Il popolo granata scese nuovamente in piazza dodici anni fa per chiedere a gran voce la rinascita del Filadelfia. Per spiegare appieno cos'è stata la marcia dei diecimila del maggio 2013 vanno citate le parole dell'articolo de La Stampa di quei giorni di Francesco Manassero: "Non c’è Toro senza Fila". Dieci anni dopo la “marcia dell’orgoglio”, ieri il popolo granata è tornato a far sentire la sua voce. Circa diecimila tifosi con rappresentanze da tutta Italia – in testa i “duri” della curva, poi tante famiglie con bambini, passeggini e anche cani al seguito tutti vestiti di granata – hanno risposto all’appello degli organizzatori che vogliono più chiarezza sulla spinosa questione del Filadelfia. Eloquenti gli striscioni che hanno riassunto la storia dello stadio dove il Grande Torino vinse 5 scudetti di fila. «1926: la nascita”. “1942-1949: la gloria". "1963: l’ ultima partita". "1997-98: la demolizione”, "2013: la vergogna". E’ stata una protesta vivace, dove a farne le spese è stato soprattutto il sindaco Piero Fassino (ma si sono sentiti distintamente anche cori contro Cairo), ma alla fine senza veri momenti di tensione. Il lungo serpentone, partito da Piazza Solferino, ha attraversato la città e dopo due ore è arrivato laddove, entro due anni, dovrebbe risorgere il Filadelfia. Infatti, è stata da poco deliberata il progetto preliminare per la ricostruzione dello storico stadio grazie all’impegno di Comune e Regione, che hanno destinato 3,5 milioni a testa, e del club presieduto da Urbano Cairo, che ha donato alla Fondazione un milione. Ma del progetto approvato manca una parte, quella di via Giordano Bruno, dove dovrebbero sorgere il Museo del Grande Torino e altri spazi culturali. E’ questa la ragione del nuovo mal di pancia granata. "Siamo qua perché il progetto per la ricostruzione è nato monco: così non va bene" – le parole dell’ideatore della marcia Mecu Beccaria, presidente del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata".
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