Il granata della porta accanto

Rincon e gli uomini “da Toro” che (forse) non esistono piú

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Torna "Il Granata della Porta Accanto" la rubrica di Alessandro Costantino: "Avrei voluto salutare Rincon in un'altra maniera ma, pur risconoscendo l'impegno e la dedizione totale per la causa granata, non riesco a tributargli un omaggio sincero"

Non riesco a tributare il giusto omaggio ad un calciatore che a fine carriera avrà indossato tutte e quattro le maglie delle squadre di Torino e Genova.

Alla fine ce l'hanno fatta, hanno vinto "loro". Dagli e ridagli, una picconata di qui e una di lì ed hanno fatto sparire, pezzo dopo pezzo, il calcio "di una volta", quello che amavamo ed in cui quasi tutti ci identificavamo, soprattutto noi tifosi del Toro. Lo so che non è una notizia nuova e forse che, al punto in cui siamo arrivati con la Lega di Seria A che piuttosto che rinviare una partita obbliga a schierare le Primavera contro le Prime Squadre, non è nemmeno più una notizia, ma oggi, questa considerazione mi si è palesata, sbattendomi in faccia tutta la sua crudezza quando ho capito quale indifferenza mi lasciava la notizia ufficiale del trasferimento di Rincon alla Sampdoria.

In linea di principio, infatti, nella classica iconografia granata almeno fino agli anni Ottanta o metà dei Novanta, uno come Rincon avrebbe avuto tutte le carte in regola, indossando la nostra maglia, di diventare un calciatore molto amato dalla nostra tifoseria: la sua garra, il suo temperamento, il suo non risparmiarsi mai, la sua mancanza di qualunque paura, finanche il suo soprannome, El Generál, ne avrebbero fatto un'incarnazione perfetta del classico giocatore "da Toro". E allora oggi che se n'è andato ufficialmente in un'altra squadra, perché non sento quel dispiacere di quando hanno lasciato il Torino giocatori che avevano le stesse caratteristiche di Rincon? Perché provo un senso di indifferenza quando, leggendo il post del General sui social nel quale si evince quanto ci abbia tenuto a giocare nel Toro, non provo le sue stesse sensazioni di profondo dispiacere e gratitudine per questa esperienza che si chiude?

Potrei dire che sono invecchiato anch'io e che quindi non mi commuovo, né mi entusiasmo più così facilmente per ogni giocatore che indossa la nostra maglia, ma sarebbe solo una parte della spiegazione, non il tutto. La realtà è, come dicevo all'inizio, che purtroppo hanno vinto "loro" e sono riusciti a far passare gran parte della voglia a noi tifosi "nostalgici", spingendoci sino al punto di non provare più alcuna emozione per questo calcio di plastica. D'altronde a guardare bene, lo stesso caso della carriera di Rincon è emblematico in questo senso: ha giocato nel Genoa, poi è stato alla Juve, ha giocato nel Toro ed ora cosa fa? Va alla Samp… Ma di cosa vogliamo parlare, signori miei? Come ci si fa, non dico ad affezionare, ma almeno ad identificare, perché è questo che dovrebbero fare i tifosi, cioè identificarsi con i calciatori che indossano la maglia della propria squadra del cuore, con un giocatore che ha giocato (e presto giocherà) in tutte e quattro le squadre di Torino e Genova? Che credibilità ha agli occhi dei tifosi un calciatore che conoscendo le rivalità sportive che caratterizzano il mondo del calcio italiano si muove come un normale impiegato da una società ad un'altra in barba a queste rivalità? E non parlo solo di Rincon, ci mancherebbe, ma anche di tantissimi suoi colleghi che in nome del professionismo, oggi giocano qua e domani, come se nulla fosse, dall'altra parte della barricata.

A me così non piace e, pur riconoscendo a Rincon l'impegno e la dedizione totale per la causa granata, non riesco a tributargli un omaggio sincero perché lo identifico come un prodotto di questo calcio business che proprio non riesco a mandare giù. Ma che entusiasmo può avere un tifoso della Samp a vedere arrivare un Rincon in maglia blucerchiata? Uno, cioè, che ha giocato per le tre squadre sportivamente più odiate dai tifosi doriani. Suvvia. Se estrapoliamo dal calcio la sua natura campanilistica ed il suo innato senso di identificazione del tifoso con la squadra, ne miniamo la natura stessa che è inscindibile dal gioco. Trasformarlo in uno spettacolo "finto" come il wrestling non aumenta l'appeal del calcio, ma, al contrario, ne decreterà la sua fine, almeno nel lungo periodo. Quando i tifosi della mia generazione, che è stata l'ultima ancora marchiata a fuoco dall'idea romantica del calcio di una volta, spariranno e verrà a mancare quel legame viscerale tra il tifoso e la sua squadra del cuore, cosa o chi impedirà ai tifosi del futuro, trattati più da clienti che da tifosi veri e propri, di stufarsi di questo "spettacolo" e di passare semplicemente ad altro?

Avrei voluto salutare l'addio di Rincon in un'altra maniera perché per lo spessore umano e per l'impegno profuso avrebbe meritato un altro coinvolgimento emotivo: lo applaudirò quando verrà a giocare al Grande Torino e lo rispetterò anche da avversario, ma nulla mi toglie dalla testa che questo calcio atarassico stia togliendo la poesia di questo sport e con le sue logiche perverse stia togliendo al tempo stesso a tanti giocatori come Rincon, potenziali bandiere per il proprio atteggiamento in campo ed in allenamento, la possibilità di essere ricordati come idoli e non solo come buoni giocatori od impeccabili professionisti. Dall'altro lato Rincon avrebbe potuto essere un giocatore "da Toro" se ci fosse stato ancora un Toro e non semplicemente un Torino FC.

Nel mio intramontabile ottimismo, aspetto ancora fiducioso di assistere a giugno al più grande miracolo sportivo degli ultimi decenni: che Belotti si convinca di restare da noi. The world needs a hero ed il mondo granata ha disperatamente bisogno di aggrapparsi ad una bandiera che sappia fungere da volano alla rinascita del Toro sotto la spinta delle idee di Juric. Ne avremmo bisogno tutti, ma soprattutto ne avrebbero bisogno migliaia di bambini granata: identificarsi con il Gallo, il loro "eroe", gli permetterebbe di crescere da veri tifosi del Toro e non da semplici "clienti" di questo spettacolo finto che è il calcio moderno, un calcio ormai caratterizzato più dagli Zaza e dai Verdi che dagli Zaccarelli o dai Pulici. So che è difficilissimo che succeda, ma non smetto di credere che alla fine Belotti firmerà il rinnovo, perché a mio avviso basterebbe una scintilla (e un Belotti bandiera granata sarebbe la scintilla giusta) per provare a prendersi una rivincita e per rimettere in discussione il fatto che abbiano davvero vinto "loro". Perché se non ci crediamo noi tifosi del Toro, chi mai lo farà?

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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