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Torino, Nicola si racconta: “Il primo derby, il cerchio a fine gara, il Filadelfia e…”

Dario Sansone

Gli abbracci a cerchio nel campo a fine partita: cosa sono e perchè li fate?

“Per noi è una cosa molto seria e piacevole, intanto perchè è un briefing, in quel momento è finita la partita e per me è importante consolidare dei messaggi, e ritrovare la coerenza con quello che ci siamo detti prima di svolgere la partita. Ed è importante anche per un senso di piacere nel condividere tutti i momenti del percorso, quindi dal primo giorno della settimana ad arrivare alla conclusione della partita”.

Il rischio è quello di dire, a caldo, cose che uno poi a freddo non direbbe.

“Sì, ma dipende da cosa uno dice e da come lo dice. Noi non adoperiamo una comunicazione che non sia costruttiva. Abbiamo scelto di concentrarci sui nostri pregi, difetti ne abbiamo tanti, tutti, e per me è preferibile che ogni giocatore abbia la consapevolezza dei valori che ha personalmente e che può mettere in relazione alla squadra”.

Lei è uno di quelli che crede nella costruzione dal basso?  

“Io chiedo di metterla in pratica a volte, in funzione dell’avversario e del momento della partita stessa. Ci sono dei momenti in cui chiedo una costruzione ordinata con dei passaggi che devono cercare prima l'ampiezza per poi conquistare la profondità, ci sono invece delle volte in cui chiedo una costruzione che vada a cercare direttamente la possibilità di saltare una pressione perchè mi portano gli avversari sugli appoggi di costruzione; e ci sono momenti in cui la costruzione viene identificata nella possibilità di andare a prendere una porzione di campo dove ho maggiore possibilità di conquistare profondità in maniera diretta in modo da agire su una seconda palla per poi staccarmi e cominciare a costruire. Tutto è funzionale, tutto è utile, alla fine conta secondo me scegliere la strategia in base all’avversario e al momento”.

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