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Quella volta che si rischiò la fusione Toro-Juve

Ventura, Vittorio Pozzo, Pozzo
Nel segno del Toro / Torna la rubrica di Stefano Budicin: "Pozzo obiettava come chi conoscesse bene lo spirito che anima il tifo torinista non potesse assolutamente pensare che una fusione fosse possibile"
Stefano Budicin

Siete mai stati al corrente che in un periodo non troppo lontano si pensò di compiere un gesto che nessun tifoso granata avrebbe mai potuto digerire, tanto allora come in epoca attuale? Più che un gesto, un accordo, un patto, una fusione, l'idea di coniugare due elementi in apparenza inconciliabili per farne una cosa sola.

Verso la metà degli anni Cinquanta, i granata non se la passavano certo bene. Parimenti, i bianconeri era da qualche stagione che non minacciavano di vincere il campionato. Per entrambi i club gli incassi erano miserrimi e desolanti. Il morale di entrambe le squadre era piuttosto basso e fu proprio in una situazione di simile bambagia che l'Avvocato Giovanni Agnelli ebbe come una rivelazione. E se si provasse a unire le due società?

D'altra parte Torino era una città rinomata a livello europeo, vero e proprio polo culturale attorno al quale orbitavano alcune delle più rinomate figure intellettuali della penisola, e non solo. Inoltre era un simbolo industriale non indifferente, grazie alla Fiat. Che immagine avrebbe mai restituito al mondo se avesse continuato a farsi esprimere calcisticamente da due squadre in condizioni di mediocrità? Molto meglio sarebbe stato, secondo il ragionamento di Agnelli, averne una sola ma capace di eguagliare i top players europei.

La reazione dei due club fu scontata e inevitabile, un lungo e deciso diniego di disgusto. Con che coraggio l'Avvocato osava credere che fosse possibile fondere insieme due squadre che, fosse dipeso da loro, non avrebbero condiviso neanche il capoluogo al quale erano legate? Prima ancora di essere aziende, i club sono anche e soprattutto fede, calore, supporto e fedeltà alla bandiera di riferimento, soprattutto una squadra come il Toro.

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Fu Vittorio Pozzo a raccogliere le lamentele dei tifosi torinisti per convogliarle in un articolo che pubblicò sul quotidiano La Stampa nell'estate del 1958. “Una fusione mancherebbe di rispetto al passato del Torino e della Juventus".

Nel bellissimo articolo, Pozzo obiettava come chi conoscesse bene lo spirito che anima il tifo torinista non potesse assolutamente pensare che una fusione fosse possibile. E ciò per tante ragioni diverse. In primo luogo, perché una fusione avrebbe ucciso in un colpo solo entrambi i soggetti coinvolti. E i soggetti in questione, inutile ricordarlo, contribuirono enormemente al sorgere del gioco del calcio in Italia. Messe assieme, superano ogni altra città italiana per numero di tornei vinti e trofei guadagnati. Il pubblico, poi, non si sarebbe fatto accalappiare tanto facilmente. Vale la pena citare un passo dell’articolo di Pozzo allorché si riferisce ai tifosi del capoluogo con le seguenti parole: “Il piemontese è risparmiatore, ama lo spettacolo bello, non spende per quello scadente. Alle grandi, alle belle partite, accorre in massa, ma solo a quelle. Bisogna dargli una grande squadra e offrirgli un grande spettacolo perché si facciaavanti".

Sapendo che un solco ben preciso divide l’una dall’altra squadra, immaginare un’ipotetica fusione è qualcosa che solo in un film dell’assurdo sarebbe meritevole di attenzione. Eppure l’idea fu posta, e per un certo tempo se ne parlò in termini e toni affatto scherzosi.

Come siamo lieti che non se ne sia fatto più nulla.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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