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Il granata della porta accanto

Il mercato di gennaio del Toro: la “juricizzazione” continua…

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Il Granata della Porta Accanto/ Cairo "ascolta" il mister, ma ora viene il difficile: confermare la crescita della squadra

Alessandro Costantino

Sfido chiunque a negare che il mercato di gennaio non sia stato più che sorprendente per gli standard a cui ci aveva abituato il Torino di Cairo nelle varie sessioni invernali degli ultimi tre lustri. Già l'anno scorso, qualcosa è sembrato muoversi, ma più per la drammaticità del momento, che per progettualità, con Sanabria e Mandragora innesti decisivi per acchiappare per i capelli una salvezza che sembrava un traguardo quasi impossibile da raggiungere. Quest'anno, invece, ci si è davvero superati in quanto a cose fatte intelligentemente: tre innesti (Fares non lo contiamo) di giovani talentuosi e dal futuro (speriamo) roseo e tre uscite necessarie per mettere in sicurezza i delicati equilibri interni dello spogliatoio e puntellare la sostenibilità della rosa, sia in termini tecnici che economici. Chi non vive il Torino da tifoso non si stupisce, perché normalmente è così che ci si muove sul mercato, con raziocinio e programmazione, ma noi tifosi granata sappiamo benissimo che questo è purtroppo un'eccezione più che una regola su questa sponda del Po. La prima cosa che ho pensato il primo febbraio, infatti, è stata: "E farlo prima?". Mi sono chiesto, cioè, se era così difficile muoversi con questi tempi e in questi modi anche in anni precedenti ed in sessioni di mercato precedenti. Mi fa rabbia pensare che anche il tanto vituperato Vagnati con un "mandato" di un certo tipo alle spalle sia riuscito a fare un buon mercato, spendendo il giusto e piazzando una buona parte degli esuberi. Significa che con la giusta volontà e l'intenzione reale di investire, le cose si possono fare, eccome! E se questo non è avvenuto prima è perché nessuno ha avuto il coraggio di dire all'imperatore che era nudo...

La risposta che mi do, quindi, è che sono le persone a fare la differenza e Juric, al Torino (ma precedentemente anche al Verona), sta facendo la differenza. Cairo è sempre Cairo, inutile girarci attorno, ma Juric, anche in malo modo (e sia ringraziato il cielo per questo!), è riuscito a smuovere, per ora in parte, ma le prospettive sembrano interessanti, vizi e vizietti atavici del nostro presidente. Certo alcune "ruggini" permangono e la frecciata del mister a Cairo sul mancato arrivo di Gatti ne è una prova lampante ("quando dico che un giocatore è forte mi devono ascoltare e non tergiversare"), ma al momento il piano è inclinato verso Juric e il presidente, visti anche i risultati, si guarda bene dal provare a riequilibrarlo dalla sua parte.

Ora viene il difficile, però. Dopo un mercato del genere l'asticella si è un po' alzata ed il mister dovrà essere bravo a far continuare il più possibile la crescita di questa squadra, evitando stravolgimenti negli equilibri interni e soprattutto cali di tensione a salvezza ormai quasi completamente acquisita. Non c'è rosa senza spine, e le spine di questo Toro saranno la gestione delle punte, con il rientro di Belotti e la necessità di valutare appieno Pellegri, il rischio di una difesa da reinventare con la probabile partenza di Bremer a giugno e il rebus trequartisti con i riscatti di Pjaca, Brekalo e Praet difficili da mettere a segno con un en plein. Udine segna l'inizio di un nuovo percorso tanto difficile quanto quello di uscire da due anni difficili che Juric sembra aver intrapreso al meglio, ma anche più stimolante perché, se portato a termine, portatore di potenziali belle soddisfazioni. Ripensando al Tata Gonzalez di molti Gennai fa, tanta roba, direi!

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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