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Pino Grezar, il perno di centrocampo del Grande Torino

Figurine/ Quasi un secolo fa nasceva Pino Grezar: triestino doc, fu un elemento cardine seppur "silenzioso" del Grande Torino

Lorenzo Bonansea

"Giuseppe Grezar: un nome e un cognome che arrivano dritti al cuore dei tifosi del Toro. Quasi un secolo fa, per la precisione 96 anni, nasceva a Trieste un calciatore degli Invincibili il cui ricordo è  impresso in migliaia di menti e cuori granata, che non dimenticano quella squadra gloriosa e i suoi componenti. Nel 1918 appunto, nasceva a Trieste GiuseppeGrezar, chiamato da tutti Pino, elemento cardine del centrocampo del Grande Torino, prelevato da Ferruccio Novo nel lontano 1942 dalla Triestina per 450mila lire, una cifra piuttosto elevata per l'epoca. Troppo spesso posto in secondo piano rispetto ai più grandi componenti di quella squadra perfetta, Grezar era in realtà un elemento chiave, un vero e proprio pilastro. La sua presenza silenziosa era fondamentale per i compagni e per il gioco: sapeva farsi trovare sempre nel punto giusto al momento giusto, riempiendo perfettamente ogni lacuna in mezzo al campo.

"CARATTERISTICHE TECNICHE. Grezar è stato uno dei costruttori di gioco più puliti e lineari che il calcio italiano di ogni tempo abbia conosciuto. Era mediano destro nel centrocampo granata. Pur risultando spesso rude nei modi di trattare il pallone, i suoi lanci illuminanti hanno più volte risolto partite complicate. La sua visione di gioco, in un calcio dove certamente le tattiche non erano esasperate, era decisamente sopra la media.  La sua velocità di base non era elevata, ma il suo senso della posizione gli permetteva recuperi miracolosi e un apporto fondamentale in fase difensiva. Pur non avendo doti atletiche sopra la norma, non attraversò mai un calo nel rendimento, sempre incredibilmente costante: il suo apporto era insostituibile. Inoltre, timbrò più volte il cartellino (19 gol) nonostante la sua posizione arretrata, grazie alla sua precisione nelle punizioni e nei calci di rigore.

"IL RICORDO. Il destino si pose però contro di lui e quella gloriosa squadra. Il mediano granata riuscì infatti a recuperare in extremis da un lieve infortunio per poter partecipare alla prestigiosa amichevole di Lisbona, l'ultima fatale partita di una squadra che sarebbe passata a breve dalla storia alla leggenda. La sua fine tragica non ha cancellato, ancora oggi, lo splendido ricordo che la sua gente e il popolo granata conservano di lui. La città di Trieste intitolò uno stadio in suo onore, stadio in cui, sempre per volere del destino, il Toro conquistò la promozione in Serie A il 6 maggio 1990. Un motivo in più per evidenziare il legame indissolubile che lega la storia granata con il suo insostituibile mediano.