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Il ritorno di Mazzarri: per il Toro si chiude il cerchio di due anni da incubo

Il ritorno di Mazzarri: per il Toro si chiude il cerchio di due anni da incubo - immagine 1

Il Granata della Porta Accanto/ Siamo usciti dal tunnel quando qualcuno è riuscito a mettere spalle al muro l'unica persona che ha il potere nel Torino

Alessandro Costantino

Vox populi, vox dei solevano dire i latini anticipando di un paio di millenni l'abusato concetto di "opinione pubblica" che ai giorni nostri spesso è utilizzato dai media per far passare per generalizzate tesi che spesso sono invece più "di parte" e servono proprio per indirizzare in una certa direzione il pensiero collettivo.

L'arrivo di Mazzarri da avversario a Torino per la prima volta da quando ha lasciato la panchina granata, mi riporta alla mente più che il trionfale campionato dei 63 punti, il travagliato periodo successivo che culminò con la storica disfatta per 0-7 con l'Atalanta. Si disse infatti allora che le bombe carta tirate dagli ultras al rientro dalla vittoriosa trasferta di Genova (1-0 al Genoa con gol di Bremer, oggettivamente una delle più brutte partite mai giocate dal Torino…) fossero state la causa scatenante dell' implosione di quella squadra.

Francamente non ho mai creduto a questa versione semplicistica dei fatti perché se è vero che quel grave episodio non contribuì a rasserenare l'ambiente, appare molto riduttivo cercare in quel gesto cause e responsabilità di un fallimento che partì un po' più da lontano. La storia viene scritta dai vincitori e questa versione dei fatti propinata a tutti noi più o meno velatamente da certi media puzzava tanto di scusa ben confezionata da chi all'epoca, come ancora oggi, teneva e tiene le redini del Toro ed era ed è di fatto responsabile del suo andamento.

Il Toro di Mazzarri che, andando oltre ogni suo reale potenziale, si ritrovò per qualche giornata davvero in lizza per entrare in Champions, si iniziò a "sciogliere" il giorno dopo Torino-Lazio (giorno tra l'altro dell'addio al calcio di Emiliano Moretti), quando alla richiesta del mister fatta ai microfoni dei giornalisti nel dopo partita di "tre innesti di qualità per fare il salto definitivo" non seguì nessuna mossa presidenziale sul mercato fino all'ultimo giorno utile in cui si prese, ad una cifra assurda, l'inutile Verdi. Tra l'altro durante quell'estate il presidente venne meno ad alcune promesse fatte da suoi stretti collaboratori negando la cessione a taluni (su tutti N'koulou) e - secondo quanto raccontano alcune dicerie - non concedendo alla squadra il premio legato alla qualificazione europea.

Sicuramente qualcosa si ruppe nel rapporto di fiducia tra la squadra e la proprietà e Mazzarri, che non è Juric, subì senza batter ciglio la situazione accettando di guidare la nave in mezzo a quella tempesta sino a quando si arrivò al famoso punto di rottura.  Ci sono voluti due anni per uscire da questo tunnel e guarda caso ciò è avvenuto quando qualcuno è riuscito a mettere spalle al muro l'unica persona che ha il potere di gestire davvero la rotta di questa società.

Juric contro Mazzarri, oltre ad essere uno scontro tra difensivisti con un concetto diametralmente opposto di difesa (Mazzarri arroccato e fisico per non subire, Juric aggressivo e asfissiante per "difendere" nella metà campo avversaria con un pressing totale), è uno scontro tra due modi di fare l'allenatore: il tecnico toscano figlio della vecchia scuola italiana del "primo non prenderle" è un aziendalista puro; il mister croato, cresciuto sotto l'ala di Gasperini, è un finto "giochista" nel senso che attacca seguendo il principio che l'attacco è la miglior difesa ed ha dimostrato di saper denunciare pubblicamente se il proprio presidente non lo mette nelle condizioni giuste per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Insomma due allenatori molto diversi che rappresentano due facce del Toro, una passata che è stata illusoriamente bella e l'altra presente che speriamo sia concretamente sempre più esaltante.

Il pareggio nel derby, più che per il risultato, ha lasciato l'impressione che il Toro di Juric sia sulla strada giusta per atteggiamento e convinzione: battere il Cagliari oltre a mettere di fatto la parola fine sul discorso salvezza (io dopo gli ultimi due anni i 40 punti li guardo ancora come il Sacro Graal da raggiungere…), sarebbe una grande prova di maturità visto il trend statistico degli ultimi decenni che vuole il Toro avvitarsi in spirali negative dopo ogni stracittadina. Se poi certa stampa sull'onda del suddetto vox Populi la smettesse di ingigantire gli errori di Vanja o i dubbi amletici di Belotti sul rinnovo, magari ci sarebbero le condizioni ambientali giuste per fare un ultimo terzo di campionato con la serenità giusta per provare a stupire. Ma ormai in questa città dal campionato dei 50 punti ('76-'77) o forse anche prima si è capito che non ci sarà mai spazio per una squadra forte in città che non sia quella designata dai padroni del vapore. Anche l'Atalanta ha trovato un investitore potenzialmente importante, eppure dal Torino, chissà come mai, stanno tutti lontani…

Pensiamo al Cagliari, perché pensare ad altro fa venire solo il nervoso. La storia, però, insegna che tutto ha una fine e anche le condizioni più opprimenti prima o poi svaniscono: se riusciamo a non estinguerci prima che ciò succeda, potremo ambire anche noi ad un futuro migliore. Buona resilienza a tutti…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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