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Esclusiva

Maddè a TN: “La Coppa Italia di Cancian fu la definitiva rinascita del Toro”

Maddè a TN: “La Coppa Italia di Cancian fu la definitiva rinascita del Toro” - immagine 1
In esclusiva su Toro News le parole dell'ex centrocampista granata, eroe della finale contro il Milan del giugno 1971
Andrea Calderoni
Andrea Calderoni Caporedattore centrale 

Sergio Maddè ha vestito per due stagioni la maglia del Torino. Al primo colpo, nel 1970-1971, vinse la Coppa Italia. Era il Torino condotto dalla panchina d Beniamino Cancian scomparso l'altro ieri, lunedì 14 aprile, all'età di 89 anni. In esclusiva Toro News si affida a Maddè per tratteggiare un ritratto di Cancian e di quel Torino di inizio anni Settanta. E l'ex mediano Maddè non è stato scelto a caso: nella finale di Coppa Italia del giugno 1971 siglò ben cinque rigori consecutivi regalando il trofeo al popolo granata.

Buongiorno Sergio. Che ricordo ha di Beniamino Cancian?"Ricordo Cancian per il peso di prendersi le responsabilità del Toro in un momento in cui le cose non andavano benissimo. Cancian era un ottimo allenatore, l'ha dimostrato nel corso degli anni. Ha portato a termine il suo compito con un bell'obiettivo centrato: la Coppa Italia vinta contro il Milan ai calci di rigore". 

Quella Coppa Italia inaugurò una nuova fase per il Torino?"Sì, rappresentò una definitiva rinascita del Torino dopo Superga. Vincere una Coppa Italia non è da tutti, era un obiettivo al quale tenevamo molto. Fu una bella impresa perché di fronte avevamo un buon Milan". 

Cancian è stato il primo a credere in Paolo Rossi: diciamo un bel fiuto."Sì, sapeva valutare molto bene i giovani giocatori. Al Torino svolse bene il suo compito e sono ancora oggi contento per quello che riuscì a fare: promosso dal settore giovanile in Prima Squadra e poi vincitore della Coppa Italia del 1971".

E se le dico Toro cosa rappresenta nella sua carriera?"Io sono stato due stagioni al Torino. La prima nel 1970/1971 culminò con la vittoria della Coppa Italia. Fui grande protagonista di quella finale perché secondo le regole del passato uno stesso giocatore poteva battere tutti i rigori e dopo l'errore di Cereser toccò a me battere i restanti rigori. Dall'altra parte c'era un certo Rivera, ma riuscì a impormi in quella sfida dagli undici metri. Furono i miei compagni ad affidarmi il compito, mi incitarono per calciarli tutti. Dopo quel trionfo andai al Mantova e vissi una stagione negativa. Tornai a Torino nell'estate 1972 con Giagnoni in panchina". 

Ecco Giagnoni ha segnato la storia del nostro calcio. Come può descriverlo?"Un allenatore tosto che si inserì perfettamente nelle dinamiche del Toro. Sapeva valorizzare molto bene le proprie qualità coinvolgendo i tifosi del Toro. Era ben voluto dai tifosi per la sua irruenza e per la sua verve. Il Toro era l'ambiente adatto per lui". 

Quando lasciò il Torino nel 1973 si poteva intuire che da lì a poco sarebbe arrivato il settimo Scudetto?"No, non ancora. Tante cose cambiarono tra il mio Toro del 1973 e quello di Radice del 1975/1976. L'ambiente granata era però già pronto perché tifosi come quelli del Toro non se ne trovano in giro. Sono molto attaccati alla squadra". 

Oggi segue ancora il nostro calcio?"Sì, lo seguo più da casa che allo stadio. Inizio ad avere i miei 78 anni e gli acciacchi frenano il mio entusiasmo di andare allo stadio. Comunque, da casa continuo a guardare le partite e a leggere i giornali, quindi mi informo e resto appassionato". 

Che valutazione dà al Torino di questa stagione? "Direi che sta mantenendo le aspettative. Vanoli sta facendo un campionato più che dignitoso. Questa è stata la sua prima esperienza difficile della carriera. Se continua su questa strada i tifosi del Torino e i dirigenti, possono ritenersi soddisfatti". 

Tra l'altro lei conosce bene Paolo Vanoli: l'ha anche allenato!"Ricordo bene Paolo e anche Marco Baroni. Io subentrai a Verona e Vanoli era terzino di fascia. Era un buon giocatore, dotato di una buonissima tecnica di base. Serbo un bel ricordo di lui. Mi congratulo pubblicamente per il lavoro sportivo fatto fin qui da Vanoli e Baroni".