“Non capisce con grande
LOQUOR
Ti prego: dimmi cosa non hai capito del calcio
autorità e competenza”
Leo Longanesi
Con l’ingaggio di Roberto Saviano per la prossima stagione di La7, Urbano Cairo ha completato la ciurma della “goletta rossa”, finalmente messa tutta insieme con uno scopo ben preciso, che è inutile stare qui a precisare considerato quanto sia ovvio. L’editore alessandrino ha chiuso un cerchio e alla presentazione del palinsesto della prossima stagione era entusiasta come un bambino appena lasciato libero di agire a Disneyland con la carta di credito dei suoi genitori. “La7” dell’anno a venire è la realizzazione di un progetto partito nel 2013, quando il presidente del Toro rilevò l’emittente in uno stato di agonia economica pre fallimentare, riuscendo a realizzare qualcosa che è una via di mezzo tra la vecchia Rai Tre di Angelo Guglielmi e Sandro Curzi e il salotto da aristocrazia progressista del “The New Yorker”, riuscendo nel 2023 a far chiudere il bilancio della sua tv con un utile di 100.000 euro. Non male per una azienda che era stata rilevata sì praticamente gratis, ma con un debito monstre di diversi milioni di euro. Questa breve sintesi della sua avventura tv, dimostra come il personaggio non sia alieno a raggiungere degli obiettivi di successo quando realmente se li prefigge, e quando, soprattutto, ha ben chiaro lo scopo dell’obiettivo in questione. Nell’editoria ci sa fare, perché anche il risanamento del Corriere della Sera non deve essere stata una semplice passeggiata tra “Via Solferino” e “Piazza Duomo” passando per “Piazza Affari”, giusto per vedere ogni volta l’aria che tira nel mercato delle capitalizzazioni. Certo non tutti amano il suo modo di gestire le cose(l’ultima a contestarlo è stata la redazione giornalistica di “La7”, scesa in sciopero pochi giorni or sono), ma si può tranquillamente dire come tutto rientri nelle dinamiche a volte assai controverse del difficile settore dell’editoria odierna. E allora perché proprio con il Toro non riesce a trovare una quadra? E per quale motivo non si sono mai realmente capiti i suoi obiettivi?
LEGGI ANCHE: La Tv è stanca del calcio
E’ difficile fare una riflessione serena nell’atmosfera di una tifoseria Granata giustamente inferocita, stanca di leggere o ascoltare analisi che da vent’anni hanno come unico filo rosso a unirle solamente la coazione a ripetersi. Dalle parti del Toro l’attuale presente è come il passato delle ultime due decadi, e il futuro non promette cambiamenti. Tutto appare immanente senza nessuna possibilità di trascendere in qualcosa d’altro. Il presidente Granata è riuscito nell’impresa, nelle sue vicende calcistiche, di sgretolare persino il “Processo Dialettico” di Friedrich Hegel. Non c’è tesi, non c’è antitesi, non c’è sintesi. Siamo in pratica in assenza di pensiero e di vitalità, e quindi cosa vuoi contestare? Cairo con il Toro ha la stessa difficoltà dell’Unione Europea di attuare il “Green Deal”, manca da sempre palesemente quell’idea che faccia tenere il tutto e riesca così nel far arridere il successo ai piani. Messo, nel caso del Toro, che ce ne siano mai stati di piani. Il fallimento del 2005 è stato analogo allo scoppio di una bomba nucleare, e nel drammatico paesaggio post guerra nucleare, Cairo ha sventolato la chiave di un rifugio antiatomico, dove vi ha rinchiuso tutta la storia e la passione Granata. La parola d’ordine fino ad oggi è stata sopravvivere, chiusi in un bunker dove l’unica considerazione da poter fare è ringraziare di non essere stati dispersi come ceneri nel vento malefico procurato dall’onda d’urto di una detonazione nucleare. Il refrain continua ad essere lo stesso: ringraziate il cielo che ancora respirate calcio. I tifosi del Toro sono ridotti come gli zombie della serie tv “The Walking Dead”, li hanno uccisi ma di fatto gli impediscono di morire definitivamente. Il misterioso virus Cairo li tiene in vita, ma non gli da nessuna prospettiva di punto di svolta verso l’alto. Anzi, dopo essere da tempo stato superato da Bologna e Fiorentina, ora c’è il Como all’orizzonte ad insidiare(si fa per dire) al Toro la tranquillità dell’essere il fanalino di coda costante della parte sinistra della classifica. I più ottimisti(messo ce ne siano rimasti) si entusiasmeranno: “ottimo! Lotteremo per la testa della classifica della parte destra”(si stia tranquilli, la rosa della squadra per questo obiettivo è completa al 90%). Mentre dal palco dell’Hotel Four Seasons di Milano, Cairo gongola per avere come utenti della sua tv una grande fetta(la seconda per volume dell’audience tv italico) della classe socio/economico alta(il che un po’ stride con la linea politica progressista seguita da tutti i suoi talent.
