritica verso se stessi e la capacità di analisi verso i bisogni dei propri tifosi/clienti non fanno parte del bagaglio imprenditoriale del nostro presidente, è più semplice dare in pasto ai media ogni volta un caprio espiatorio diverso piuttosto che fare un passo indietro e cercare una soluzione alle proprie mancanze. Il problema è che la misura è colma e non basta più nemmeno l'appoggio di certa stampa "amica" per sostenere questo giochetto: la piazza è stufa ed è satura e continuare ad ignorarla non è una politica vincente nel medio lungo periodo. Passare la mano sarebbe la via d'uscita win-win per tutti: per Cairo, che realizzerebbe la plusvalenza della vita e si toglierebbe dall'occhio del ciclone, per la tifoseria che avrebbe nuovo slancio ed entusiasmo dopo questi vent'anni logoranti. E visto che anche i Pozzo sono riusciti a vendere l'Udinese penso che nemmeno la storiella raccontata a nastro del fatto "che nessuno di serio si è fatto avanti per comprare la società" sia ormai più spendibile per mascherare la non volontà di cedere...

Alessandro Costantino (Twitter @AleCostantino74)