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In Europa le reti di D’Amico sono due. La prima è in casa contro il Molenbeek e, curiosamente, è un’altra punizione su cui il portiere avversario pasticcia, la seconda è al secondo turno contro il Magdeburgo e un pochino acuisce il rimpianto per quello che poteva essere e non è stato. È proprio di questa perla che vorrei parlare per rendere omaggio a Vincenzo. Il ventidue ottobre del 1980 il Toro ospita i tedeschi dell’Est dopo due sconfitte consecutive in campionato (Roma in trasferta e, soprattutto, Cagliari in casa), ma si ritrova improvvisamente e decine di utilizzare la gara di andata per disputare la miglior prestazione stagionale. Un certo peso ce l’ha il ritorno di Pulici che sembrava dover esser ceduto nel mercato di riparazione (avete letto bene) e invece disputa una gran prova. Il risultato viene sbloccato da Pat Sala con una rete da rapace dell’area di rigore al tramonto del primo tempo, poi, al 54’, Pecci raddoppia in una sorta di scambio di ruoli con Graziani, visto che Ciccio sforna l’assist ed Eraldo si inserisce alla perfezione per trovare il gol sull’uscita del portiere. Al 61’ D’Amico rileva Pupi stanchissimo e, poco dopo, Steinbach colpisce istintivamente al volo col sinistro dal limite dell’area trovando una rete insensata che riapre tutto.
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A questo punto D’Amico sale in cattedra iniziando col battere una punizione dal limite prendendo due passi di rincorsa e lasciando il portiere Heyne immobile, ma il pallone centra in pieno il montante al termine di una splendida parabola arcuata che aveva già fatto gridare alla rete tutto lo stadio. Al 74’ Sclosa suggella una partita dominante smarcando in area Vincenzino che salta in aria per stoppare il pallone di petto e calcia sull’uscita del portiere che riesce a respingere il suo tocco rasoterra. Il numero quattordici non demorde, corre verso la sfera che si sta allargando a sinistra, alza la testa per guardare dove sono i compagni, poi si porta la palla sul destro disorientando un difensore. Siamo sulla linea di fondo o quasi, Heyne è rientrato in porta, c’è un altro avversario sulla linea, sarebbe più sensato un passaggio al centro, ma l’idea del nostro è quella di segnare e ci riesce con un magnifico tiro che entra sul secondo palo. Passaggio del turno più vicino (al ritorno perderemo 1-0) e boato della Maratona. Sulle ali dell’entusiasmo il Toro vincerà anche il derby (e D’Amico scodellerà il traversone per l’1-1 di Graziani) in uno dei rari momenti felici della stagione granata. Al cuore, però, non si comanda e l’estate successiva D’Amico chiuderà la sua parentesi torinese e ritornerà alla Lazio in B per una stagione travagliatissima in cui, con una tripletta al Varese avanti 2-0 all’Olimpico, regalerà la salvezza ai suoi giocando con una caviglia sanguinante per una dura entrata di un avversario. Peccato sia durata così poco, peccato sia arrivato in un anno così balordo e problematico. Il vero peccato, però, è che adesso non ci sia più. Ci mancherà.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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