LEGGI ANCHE: Lo sceicco o il fondo di investimento?
Ma si sa, il nostro è il Paese delle contraddizioni paradossali visibili. Ci fanno godere), i tifosi del Toro si chiedono perché il Como riesce a trattenere Nico Paz e Cesc Fabregas, e il loro presidente lascia andar via Samuele Ricci in direzione Milan. “E’ un giocatore che ha fatto con noi un percorso molto interessante-ha detto con serietà da televendita Cairo-, ha 24 anni e c’è stata quest’offerta che a lui faceva piacere che noi accettassimo”. E allora tu ti chiedi perché per la rete tv da editore acquisisca le prestazioni di due pezzi da novanta da “rete all-news” come Roberto Saviano e Aldo Cazzullo, e invece da presidente del Torino si privi di Ricci proponendo come controvalore tecnico i nuovi arrivi di Tino Anjorin e Ardian Ismajli. Cosa ci sta sfuggendo della sua strategia nel calcio? E’ una domanda ovviamente ironica e retorica, considerato come ripetutamente l’uomo che fu epigono di Silvio Berlusconi abbia ammesso quanto più di così nel calcio attuale non possa fare. “Magari se mi concedessero la possibilità di accedere al tax credit…”, ha detto più volte in passato, facendo sorridere quasi tutto il mondo terracqueo. Ma nella kermesse del “Four Seasons” stavolta di “tax credit” non ne ha parlato, vista la polemica in corso tra tutto il centrodestra e il cinema italiano sul malfunzionamento del sistema del credito fiscale venuto alla luce, pensate un pò, a causa di un omicidio avvenuto a “Villa Pamphili” a Roma. A volte la sfiga ci vede benissimo, quindi stavolta meglio deviare su un altro, più antico, cavallo di battaglia: “il canone non è previsto(per La7), ma sarebbe un giusto riconoscimento”. L’uomo è sempre alla ricerca di opportunità, di qualcosa che possa sostenerlo nella scalata verso l’ambizione. D’altronde, non essendo nato ricco, come lo si può rimproverare(spero si colga l’ironia)? L’uomo è anche intelligente(inviterei chiunque a prenderne obiettivamente atto, e qui non sono affatto ironico), quindi potrebbe aver compreso della fine della sua storia con il club Granata, ma deve aver sicuramente sul suo comodino una copia de “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare, al fine di poter ripassare ogni volta che può il personaggio di Shylock, interprete del tutto e il contrario di tutto di ciò che sarebbe divenuta la società occidentale fino ai giorni nostri(non per niente Shakespeare è un genio). Ne discende, quindi, la sua necessità di cercare il buon affare per uscire di scena, i giusti milioni di euro(secondo il suo punto di vista, naturalmente) che riuscirebbero a lenire il tormento di lasciare il proscenio del calcio e i diritti tv assicurati.
LEGGI ANCHE: Il no di Claudio Ranieri scatena Arrigo Sacchi
Per un anno i sogni dei tifosi del Toro hanno ballato con la “Red Bull”, speravano potesse essere la panacea per ogni frustrazione vissuta in questi ultimi vent’anni, persino il quotidiano “La Stampa” aveva certificato l’operazione come possibile. “I sogni muoiono all’alba”, scrive il grande e cinico(cinico buono) Indro Montanelli, e quindi passata una piacevole notte, la nota marca austriaca di beverage non solo non ha mai manifestato interesse per il Torino, ma si è dileguata come suo sponsor dopo appena un solo anno di collaborazione(pare che oggi si dica così). Per quanto possiamo scrivere articoli, lasciare commenti più o meno dotti, alterati o sconclusionati, il disegno di Urbano Cairo di continuare con l’attuale status quo o con la ricerca di una cessione a tanti di quei milioni di euro a cui quanto pare nessuno voglia aderire, sembrerebbe non poter essere scalfita da niente. Le intenzioni dell’editore alessandrino si trovano dalle parte opposta di quelle iniziali dei fautori del progetto del “Titanic”: le sue sono inaffondabili. Quindi scrivo queste righe solo per poter accettare meglio “l’inverno del nostro scontento”, o forse per farmi passare il senso di nausea che ormai ho dalla fine del primo tempo dell’ultimo Napoli Torino. Spegnere la tv mi era sembrato un antidoto, ma nel calcio mettere la testa sotto la sabbia non lenisce il dolore, anzi lo amplifica. Allora, in tutta la mia impotenza, non resta che fare una domanda, tratta dalla mia premessa iniziale, a Urbano Cairo: puoi dire cosa non hai capito sul calcio? Chissà, magari imparo qualcosa e finisce il mio tormento.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il tuo commento verrà moderato a breve.
Puoi votare una sola volta un commento e non puoi votare i tuoi commenti.